La diffusione dei germi multiresistenti cresce in tutto il mondo e non riguarda più soltanto gli ospedali. La professoressa Cristina Mussini, proclamata presidente Simit: consolidare i progetti di infection control, rafforzare il ruolo istituzionale della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali
La minaccia dei batteri multiresistenti non è più confinata alle terapie intensive o ai reparti ospedalieri ad alta complessità. Le infezioni da germi resistenti agli antibiotici stanno emergendo con forza anche nella medicina di comunità, coinvolgendo pazienti che non hanno mai avuto contatti recenti con strutture sanitarie. È un fenomeno che riflette un cambiamento profondo nell’epidemiologia delle infezioni e che, secondo gli infettivologi riuniti al XXIV Congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), richiede un salto di qualità nelle politiche di prevenzione e controllo. I dati più recenti mostrano infatti un impatto crescente sulla mortalità globale, mentre le esperienze sul campo confermano che strategie strutturate di infection control e un uso appropriato degli antibiotici possono ridurre in modo significativo la diffusione dei super‑batteri. Tuttavia, la sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza e il monitoraggio del consumo di antibiotici restano ancora insufficienti, come evidenziato dal progetto “Insieme” coordinato dagli infettivologi SIMIT.
Il quadro globale delineato dagli organismi internazionali è allarmante. Secondo un lavoro del Global Sepsis Network pubblicato su The Lancet, nel 2021 sono stati registrati oltre 160 milioni di casi di sepsi nel mondo, con circa 15 milioni di decessi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che almeno una infezione su sei sia oggi causata da un germe resistente e che l’antimicrobico‑resistenza (AMR) potrebbe provocare entro il 2050 fino a 10 milioni di morti l’anno. Il Global Antibiotic Resistance Surveillance Report 2025 dell’OMS, basato su dati di sorveglianza relativi al 2023, evidenzia che mediamente il 17 per cento dei microrganismi responsabili di infezioni presenta resistenza alle terapie antimicrobiche, con un valore che in Europa occidentale si attesta intorno al 10 per cento. Lo stesso report documenta, nel periodo 2018–2023, un aumento del 15 per cento di Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi e del 6 per cento di Escherichia coli, oltre a un incremento particolarmente rilevante delle resistenze in patologie di comunità: più 14 per cento di Salmonella resistente alla ciprofloxacina e quasi più 30 per cento di Shigella resistente alla ciprofloxacina.
“L’antimicrobico‑resistenza non riguarda più solo l’ospedale, ma anche la comunità” ha spiegato il professor Pierluigi Viale, membro del Comitato di Presidenza del Congresso SIMIT. “Uno studio condotto presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Niguarda di Milano, ad esempio, ha mostrato che oltre il 13 per cento delle batteriemie diagnosticate in comunità è causato da germi multiresistenti. L’impatto dell’AMR è particolarmente grave nei pazienti fragili e immunodepressi”. Una recente review pubblicata su Lancet Oncology, basata su oltre sedicimila studi, stima che nei pazienti immunodepressi la quota di infezioni da germi multiresistenti raggiunga circa il 35 per cento, con valori superiori al 40 per cento per ceppi produttori di ESBL, Staphylococcus aureus meticillino‑resistente (MRSA) e Acinetobacter baumannii. “Nei lavori che riportano dati di esito, l’infezione da germe multiresistente comporta un rischio di mortalità fino a dieci volte superiore rispetto ai pazienti non immunodepressi. L’Italia è tra i Paesi europei più colpiti: secondo le stime del 2021, si registrano circa 7.950 decessi direttamente attribuibili all’antimicrobico‑resistenza e oltre 33mila associati a infezioni da germi multiresistenti. Questi dati rilevanti sono dovuti alla demografia del nostro Paese, il più anziano d’Europa, e a un servizio sanitario particolarmente etico, che si prende carico di tutti i cittadini”.
Il tema al centro della discussione è come trasformare le indicazioni del Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico‑Resistenza (PNCAR) in pratiche cliniche realmente operative e uniformi sul territorio. L’infection control e l’uso appropriato degli antibiotici funzionano, se applicati in modo sistematico possono dare buoni risultati. Il PNCAR ha fornito una cornice importante, ma oggi è fondamentale trasformare queste indicazioni in interventi obbligatori e omogenei sul territorio. Screening, igiene delle mani, isolamento dei pazienti e stewardship antimicrobica non possono dipendere solo dalla sensibilità dei singoli: servono obiettivi chiari a livello di tutto il Servizio Sanitario Nazionale, sistemi di sorveglianza e un monitoraggio continuo dei risultati”. In questo scenario si inseriscono i contributi del progetto “Insieme”, coordinato dalla professoressa Cristina Mussini, presidente nazionale Simit, e del progetto “Resistimit”, guidato dal professor Marco Falcone, consigliere SIMIT. “Resistimit” è un registro nazionale dinamico che raccoglie e analizza in tempo reale i dati sulle infezioni gravi da batteri resistenti, con l’obiettivo di migliorare diagnosi, trattamento e prevenzione. “Insieme”, sviluppato in collaborazione con il Ministero della Salute nell’ambito del PNCAR, punta a uniformare a livello nazionale le politiche di controllo delle infezioni ospedaliere attraverso formazione, organizzazione dei controlli e audit per individuare le criticità. Il primo studio del progetto, pubblicato nel 2025 su Scientific Reports, ha coinvolto trentotto ospedali italiani e ha fornito la prima fotografia nazionale dello stato di implementazione dei programmi di Infection Prevention and Control e Antimicrobial Stewardship nel periodo post‑pandemico. “I dati mostrano una netta disomogeneità territoriale” spiega Marianna Meschiari, responsabile del Controllo delle infezioni correlate all’assistenza e della stewardship antimicrobica presso la Clinica di Malattie Infettive del Policlinico di Modena. “Ad esempio, il monitoraggio strutturato dei consumi antibiotici è presente in oltre il 90 per cento degli ospedali del Nord, ma solo in poco più del 20 per cento al Sud. La sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza è strutturata in meno del 16 per cento delle strutture a livello nazionale. Questi dati rappresentano una base fondamentale per interventi mirati. L’antibiotico‑resistenza, infatti, non si combatte con una singola azione, ma con organizzazione, raccolta dati e lavoro di squadra”. Nel 2026 partiranno altri progetti, dedicati alle infezioni del sito chirurgico, alla colonizzazione da batteri resistenti ai carbapenemi e al miglioramento dell’igiene delle mani.
Cristina Mussini presidente Simit: “La mia sarà una leadership inclusiva”

Gli specialisti della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, al termine delle celebrazioni del XXIV congresso nazionale, svoltosi a Riccione dal 16 al 19 dicembre, hanno salutato con un’ovazione l’insediamento di Cristina Mussini alla presidenza nazionale della Simit. Direttrice della Clinica di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero‑Universitaria Policlinico di Modena e Professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, la professoressa Mussini succede a Roberto Parrella, che ha guidato il sodalizio nell’ultimo biennio. Nel suo primo intervento da numero uno degli infettivologi italiani, Cristina Mussini ha delineato una visione chiara e ambiziosa per il futuro della Società. “La SIMIT deve rafforzare il proprio ruolo come riferimento scientifico e istituzionale, sia nel confronto con le altre società italiane sia a livello internazionale” ha sottolineato, evidenziando la necessità di una leadership capace di dialogare con tutti gli attori del sistema sanitario. La nuova Presidente ha insistito su un concetto chiave: inclusività. “Vogliamo una leadership condivisa e inclusiva: questo Congresso è stato costruito con il contributo di oltre 70 colleghi under 45, a testimonianza di quanto le nuove generazioni siano centrali per il futuro della disciplina”.
Tra le priorità del mandato, Cristina Mussini ha indicato il potenziamento della capacità della Società di fare rete, promuovendo studi e trial multicentrici e valorizzando i progetti già avviati, come Resistimit e Insieme. Entrambe le iniziative rappresentano un impegno concreto nella sorveglianza dell’antimicrobico‑resistenza e nel miglioramento dell’infection control, due ambiti che la pandemia ha reso ancora più cruciali. “È fondamentale continuare il dialogo con le istituzioni, perché le malattie infettive sono un tema di sanità pubblica” ha aggiunto Mussini, richiamando l’importanza di un confronto costante con il Ministero della Salute e con le Regioni.
Il nuovo corso della SIMIT guarda anche all’aggiornamento delle linee guida e alla definizione di nuovi strumenti per la prevenzione. “Al tempo stesso lavoreremo per rinnovare le linee guida su HIV e per delinearne di nuove sulla PrEP” ha spiegato la Presidente, sottolineando come l’infettivologia sia una disciplina in continua evoluzione, che richiede aggiornamenti rapidi e basati sulle migliori evidenze scientifiche. Centrale sarà anche la valorizzazione del ruolo dell’infettivologo negli ospedali e sul territorio, una figura strategica non solo nella gestione delle emergenze, ma anche nella prevenzione, nella stewardship antimicrobica e nella presa in carico dei pazienti fragili. “L’obiettivo è una Società scientifica sempre più autorevole, inclusiva, aperta e capace di incidere realmente nella pratica clinica e nella ricerca” ha concluso la presidente. Un programma che punta a consolidare la posizione della SIMIT come interlocutore imprescindibile nelle politiche sanitarie e come motore di innovazione in un settore che, oggi più che mai, richiede visione, competenza e capacità di costruire alleanze.
Per la cronaca, nel corso del congresso di Riccione (foto sotto) è stata rinnovata la componente ospedaliera del direttivo degli infettivologi. Giovanni Cenderello, primario della struttura complessa di Malattie Infettive dell’ASL imperiese, è stato eletto vicepresidente Simit, e subentrerà alla professoressa Cristina Mussini tra due anni, in continuità con una governance che punta sulla programmazione e sulla valorizzazione delle competenze universitarie e ospedaliere.






