Il territorio dovrà sempre più attrezzarsi per ridurre le distanze tra i luoghi di cura ospedalieri e quelli territoriali il cui centro spesso viene rappresentato dal medico di medicina generale garantendo così presidi di assistenza ai pazienti.
Quando si parla di territorio si parla del luogo ottimale, soprattutto per quanto riguarda i presidi di assistenza domiciliare, per svolgere un compito di gestione della cronicità.
Gestire la cronicità nel luogo più prossimo ai luoghi di vita, di lavoro, di interesse dei cittadini ha oltremodo il vantaggio di ridurre i disagi e di favorire anche interventi che tengano conto delle necessarie umanizzazioni delle attività.
Gli interventi che agiscono in una sfera molto prossima al domicilio sono anche i più graditi all’utente in quanto ritrova quella cornice di familiarità e di vicinanza, di “prossimità delle cure”, che sono essenziali per addivenire anche a delle risposte adeguate ai bisogni specifici di salute.
Il territorio dovrà sempre più attrezzarsi per ridurre le distanze tra i luoghi di cura ospedalieri e quelli di cura territoriali il cui centro spesso viene rappresentato dal medico di medicina generale garantendo così presidi di assistenza ai pazienti..
Egli diventa l’interlocutore privilegiato degli specialisti di livello ospedaliero o degli specialisti dei presidi territoriali di riferimento e lo deve fare nell’interesse di offrire al suo paziente cronico la migliore qualità di cura possibile, sia in termini diagnostici che terapeutici.
Nell’organizzazione pugliese questo si sta concretizzando grazie alla riconversione di numerosi ex presidi ospedalieri in Presidi territoriali di assistenza (PTA) – sono 33 di cui alcuni sono presidi post acuzie e altri PTA con diversi livelli di complessità organizzativa – che diventano dei luoghi naturali in cui far convogliare cure di assistenza primaria e di assistenza intermedia specialistica.
I PTA diventano così punti di riferimento che oggi, anche grazie all’ausilio della telemedicina e della teleassistenza, possono connettersi con i centri di riferimento ospedalieri, che sono spesso distanti dal territorio di vita e di lavoro del paziente, e quindi possono diventare centrali di telemedicina che possono collegarsi ai centri specialistici e portare avanti anche protocolli specifici, che sono stati stabiliti altrove, e che vengono applicati sul territorio in una sorta di PDTA riferito al paziente, in questo caso al paziente con cirrosi epatica.
I PTA devono diventare dei nodi strategici territoriali a cui i medici di medicina generale devono, con criteri di maggiore prossimità possibile, rivolgersi per avere dei servizi di collegamento.
Al momento in Puglia quasi il 60% dei medici di medicina generale opera in forma associative e i PTA stanno diventando cruciali nell’organizzazione territoriale soprattutto a Bari, Taranto e Brindisi.
Man mano che questa rete e questi luoghi di cura territoriali vengono organizzati, garantiamo a sempre più medici di medicina generale di avere un’alternativa all’attuale concentramento delle cure nei centri di livello ospedaliero.
Questo oggi lo si può fare molto bene con la telemedicina che peraltro stiamo sperimentando anche per altre attività, quali i processi di teleassistenza, che abbiamo dedicato al Covid, e alla riabilitazione di pazienti post Covid.
Le volete sfogliare il numero dedicato alla cirrosi epatica, seguite questo link.