Confrontando bambini di città e di comunità rurali, i ricercatori evidenziano differenze precoci che potrebbero spiegare la maggiore incidenza allergica in ambito urbano
Un nuovo studio guidato da ricercatori del Dipartimento di Pediatria dell’University of Rochester Medical Center (URMC) ha individuato un sottotipo di cellule immunitarie mai descritto prima, che potrebbe essere implicato nello sviluppo delle allergie infantili. Pubblicata sulla rivista Allergy, la scoperta suggerisce una possibile spiegazione al fatto che i bambini cresciuti in ambienti urbani siano più soggetti ad allergie rispetto a quelli delle zone rurali.
Il gruppo di ricerca, coordinato dalla dottoressa Kirsi Järvinen-Seppo insieme alla studentessa di medicina e dottoranda Catherine Pizzarello, ha osservato differenze significative nel sistema immunitario tra neonati nati in città e quelli provenienti da comunità agricole. In particolare, ha identificato un sottogruppo di cellule T helper 2 (Th2) con caratteristiche molecolari proinfiammatorie marcate, riscontrato con maggiore frequenza nei neonati cresciuti in contesti urbani che in seguito hanno sviluppato allergie.
Secondo Järvinen-Seppo, primario di Allergologia e Immunologia Pediatrica presso il Golisano Children’s Hospital dell’UR Medicine, questo tipo di cellule potrebbe agire come un biomarcatore precoce delle malattie allergiche o persino contribuire direttamente alla loro insorgenza. Al contrario, nei neonati delle comunità rurali — in particolare dei Mennoniti dell’Antico Ordine (OOM) della regione di Finger Lakes, New York — è stata riscontrata una maggiore presenza di cellule T regolatorie, fondamentali per mantenere il sistema immunitario in equilibrio e prevenire risposte eccessive agli allergeni.
Il confronto tra i due gruppi ha dunque evidenziato che lo stile di vita e l’ambiente nei primi mesi di vita possono influenzare lo sviluppo immunitario. Gli autori dello studio ipotizzano che l’esposizione precoce a una maggiore varietà di microbi, caratteristica degli ambienti agricoli, contribuisca a educare meglio il sistema immunitario, rendendolo più tollerante. Al contrario, l’ambiente urbano, più sterile e con una minore diversità microbica, potrebbe favorire la proliferazione di cellule predisposte all’infiammazione allergica.
Questo lavoro si inserisce in una più ampia indagine scientifica finanziata dai National Institutes of Health (NIH) per comprendere come le esposizioni ambientali precoci influiscano sugli esiti immunitari a lungo termine. Nel 2023, il gruppo di Järvinen-Seppo ha ricevuto un finanziamento di 7 milioni di dollari dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) per approfondire le differenze tra neonati urbani e rurali nei primi dodici mesi di vita, con particolare attenzione al microbioma intestinale e alla risposta immunitaria.
L’obiettivo è identificare fattori protettivi che possano tradursi in strategie di prevenzione delle allergie, ad esempio attraverso l’uso di probiotici o altri interventi mirati a modulare il microbioma. Come afferma Järvinen-Seppo, comprendere i meccanismi che portano a una prevalenza maggiore di allergie nei bambini delle città potrebbe condurre a nuove terapie preventive.
“Se riusciremo a chiarire le condizioni che determinano l’emergere di queste cellule Th2 proallergiche, potremo forse intervenire in anticipo sullo sviluppo delle allergie”, ha dichiarato la ricercatrice. Lo studio sottolinea l’importanza di osservare l’interazione tra genetica, ambiente e sistema immunitario nella prima infanzia, una fase critica per la formazione delle difese dell’organismo.
I dati raccolti rafforzano l’ipotesi che alcuni segnali immunitari precoci siano legati al rischio allergico e indicano una direzione promettente per la ricerca pediatrica e le politiche di prevenzione.