Tutti ricordano i bambini microcefali dell’epidemia del 2015-2016 in America latina. Ma il pericolo di una pandemia era stato scongiurato. Tutto risolto? Secondo l’Oms no: il virus continua a circolare e a causa del cambiamento climatico potrebbero svilupparsi nuovi focolai in nuove aree del mondo
Artur e Agata hanno 6 anni. Joao ne ha 7. Le loro giornate sono scandite dalla fisioterapia, dai trattamenti di stimolazione uditiva, dalle sedute di neuropsicomotricità. Nella stessa condizione si trovano centinaia di bambini affetti da gravi disturbi neurologici causati dal virus Zika. È la percentuale dei sopravvissuti all’epidemia che colpì in modo particolare il nord-est del Brasile tra il 2015 e il 2016. All’epoca le immagini dei neonati microcefali avevano sconvolto il mondo intero. Ma, non appena scongiurato il pericolo di una pandemia, le storie legate a Zika avevano presto perso di interesse e, a parte qualche rara inchiesta giornalistica, dell’infezione e delle sue conseguenze non si è più parlato.
A riaccendere i riflettori sulla malattia trasmessa dalla puntura di zanzare infette appartenenti al genere Aedes (Aedes Aegipty in particolare) è l’Organizzazione Mondiale della Sanità che lo scorso 30 agosto ha organizzato un webinar dall’eloquente titolo Zika virus: learning from the past, preparing for the future.