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Colpa medica, cosa cambia col via libera alla nuova legge

Medici punibili solo per colpa grave: dalla Balduzzi, alla Gelli Bianco, alla legge delega approvata nei giorni scorsi in Cdm cosa cambia per chirurghi e dottori impegnati nei reparti di emergenza e urgenza dopo il via libera del Consiglio dei ministri al disegno di legge delega al governo in materia di professioni sanitarie e disposizioni relative alla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie? Norma che prevede, appunto, tra le altre misure approvate, la punibilità dei medici solo per “colpa grave”. In queste ore c’è chi si chiede, tra i medici e anche tra i pazienti cosa cambierà, in pratica, con la nuova norma rispetto alla Legge Balduzzi e alla successiva Legge “Gelli Bianco” che, entrambe, già prevedevano la non punibilità per colpa grave e ci introduce alla complessità del concetto di colpa medica in quanto tra la condotta attribuita al medico coinvolto in un processo per colpa e l’evento dafnoso al paziente intercorre spesso un lungo lasso di tempo durante il quale si susseguono una serie di catene causali la cui reale conoscenza è assai difficile ma assolutamente indispensabili per approdare a un corretto giudizio e complicate dal fatto che la colpa è costituita il più delle volte da presunte trascuratezze, omissioni, da cose che si dovevano fare e non sono state invece compiute e viceversa. Vale la pena ricordare che prima degli anni Sessanta del secolo scorso i procedimenti penali per colpa medica erano praticamente inesistenti e nei manuali di diritto penale per omicidio colposo non v’era neppure un rigo sulla colpa medica.
Tuttavia, sin da quando la giurisprudenza iniziò ad arricchirsi di processi a carico dei medici la colpa medica, soprattutto quando un intervento chirurgico o un’altra prestazione medica erano rivolti ad affrontare e risolvere o tentare di guarire situazioni cliniche complesse e di particolare difficoltà, la rilevanza, ai fini della responsabilità penale, era anche allora la sola colpa grave che veniva agita in parallelo a quanto previsto in tema di responsabilità civile dall’articolo 2236 del codice civile. Sentenze in cui costituiva colpa grave quella dovuta alla inescusabilità dell’errore o da ignoranza di principi elementari attinenti all’esercizio dell’attività sanitaria. In quel contesto la colpa grave veniva solitamente riferita alla sola colpa per imperizia mentre rispetto alla negligenza e all’imprudenza c’era maggiore tolleranza e si valutava caso per caso. Già allora, tuttavia, la giurisprudenza affermava che solo quando il medico affronti problemi clinici e diagnostico-terapeutici di elevata complessità e dall’esito incerto o in pronto soccorso e dunque in una condizione di emergenza e urgenza un eventuale errore che sia da individuare come causa o concausa di esito fatale o lesione del paziente ci possa essere una valutazione di graduazione della colpa mentre in casi non gravati da tale quadri di complessità o caratterizzati da negligenza o imprudenza in violazione della regola della massima diligenza e prudenza si configurasse la colpa grave facendo poi prevalere l’orientamento più restrittivo nella valutazione in ambito penale della colpa medica.
A ciò ci è cercato di porre rimedio prima col decreto Balduzzi nel 2012 e poi con la Legge Gelli-Bianco nel 2017 che hanno modificato la disciplina della responsabilità medica, introducendo la discriminante della colpa lieve per i sanitari che rispettano le linee guida. La differenza principale è che il Decreto Balduzzi escludeva la punibilità per colpa lieve in casi di negligenza, imprudenza e imperizia, mentre la Legge Gelli-Bianco ha ristretto successivamente questo beneficio rendendo il medico penalmente responsabile in caso di colpa grave, introducendo la transazione preveniva, il ricorso alle assicurazioni obbligatorie per le aziende (ma c’è chi ha fatto ricorso a fondi rischi aziendali dedicati),
differenziando la responsabilità contrattuale (salvo rivalsa dell’azienda sanitario di riferimento) ma mantenendo in piedi il rapporto extracontrattuale diretto col paziente e lasciando al medico penale il risarcimento del danno.
In sintesi, dunque, il decreto Balduzzi prevedeva la non punibilità per colpa lieve: il professionista sanitario non rispondeva penalmente se causava un danno al paziente seguendo le linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali ma agendo con colpa lieve considerando la colpa lieve un errore scusabile, difficile da evitare, soprattutto in casi complessi.
La Legge Gelli-Bianco (n. 24/2017) ha poi superato il decreto Balduzzi, anche in quel caso per risolvere le precedenti incertezze e limitare la medicina difensiva, introducendo il binomio di colpa grave e imperizia: il medico, in base a quella norma, risponde penalmente solo per colpa grave (ad esempio, un errore macroscopico o inescusabile) ma solo se l’evento dannoso si è verificato per imperizia, cioè mancata adozione delle linee guida e adeguate conoscenze tecniche e non era applicabile invece per negligenza e imprudenza. La scriminante della colpa lieve era dunque esclusa dalla legge Gelli Bianco se l’errore è causato da negligenza o imprudenza, le quali sono considerate più gravi della colpa lieve. La riforma ha introdotto anche l’obbligo per le strutture sanitarie di avere una copertura assicurativa per la responsabilità civile. Per il medico, il rispetto delle linee guida era e resta un elemento fondamentale per evitare la punibilità penale. La legge Gelli-Bianco introduceva l’obbligo di assicurazione contro la colpa grave. La struttura sanitaria rispondeva civilmente per danno al paziente, con un obbligo di responsabilità contrattuale. Pertanto attualmente le strutture sanitarie (pubbliche e private) sono responsabili contrattualmente per il risarcimento del danno al paziente e al singolo medico si applica una responsabilità di tipo contrattuale solo in caso di libero professionista. La legge Gelli-Bianco otto anni fa rese obbligatoria l’assicurazione per la colpa grave per tutti i professionisti sanitari, sia pubblici che privati.
Ora arriva dunque la svolta con la nuova norma approvata in Consiglio dei ministri: si tratta di un disegno di legge delega al governo in materia di professioni sanitarie e disposizioni relative alla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie he prevede dunaue una serie di decreti legislativi attuativi adottati su proposta del Ministro della salute, di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione, dell’economia e delle finanze, della giustizia, dell’università e ricerca e con gli altri Ministri competenti per materia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Gli articoli chiave sono il 7 e l’8 del capo II che recitano: ART. 7 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) l’articolo 590-sexies è sostituito dal seguente:
«Art. 590-sexies. – (Limiti della responsabilità nell’attività sanitaria) – Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio dell’attività sanitaria si applicano le pene ivi previste, salvo quanto disposto dal secondo comma. Quando l’esercente la professione sanitaria si attiene alle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge o alle buone pratiche clinico assistenziali, sempre che le predette raccomandazioni o buone pratiche risultino adeguate alle specificità del caso concreto, è punibile solo per colpa grave». b) dopo l’articolo 590-sexies è inserito il seguente: «Art. 590-septies.- (Colpa nell’attività sanitaria) – Nell’accertamento della colpa o del suo grado si tiene conto anche della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, nonché delle eventuali carenze organizzative, quando la scarsità e le carenze non sono evitabili da parte dell’esercente l’attività sanitaria, della mancanza, limitatezza o contraddittorietà delle conoscenze scientifiche sulla patologia o sulla terapia, della concreta disponibilità di terapie adeguate, della complessità della patologia o della concreta difficoltà dell’attività sanitaria, dello specifico ruolo svolto in caso di cooperazione multidisciplinare, nonché della presenza di situazioni di urgenza o emergenza.».
ART. 8
(Modifiche alla legge 8 marzo 2017, n. 24)

  1. Alla legge 8 marzo 2017, n. 24, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 5, comma 1, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Gli esercenti le professioni sanitarie si attengono altresì alle buone pratiche clinico-assistenziali, salve comunque le specificitaà del caso concreto»;
    b) all’articolo 7:
    1) al comma 1, le parole: «si avvalga dell’opera» sono sostituite dalle seguenti: «si avvale dell’opera» e le parole: «delle loro condotte» sono sostituite dalle seguenti: «dei danni derivanti dalle loro condotte»; 2) al comma 3, il secondo periodo è soppresso; 3) dopo il comma 3, è inserito il seguente: 3-bis. Fermo quanto previsto dall’articolo 2236 del codice civile, nell’accertamento della colpa, o del grado di essa, nell’operato dell’esercente l’attività sanitaria si tiene conto anche della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, nonché delle eventuali carenze organizzative, quando la scarsità e le carenze non sono evitabili da parte dell’esercente l’attività sanitaria, della mancanza, limitatezza o contraddittorietà delle conoscenze scientifiche sulla patologia o sulla terapia, della concreta disponibilità di terapie adeguate, della complessità della patologia o della concreta difficoltà dell’attività sanitaria, dello specifico ruolo svolto in caso di cooperazione multidisciplinare, nonché della presenza di situazioni di urgenza o emergenza.»; 4) al comma 5, le parole: «costituiscono norme imperative ai sensi del codice civile» sono sostituite dalle seguenti: «sono inderogabili». E’ chiaro e netto dunque il riferimento alla necessità di tenere conto del contesto in cui, un eventuale evento avverso si palesi e per definire o escludere la fattispecie di colpa grave che resta il presupposto per la punibilità del medico e per il risarcimento del danno. Una riforma salutata unanimemente con favore dal mondo sindacale della dirigenza medica e dal mondo delle società scientifiche che pure rifuggono dal termine di scudo penale che evoca la impunibilità, ribaltando invece la svolta come necessaria a consentire al medico di operare più serenamente in scienza e coscienza, a perseguire senza rifugiarsi nella medicina difensiva (ossia una pletora di esami e indagini preliminari all’atto medico, dannosi per il paziente e dilatorie rispetto alle opportunità di cura e infine aumentare l’attrattività di aree disciplinari ad alto rischio sanitario come il pronto soccorso e le aree critiche che scontano da anni concorsi deserti e la fuga dei camici bianchi verso aree assistenziali e specializzazioni meno a rischio. Viene infine tirato il freno ai contenziosi giudiziari attuati “a strascico” da studi legali iperpubblicizzati in ogni ospedale disposti ad anticipare ogni spesa in vista di una transazione anche nei casi in cui è da escludere una responsabilità del medico ma agite quasi sempre dalle assicurazioni per un’economia di gestione del contenzioso stesso e da considerare come ulteriore costo da aggiungere ai circa 11 miliardi di spese per la medicina difensiva.

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