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Cosa c’entra il cambiamento climatico con l’antibiotico-resistenza?

Cresce la minaccia dell’antibiotico-resistenza, il cambiamento climatico sta peggiorando la situazione?  La risposta breve alla domanda che fa da titolo a un lungo articolo su Nature online è “sì”. E dare una spiegazione di massima è facile, basta descrivere in estrema sintesi una catena di eventi facilmente intuibile:  le nuove condizioni meteorologiche dovute al riscaldamento globale favoriscono la crescita e la diffusione dei batteri, l’aumento dei batteri provoca un aumento delle infezioni, l’aumento delle infezioni comporta un maggior uso di antibiotici che inevitabilmente scatena la resistenza.

Ci si potrebbe fermare qui, citando un esempio emblematico di quanto detto. Nel 2021, racconta Nature, la microbiologa Adwoa Padiki Nartey aveva rischiato di morire per una banale tonsillite contratta in Ghana durante la stagione delle piogge quando l’umidità elevata stimola la crescita dei microbi. L’antibiotico tradizionalmente usato contro il batterio annidato nella gola non funzionava più, il microrganismo era diventato resistente, un fenomeno inevitabile quando il farmaco vine usato più del dovuto. E in Ghana negli ultimi tempi l’uso degli antibiotici si è effettivamente intensificato per far fronte all’aumento di infezioni dovuto proprio a condizioni climatiche sempre più favorevoli alla proliferazione dei batteri. Tutto torna, la storia di Padiki Nartey, che fortunatamente si è salvata ricorrendo alla combinazione di due antibiotici, è perfettamente in linea con l’ipotesi generale sul legame tra clima e resistenza agli antibiotici. Ma non racconta per intero tutte le responsabilità del clima. L’impatto del cambiamento climatico sulla resistenza microbica è più articolato. 

C’è una parte della ricerca che si sta dedicando proprio a questo, ossia a individuare quei fenomeni specifici che possono essere considerati la causa della comparsa o della maggiore diffusione dei super-batteri. Nature fornisce una sintesi di quanto scoperto finora. 

Più infezioni, più antibiotici, più resistenza

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2020 il numero di infezioni del sangue causate dai batteri Neisseria gonorrea, Escherichia coli e Salmonella resistenti agli antibiotici è aumentato di almeno il 15 per cento rispetto al 2017. Va ricordato che la resistenza compare quando gli antibiotici vengono usati male o vengono usati troppo. Perché tanto l’utilizzo scorretto quanto l’abuso dei farmaci consentono ai batteri di fare quello che l’evoluzione li obbliga a fare, ossia mutare modificando il Dna. Le mutazioni sono casuali, alcune di queste possono rendere i batteri impenetrabili alterando la parete cellulare e impedendo così l’ingresso dei farmaci, altre possono annientare l’efficacia dell’antibiotico scomponendolo in più parti, altre ancora consentono ai batteri di “sputare” il farmaco fuori dalle cellule. 

I batteri che possiedono queste mutazioni sopravvivono all’antibiotico e riproducendosi danno origine a ceppi resistenti e, inoltre, possono trasmettere i geni della resistenza ad altri batteri. 

Qual è il ruolo del cambiamento climatico in tutto questo? Come già detto il riscaldamento globale incide sull’uso di antibiotici, alimentando le infezioni. Quando le infezioni iniziano ad aumentare, aumenta l’uso di antibiotici, e aumenta così la probabilità che si sviluppi la resistenza.

I disastri dovuti a eventi meteorologici estremi come inondazioni, siccità, uragani e incendi possono, per esempio, ridurre l’accesso all’acqua pulita e aumentare così il rischio di infezioni, oppure  possono favorire la proliferazione di batteri resistenti, come  accaduto in Florida in seguito all’uragano Ian del settembre 2022. Secondo uno studio dell’Università del Maryland il violento ciclone aveva causato una concentrazione anomala di specie nocive di batteri Vibrio resistenti agli antibiotici nelle acque al largo della costa. I forti venti avevano infatti sollevato dai sedimenti marini sostanze di cui si nutrono i batteri.  

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