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Autismo, l’Oms conferma: nessun legame causale con i vaccini

Due ricerche ribadiscono l’assenza di relazioni tra immunizzazioni e disturbi dello spettro autistico. Autismo, folati e gravidanza: uno studio italiano individua il ruolo degli anticorpi materni



Da tanto tempo il dibattito sui vaccini e la loro presunta correlazione con l’autismo alimenta paure, diffidenza e disinformazione. Nonostante la comunità scientifica abbia più volte escluso un nesso causale, il tema continua a riemergere ciclicamente, spesso sostenuto da studi di scarsa qualità o da interpretazioni distorte. In questo contesto, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) torna a fare chiarezza con due nuove analisi che rafforzano ulteriormente la sicurezza dei vaccini e smontano definitivamente l’ipotesi di un legame con i disturbi dello spettro autistico.

Il Comitato consultivo globale sulla sicurezza dei vaccini (Gacvs) ha passato in rassegna la letteratura scientifica più recente. Il primo lavoro si è concentrato sul possibile ruolo del conservante Thimerosal, analizzando 31 studi precedenti. Venti di questi, considerati metodologicamente più solidi, non hanno trovato alcuna evidenza di associazione tra vaccini e autismo, indipendentemente dalla presenza del Thimerosal. Gli altri undici, che suggerivano un legame, presentavano invece “molteplici e significativi problemi metodologici”, come sottolinea l’Oms. “Il grande corpus di prove scientifiche di alta qualità disponibili continua a sostenere fortemente il profilo di sicurezza positivo e l’assenza di un legame causale con i disturbi dello spettro autistico”, ha ribadito l’organizzazione.

Il secondo studio ha invece esaminato i vaccini contenenti alluminio, altro elemento spesso citato nelle teorie critiche. Anche in questo caso, i risultati sono stati inequivocabili: diciassette studi di buona qualità hanno escluso qualsiasi correlazione con l’autismo. Solo due lavori hanno suggerito un’associazione, ma si trattava di ricerche di bassa qualità, “per modalità di progettazione incapaci di dimostrare la causalità”, precisa l’Oms. La conclusione dei due rapporti è netta: “Nessuna prova depone per una relazione causale tra vaccini e disturbi dello spettro autistico”. Una dichiarazione che si inserisce in un percorso di trasparenza e rigore scientifico, volto a rassicurare la popolazione e a contrastare la diffusione di informazioni fuorvianti.

Il messaggio dell’Oms assume particolare rilevanza in un’epoca in cui la fiducia nei vaccini è cruciale per la salute pubblica globale. Le campagne di immunizzazione hanno permesso di ridurre drasticamente la mortalità infantile e di contenere epidemie devastanti. Ribadire la loro sicurezza significa non solo difendere i progressi della medicina, ma anche proteggere le comunità da rischi evitabili. In definitiva, le nuove analisi confermano ciò che la scienza sostiene da anni: i vaccini restano uno strumento sicuro ed essenziale per la prevenzione delle malattie, e non hanno alcun legame con l’autismo.

Negli ultimi anni la scienza ha intensificato gli sforzi per comprendere le origini dell’autismo, una condizione complessa che coinvolge fattori genetici, ambientali e biologici. La ricerca internazionale ha già evidenziato come il sistema immunitario materno possa influenzare lo sviluppo del cervello fetale, ma uno studio italiano aggiunge ora un tassello importante, suggerendo un meccanismo preciso che potrebbe spiegare molti casi di autismo non genetico.

Il lavoro, pubblicato su Clinical and Translational Neuroscience, è stato condotto da Claudio Giorlandino, Direttore Scientifico dell’Istituto di Ricerca Altamedica, insieme a Katia Margiotti, a Marco Fabiani e Alvaro Mesoraca. I quattro hanno individuato un legame cruciale tra la carenza di folati nel cervello del feto e la presenza, nel sangue materno, di specifici anticorpi chiamati FRAA (anticorpi anti-recettore del folato alfa).
“Ora sappiamo che uno dei riscontri principali dell’autismo non genetico è la carenza di folati nel cervello del bambino durante la gravidanza. Spesso, questo è causato da specifici anticorpi presenti nel sangue materno, chiamati FRAA”, spiega Giorlandino. La vitamina B9, o folato, è essenziale per la costruzione del DNA e la crescita delle cellule cerebrali. Normalmente, la madre trasferisce queste sostanze al feto attraverso la placenta. Tuttavia, gli anticorpi FRAA possono bloccare il recettore che consente ai folati di raggiungere il cervello del bambino, creando una carenza anche quando la madre ne ha livelli adeguati nel sangue.

Se questa carenza si manifesta nelle prime fasi della gravidanza, può contribuire all’insorgenza di disturbi dello spettro autistico (ASD) o, in forme più lievi, di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). La condizione è nota come Cerebral Folate Deficiency e la letteratura internazionale ha già segnalato che oltre il 70% dei bambini con autismo presenta almeno un tipo di anticorpo FRAA. La loro presenza è stata riscontrata anche nei familiari stretti, suggerendo una predisposizione immunitaria.

Lo studio apre prospettive concrete di prevenzione. È stato infatti sviluppato un semplice esame del sangue per le donne in gravidanza, capace di rilevare la presenza degli anticorpi FRAA. In caso di positività, è possibile intervenire con un tipo speciale di folato, l’acido folinico (calcio folinato), che riesce a bypassare il recettore bloccato dagli anticorpi e raggiungere comunque il cervello del feto.

I ricercatori ipotizzano inoltre che l’aumento delle malattie autoimmuni nelle donne, influenzato da fattori ambientali come inquinamento, dieta, cosmetici e stili di vita, possa spiegare la crescita dei casi di FRAA e, di conseguenza, dei disturbi del neurosviluppo nei bambini.

La scoperta, se confermata da ulteriori studi, potrebbe segnare un passo decisivo verso strategie di prevenzione mirate, capaci di ridurre l’incidenza dell’autismo non genetico e di garantire un supporto precoce alle famiglie. In un campo dove la ricerca è spesso frammentata e complessa, il contributo italiano rappresenta un segnale di speranza e un invito a investire nella diagnosi tempestiva e nella protezione della salute materno-fetale.

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