Il tumore al seno è il tumore più frequente nelle donne. In Veneto l’incidenza di questa malattia è di 5.172 nuovi casi l’anno e ci sono oltre 73.000 donne che vivono dopo la diagnosi di tumore al seno. I tumori HER2-positivi rappresentano circa il 15-20% di tutti i tumori al seno. Si stima che circa il 5% delle pazienti con tumore al seno HER2-positivo abbia metastasi alla diagnosi, e tra le donne con malattia diagnosticata in stadio iniziale circa il 10% possa sviluppare metastasi nei 5 anni successivi alla diagnosi.
Oggi sono a disposizione tecnologia e opzioni terapeutiche all’avanguardia che rispondono alle diverse necessità di cura e migliorano l’aspettativa e la qualità di vita delle pazienti. È quanto emerge dall’evento “Tumore della mammella, analisi dello scenario attuale e prospettive future nella governance. Focus on Veneto”, organizzato da Motore Sanità, presso l’istituto veneto di Medicina molecolare di Padova (VIMM).
Come spiega Valentina Guarneri, professore ordinario, direttore della Scuola di specializzazione in Oncologia medica dell’Università di Padova “lo scenario terapeutico del tumore del seno è in continua evoluzione. Negli ultimi anni si è assistito a un progressivo aumento della sopravvivenza globale dei pazienti con malattia metastatica, a testimonianza dell’efficacia delle nuove strategie terapeutiche. La sfida è quella di adattare gli algoritmi terapeutici in modo da ottimizzare le sequenze di trattamento”.
Circa le caratteristiche dei nuovi farmaci, la professoressa Guarneri spiega che le disponibilità di nuovi farmaci comportano spesso la necessità di confrontarsi con nuovi profili di tollerabilità, che impongono un adattamento dei percorsi per fare fronte alle nuove esigenze dei pazienti.
“In particolare, in riferimento alla malattia HEr2 positiva, il nuovo ADC trastuzumab-deruxtecan si è imposto come nuovo standard di trattamento di seconda linea – spiega la Guarneri -. Nell’ambito dello studio Destiny Breast 03, la sopravvivenza libera da progressione di malattia è stata infatti di 25 mesi nelle pazienti trattate con trastuzumab-deruxtecan verso 7.2 mesi osservati nelle pazienti trattate con T-DM1. Si è inoltre osservato un aumento della sopravvivenza globale”.
Valentina Guarneri ci tiene a sottolineare, infine, che “è importante ricordare che questi farmaci possono causare polmonite interstiziale, per cui diventa fondamentale la corretta selezione dei pazienti e un monitoraggio dei possibili sintomi, onde evitare la comparsa di tossicità di grado severo”.
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