Almeno 10 diversi composti farmacologici utilizzati in tutte altre patologie, che vanno dalle terapie oncologiche, a quelle reumatologiche, a quelle psichiatriche, sono state testate come potenzialmente efficaci nel prevenire la replicazione del nuovo coronavirus causa della pandemia Covid-19. Questo è quanto emerge da uno studio condotto attraverso un team multidisciplinare composto da diversi scienziati USA e Francesi e pubblicato su una delle più prestigiose riviste Scientifiche.
I ricercatori sono partiti dal mappare le proteine umane con cui il virus interagisce all’interno del corpo, quando infetta le cellule e si diffonde replicandosi, cercando poi i composti che potrebbero bloccare questo processo. Il risultato ha mostrato che nelle prove di laboratorio ben 47 composti avevano l’effetto desiderato, ma solo 10 di questi erano farmaci già approvati o studiati per condizioni diverse tali da poter essere riproposti ed utilizzati subito contro COVID-19.
Nello studio, che la rivista Nature ha pubblicato giovedì scorso, i diversi farmaci includevano l’antiallergico clemastina, l’antipsicotico aloperidolo e l’antimalarico usato per le patologie reumatiche idrossiclorochina (per la quale si segnala attenzione ai potenziali eventi avversi sul cuore, per l’interferenza con una particolare proteina del tessuto cardiaco). Il team ha anche scoperto una sostanza chimica sperimentale, PB28, 20 volte più potente dell’idrossiclorochina nel colpire il recettore, ma con molto meno affinità per la proteina del cuore.
È stato anche scoperto che l’ormone progesterone, tipico ormone femminile (solo una piccola quota viene prodotta anche nell’uomo nelle cellule testicolari del Leydig), agisce contro il virus, il che potrebbe far luce sulle ragioni per cui gli uomini sembrano essere più sensibili al COVID-19 e più spesso soffrono di gravi complicazioni.
Un altro composto che ha trovato attività antivirale è stato la plitidepsina, utilizzata nella terapia sperimentale contro il cancro, attualmente in fase di test in Spagna in studi COVID-19. In un briefing con i media il Prof. Krogan dell’Università della California, uno degli autori dello studio, ha affermato che alcuni dei farmaci e composti valutati sarebbero molte volte più potenti dell’atteso remdesivir oramai vicino all’approvazione normativa dopo che i risultati della sperimentazione preliminare hanno dimostrato che il farmaco ha avuto efficacia nell’accelerare le guarigioni dei pazienti studiati. Il team comunque ha affermato che la ricerca continuerà testando i farmaci identificati e con gli stessi metodi approfondirà i meccanismi biologici della malattia.