*Di Maria Lavensi
L’istituto della mobilità nelle pubbliche amministrazioni disciplina lo spostamento dei dipendenti da una sede all’altra all’interno della stessa amministrazione (mobilità interna) oppure da una amministrazione ad un’altra (mobilità esterna).
Nel caso della mobilità interna non interviene una modifica del datore di lavoro, bensì della sede di lavoro o della struttura di competenza.
Nel caso della mobilità esterna, invece, si verifica un cambiamento del datore di lavoro, con l’inserimento del dipendente nel ruolo di una differente amministrazione.
La mobilità, inoltre, si distingue in
– volontaria: il dipendente interessato a spostarsi da un’amministrazione ad un’altra partecipa ad un bando di mobilità in ingresso indetto dall’ente di destinazione;
– compensativa: prevede lo scambio tra dipendenti provenienti da due diverse amministrazioni;
– d’ufficio o per carenza di personale: il dipendente viene trasferito temporaneamente presso un’amministrazione che ha un bisogno organizzativo o una carenza di personale.
Ai dirigenti medici alle dipendenze di strutture che afferiscono al sistema sanitario nazionale si applica il D.LGS. n. 165/2001 che reca “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.”
La mobilità volontaria, in particolare, è disciplinata dall’art. 30 del richiamato D.LGS. n. 165/2001 che, tra l’altro, prevede che la mobilità si attua attraverso procedure e criteri stabiliti di volta in volta dai bandi pubblicati dall’amministrazione di destinazione.
La norma, per il perfezionamento della procedura di mobilità, richiede il previo assenso dell’amministrazione di appartenenza nel caso di posizioni dichiarate motivatamente infungibili da tale amministrazione o di personale assunto da meno di tre anni o qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente. È fatta salva la possibilità di differire, per motivate esigenze organizzative, il passaggio diretto del dipendente fino ad un massimo di sessanta giorni dalla ricezione dell’istanza di passaggio diretto ad altra amministrazione.
Per il personale delle aziende e degli enti del servizio sanitario nazionale con un numero di dipendenti a tempo indeterminato non superiore a 100 – e, pertanto., anche per i dirigenti medici – è comunque richiesto l’assenso dell’amministrazione di appartenenza.
L’applicazione della mobilità volontaria nel comparto sanitario, ambito caratterizzato da una fisiologica carenza di personale, presenta spesso delle criticità proprio in relazione al conseguimento di tale assenso.
Il citato art. 30 del D.LGS. n. 165/2001 non stabilisce che il mancato assenso debba essere motivato: tuttavia, alla luce dei principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, propugnati dall’art. 97 della Costituzione, la struttura di provenienza è tenuta a specificare il motivo del dissenso.
Il diniego assume un connotato di eccezionalità e, pur nel rispetto della discrezionalità dell’amministrazione, non può essere discriminatorio. Le motivazioni del negato assenso possono essere assoggettate al vaglio di legittimità e fondatezza da parte del Giudice del Lavoro investito della controversia.
La mobilità volontaria non comporta novazione del rapporto di lavoro ed il fascicolo del dirigente medico viene trasferito nella nuova struttura. La dichiarazione congiunta n. 2 allegata al CCNL Area Sanità 13 gennaio 2024 (per il triennio 2019-2021) attualmente vigente stabilisce che “nel caso di mobilità le ferie maturate dal dipendente presso l’Azienda o Ente di provenienza, vengono conservate e sono fruite presso la nuova Azienda o Ente.”
Qualche dubbio si era posto quando una delle due amministrazioni è un ospedale privato cd. classificato, ma l’equiparazione alle amministrazioni sanitarie pubbliche, anche se non totale, conduce a ritenere applicabile la disposizione in esame.
*Senior Associate A&A Albè e associati studio legale






