In Italia oltre 4 milioni di persone coinvolte. La SIGOT (Società italiana geriatria ospedale e territorio) rilancia l’urgenza di diagnosi precoce, reti territoriali e sostegno ai caregiver
L’Alzheimer non è soltanto una malattia della memoria. È una condizione che travolge la vita di chi ne è colpito e di chi se ne prende cura, trasformandosi in una vera emergenza sociale. In Italia, ai circa 1,1 milioni di pazienti con demenza si aggiungono almeno 3 milioni di caregiver familiari, spesso lasciati soli ad affrontare un carico emotivo, fisico ed economico enorme. In occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da Alzheimer’s Disease International, la Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio (SIGOT) richiama l’attenzione su un aspetto troppo spesso ignorato: il coinvolgimento e il sostegno dei caregiver.
Secondo gli studi internazionali, il 40% dei caregiver sviluppa sintomi di ansia o depressione. Applicato alla realtà italiana, significa oltre 1,2 milioni di persone a rischio di ammalarsi per il solo fatto di prendersi cura di un familiare. Alla sofferenza quotidiana si aggiunge lo stigma sociale: molte famiglie vivono la diagnosi come una condanna da nascondere, restando isolate e prive di supporto. L’Alzheimer è oggi la settima causa di morte nel mondo e in Italia assorbe circa 15 miliardi di euro l’anno, un costo che grava quasi esclusivamente sulle famiglie.
Sul fronte terapeutico, la ricerca sta facendo passi avanti. L’immunoterapia con anticorpi monoclonali anti-amiloide ha mostrato la capacità di rallentare – in misura contenuta – il declino cognitivo in alcuni pazienti. La FDA americana ha già approvato tre molecole di nuova generazione: aducanumab, donanemab e lecanemab, quest’ultima riconosciuta anche dall’EMA in Europa. Accanto ai farmaci, si esplorano soluzioni alternative come la modulazione del microbiota intestinale, l’uso di microRNA e la nanoterapia per una somministrazione mirata dei farmaci al sistema nervoso centrale.
Ma la prudenza resta d’obbligo. La progressione della malattia può rallentare di circa il 20–30%, ma non è ancora chiaro se questo effetto si mantenga nel tempo. Inoltre, solo una minoranza di pazienti – circa il 10% – potrà beneficiarne, e restano aperti interrogativi su costi, modalità di somministrazione, monitoraggio degli effetti collaterali e disparità regionali nell’accesso alle cure.
Per questo, la SIGOT ribadisce che le innovazioni farmacologiche non devono far dimenticare il ruolo centrale della stimolazione cognitiva, fisica e sociale. Questi interventi restano oggi fondamentali per migliorare la qualità di vita e ridurre i disturbi del comportamento nei pazienti. Tuttavia, in Italia le strutture di sostegno sono ancora poche, frammentate e distribuite in modo diseguale. I servizi psicologici per caregiver sono quasi assenti. Troppo spesso la diagnosi precoce non viene intercettata, e la gestione rimane affidata al coraggio solitario delle famiglie.
«La speranza nei farmaci innovativi è importante, ma non sufficiente. Serve una visione più ampia e integrata», sottolinea il Prof. Lorenzo Palleschi, Presidente SIGOT. «Le priorità sono da individuarsi nella diagnosi precoce e in reti territoriali dedicate, con centri cognitivi diffusi; nella prevenzione attraverso stili di vita sani, attività fisica, alimentazione equilibrata e stimolazione cognitiva; comunità dementia-friendly, capaci di accogliere e non isolare; sostegno psicologico e servizi domiciliari strutturati per i caregiver».
Un messaggio condiviso anche dalla Professoressa Virginia Boccardi, del Direttivo nazionale SIGOT: «Mai dimenticare i pazienti e massima attenzione a chi presta le cure. È questo il nostro credo e la nostra missione all’interno di un universo socio-economico complesso. L’Alzheimer non è solo una sfida medica, ma un problema sociale, culturale ed economico che riguarda tutti. Un Paese civile si misura sulla capacità di proteggere i suoi cittadini più fragili. La sfida non si vince nell’isolamento delle famiglie, ma con la forza di una comunità che sceglie di non lasciare nessuno indietro».
La Giornata Mondiale dell’Alzheimer non è solo un’occasione per sensibilizzare, ma un invito a costruire un sistema più giusto, più inclusivo e più umano. Perché la memoria di una persona è anche la memoria di una società. E proteggerla è un dovere collettivo.





