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Beta talassemia, autotrapianti con editing genetico. “Svolta storica in Sardegna”

Parte da Cagliari la procedura che punta a liberare i pazienti dal vincolo delle periodiche trasfusioni di sangue. Staminali modificate in laboratorio e reinfuse


La beta talassemia è una delle malattie genetiche ereditarie più studiate al mondo e, allo stesso tempo, una delle più impegnative da gestire. Nota anche come anemia mediterranea, è causata da mutazioni nei geni che regolano la produzione delle catene beta dell’emoglobina, la proteina che permette ai globuli rossi di trasportare l’ossigeno. Quando queste catene non vengono prodotte correttamente, l’emoglobina risulta difettosa e i globuli rossi diventano fragili, si rompono facilmente e non riescono a garantire un adeguato apporto di ossigeno ai tessuti. I sintomi possono variare da forme lievi a quadri severi caratterizzati da anemia cronica, affaticamento marcato, ittero, ingrossamento di milza e fegato, deformità ossee e complicanze cardiache.

La diagnosi si basa su esami del sangue, elettroforesi dell’emoglobina e test genetici. Negli ultimi anni, la ricerca ha compiuto passi avanti significativi: dalle trasfusioni regolari e dalla terapia ferrochelante, considerate per decenni lo standard di cura, si è passati a terapie innovative come il trapianto di cellule staminali e, più recentemente, le tecniche di editing genetico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ricorda che «la talassemia è una delle malattie ereditarie più diffuse al mondo» e che la sua gestione richiede «programmi integrati di prevenzione, diagnosi precoce e accesso alle terapie avanzate». Anche i National Institutes of Health statunitensi sottolineano come «le nuove terapie geniche rappresentino una delle frontiere più promettenti per ottenere l’indipendenza trasfusionale nei pazienti con forme severe».

In Italia la beta talassemia è particolarmente diffusa in Sicilia, Sardegna e nel Delta Padano. Si stimano circa 7 mila pazienti, di cui oltre 1.500 sardi. Mille convivono con la forma major, che richiede trasfusioni regolari per tutta la vita; i restanti presentano la forma intermedia, che non necessita di trasfusioni periodiche ma comporta comunque un monitoraggio costante. Per i pazienti trasfusione‑dipendenti, però, si apre ora una prospettiva completamente nuova. Grazie agli studi avviati nel 2019 tra Italia e Stati Uniti, da oggi è possibile immaginare un futuro senza trasfusioni. Le cellule staminali emopoietiche dei pazienti sardi verranno infatti prelevate, inviate negli Stati Uniti per essere modificate con tecniche di editing genetico capaci di riattivare la produzione di emoglobina fetale, e poi reinfuse a Cagliari tramite autotrapianto. L’obiettivo è permettere all’organismo di produrre autonomamente un’emoglobina funzionante.

La terapia è destinata a pazienti selezionati, giudicati clinicamente idonei, tra i 12 e i 35 anni. L’Arnas Brotzu di Cagliari è l’unico centro accreditato in Sardegna e sarà il primo in Italia, tra quelli non coinvolti nella sperimentazione, ad avviare la procedura già da metà gennaio. Il primo paziente ha un appuntamento fissato per il 13 gennaio 2026. Entro la fine del mese saranno due i pazienti che inizieranno il percorso. Questo trattamento prevede tre passaggi: prelievo delle cellule staminali dal sangue periferico, modifica genetica in laboratorio negli Stati Uniti e reinfusione al Brotzu tramite autotrapianto di cellule geneticamente corrette. Una procedura complessa, ma potenzialmente risolutiva.

Per la Sardegna si tratta di un momento storico. «È una vera e propria svolta» ha dichiarato la presidente della Regione, governatrice Alessandra Todde. Soddisfazione anche da parte dell’Arnas Brotzu. «La nostra regione convive da sempre con un’elevata incidenza di talassemia, una malattia che ha segnato profondamente la vita di molte famiglie» ha ricordato il commissario straordinario Maurizio Marcias. «Siamo orgogliosi di poter affermare che in Italia siamo tra le prime aziende ad eseguire la terapia tra quelle che non hanno partecipato alla sperimentazione».

Per comprendere meglio la portata di ciò che sta avvenendo in Sardegna è necessario fare un passo indietro. La svolta infatti fa riferimento a un annuncio ufficiale dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Con un comunicato diffuso dopo la seduta del Consiglio di Amministrazione del 17 settembre, l’Agenzia precisava che la prima terapia genica basata sulla tecnologia CRISPR‑Cas9 autorizzata in Italia e in Europa sarà rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale. Si tratta di Casgevy (exagamglogene autotemcel), terapia indicata per il trattamento di due gravi emoglobinopatie ereditarie: la beta‑talassemia trasfusione‑dipendente (TDT) e l’anemia falciforme (SCD), entrambe causate da mutazioni del gene della beta‑globina. AIFA ha definito questo percorso come “altamente innovativo”, e non potrebbe essere altrimenti.

Casgevy utilizza la tecnologia CRISPR‑Cas9 per modificare in modo mirato il DNA delle cellule staminali emopoietiche del paziente. Il processo prevede il prelievo delle cellule staminali dal sangue, la loro modifica in laboratorio attraverso l’intervento sul gene BCL11A per riattivare la produzione di emoglobina fetale, e infine la reinfusione delle cellule corrette nel torrente circolatorio, dopo una fase preparatoria. Queste cellule si riorganizzano all’interno dell’organismo umano e producono globuli rossi con un contenuto di emoglobina fetale in grado di compensare il difetto ereditario. Il risultato atteso è la riduzione o l’eliminazione della necessità di trasfusioni nei pazienti con TDT e la prevenzione delle crisi vaso‑occlusive nei pazienti con anemia falciforme.

La decisione dell’AIFA è stata sostenuta anche dai risultati presentati da Vertex al congresso dell’Associazione Europea di Ematologia (EHA) nel giugno scorso. I dati provenienti dagli studi clinici globali su pazienti con anemia falciforme severa o beta‑talassemia trasfusione‑dipendente mostrano benefici clinici significativi e duraturi, con un follow‑up che nei pazienti con SCD ha superato i cinque anni e mezzo e nei pazienti con TDT ha superato i sei anni, con una media rispettivamente di 39,4 e 43,5 mesi. Exa‑cel è, ad oggi, la prima e unica terapia approvata di editing genetico basata su CRISPR‑Cas9. Franco Locatelli, professore di pediatria presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e Direttore del Dipartimento di Ematologia e Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Bambino Gesù, ha dichiarato: «L’editing del genoma basato sulla tecnologia CRISPR/Cas9 rappresenta una svolta fondamentale per le persone affette da malattie genetiche del sangue, come l’anemia falciforme e la beta-talassemia dipendente da trasfusione. Gli studi clinici hanno evidenziato risultati molto positivi e oggi siamo lieti che questa innovazione venga a essere disponibile anche in Italia per i pazienti eleggibili al trattamento. Si tratta di una tappa particolarmente importante, che può migliorare in modo significativo la qualità di vita dei pazienti e offrire una risposta concreta a bisogni di cura fino a oggi insoddisfatti». Il professor Locatelli è lo sperimentatore principale degli studi CLIMB-111 e CLIMB-121 riguardanti exa-cel.

Persone che per tutta la vita hanno dovuto sottoporsi a trasfusioni frequenti o convivere con crisi dolorose potranno aspirare a un futuro migliore. L’editing genetico nella pratica clinica in ematologia segna un passaggio epocale dalla gestione cronica della malattia alla possibilità di una correzione stabile del difetto genetico. Comprendere gli elementi di novità, e il contesto nazionale – la decisione dell’AIFA, i dati dell’EHA, la validazione europea – è essenziale per cogliere fino in fondo la portata di quanto sta accadendo oggi.

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