Uno studio rivela che, durante la pubertà, la pelle è più ricettiva ai nuovi ceppi batterici: una scoperta che potrebbe aumentare l’efficacia dei trattamenti probiotici contro i disturbi cutanei
Un nuovo studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha fatto luce sulla dinamica del microbioma cutaneo, offrendo indicazioni su come e quando intervenire per contrastare disturbi della pelle. Pubblicata sulla rivista Cell Host and Microbe, la ricerca mostra che i cambiamenti nel microbioma del viso – in particolare nella popolazione batterica di Cutibacterium acnes – sono più frequenti durante la prima adolescenza, una fase in cui i probiotici potrebbero attecchire con maggiore successo.
Secondo il team guidato dalla professoressa Tami Lieberman, docente associata di ingegneria civile e ambientale al MIT e membro dell’Institute for Medical Engineering and Science, la composizione delle comunità batteriche che abitano la pelle del viso tende a diventare stabile in età adulta. Tuttavia, durante l’adolescenza si osserva un picco di diversificazione: è proprio in questa fase che nuovi ceppi batterici si insediano più facilmente. Questo indica che introdurre ceppi probiotici specifici durante le prime fasi della crescita potrebbe aiutare questi batteri a stabilirsi meglio sulla pelle e ridurre il rischio di sviluppare acne.
Alla ricerca hanno partecipato anche Jacob Baker, primo autore dello studio e oggi direttore scientifico di Taxa Technologies, e altri ricercatori del MIT e dell’Università di Harvard. L’indagine ha incluso il prelievo e l’analisi di campioni cutanei da 30 bambini e 27 genitori dell’area di Boston. Grazie al sequenziamento genetico di cellule isolate, il gruppo ha potuto mappare con precisione la presenza e l’evoluzione di diverse linee batteriche, arrivando a identificare 89 lignaggi di C. acnes e 78 di Staphylococcus epidermidis, il secondo batterio più diffuso sulla pelle del viso.
Mentre C. acnes mostra una maggiore stabilità nel tempo, S. epidermidis presenta un elevato tasso di ricambio: ogni ceppo resta attivo in media meno di due anni. Ciò nonostante, i ceppi di S. epidermidis condivisi tra membri della stessa famiglia sono pochi, indicando che la trasmissione interpersonale non è il principale motore del cambiamento.
La ricerca ha confermato che l’inizio della pubertà coincide con un’esplosione della densità batterica sulla pelle, favorita dall’aumento della produzione di sebo. In questo contesto, la pelle rappresenta un ambiente ricco di nutrienti che facilita l’arrivo e la stabilizzazione di nuovi ceppi batterici. “Durante l’adolescenza assistiamo al più alto tasso di acquisizione di nuovi lignaggi di C. acnes,” spiega Lieberman. “Questa finestra temporale potrebbe essere la più efficace per l’applicazione di probiotici terapeutici.”
Il lavoro, finanziato dal MIT Center for Microbiome Informatics and Therapeutics, dalla Smith Family Foundation e dai National Institutes of Health, analizza in profondità le dinamiche microbiche sulla pelle. Mette inoltre in evidenza l’importanza della tempistica nei trattamenti dermatologici probiotici e solleva nuove domande sulle interazioni tra microbioma, sistema immunitario e fattori ambientali.
In futuro, i ricercatori puntano a indagare come la colonizzazione precoce da parte di ceppi specifici influenzi la risposta immunitaria e la comparsa dell’acne. Altri obiettivi includono la comprensione delle cause del turnover batterico individuale, soprattutto per S. epidermidis, e il ruolo di elementi come genetica, prodotti cosmetici o barriere ecologiche microbiche.
Nel complesso, la ricerca condotta al MIT rafforza l’idea che conoscere a fondo le dinamiche del microbioma cutaneo possa rappresentare la chiave per sviluppare trattamenti più efficaci e mirati, utili per intervenire in modo più consapevole su condizioni diffuse come acne, eczema e altri disturbi dermatologici.