Uno studio dell’Università di Southampton svela il sistema di difesa Kiwa, una barriera molecolare che potrebbe rivoluzionare la lotta ai germi resistenti agli antibiotici
Tra microscopi ad altissima risoluzione e virus invisibili all’occhio umano, si combatte una delle battaglie decisive della medicina contemporanea: quella contro i batteri resistenti agli antibiotici. E proprio da un’antica figura della mitologia Maori, Kiwa, arriva l’ispirazione per una nuova strategia terapeutica. Il nome, evocativo e simbolico, è stato scelto per identificare un sofisticato sistema di difesa batterico studiato dal team di Franklin Nobrega, Associate Professor in Microbiologia presso l’Università di Southampton, e pubblicato sulla rivista Cell. Un lavoro che apre scenari inediti per la microbiologia del prossimo futuro.
Da circa un secolo gli antibiotici hanno rappresentato una delle conquiste più importanti, capaci di salvare milioni di vite umane. Ma oggi, la loro efficacia è minacciata da un fenomeno in crescita: la resistenza batterica. Alcuni ceppi hanno sviluppato una capacità di sopravvivenza tale da rendere inefficaci anche i trattamenti più avanzati. In questo contesto, i fagi – virus che attaccano esclusivamente i batteri e sono innocui per l’uomo – tornano al centro dell’attenzione come potenziali alleati.
Lo studio condotto da Nobrega e dal suo gruppo di ricerca presso il Microbial Interactions Lab dell’Università di Southampton si è focalizzato su uno dei meccanismi di difesa più comuni che i batteri utilizzano per proteggersi dai fagi: il sistema Kiwa. “In Māori, Kiwa è il guardiano divino dell’oceano e delle sue creature”, spiega Nobrega. “Nei batteri, Kiwa funge da guardiano molecolare, impedendo ai fagi di penetrare e replicarsi”.
Grazie a tecniche avanzate di microscopia elettronica, i ricercatori hanno scoperto che Kiwa è composto da due componenti principali: KwaA, un sensore transmembrana che rileva la presenza del fago, e KwaB, un effettore che si attiva per bloccare il DNA virale. Quando un fago si avvicina alla membrana batterica, KwaA lo intercetta e attiva KwaB, che forma una sorta di “armatura molecolare” attorno alla cellula, impedendo l’ingresso del materiale genetico del virus. Un meccanismo di difesa selettivo, che protegge la cellula senza distruggerla.
Ma la battaglia tra fagi e batteri è tutt’altro che conclusa. Alcuni fagi hanno sviluppato strategie evolutive per eludere Kiwa, lanciando falsi segnali molecolari – decoy – che ingannano il sistema di difesa. “È un po’ come il continuo gioco tra hacker e sistemi di sicurezza informatica”, osserva Nobrega. “I fagi evolvono per superare le barriere, ma i batteri rispondono con aggiornamenti molecolari sempre più sofisticati”.
Questa dinamica evolutiva, se compresa a fondo, potrebbe offrire alla medicina nuove armi contro le infezioni resistenti. Il team di Nobrega ha già identificato oltre 600 tipi di fagi potenzialmente utili per superare le difese batteriche, e ha avviato una raccolta pubblica di campioni di acqua contaminata – habitat ideale per questi virus – per ampliare la ricerca.
Il sistema Kiwa, inoltre, non agisce da solo. In combinazione con altri meccanismi, crea una barriera multilivello che rende difficile ai fagi penetrare. “Questa cooperazione tra sistemi di difesa batterici è simile a un firewall biologico”, spiega Nobrega. “Comprendere come funzionano e come i fagi riescono a bypassarli ci aiuterà a selezionare i virus più efficaci per la terapia”.
In un mondo dove l’antibiotico-resistenza potrebbe causare fino a dieci milioni di morti all’anno entro il 2050, secondo le stime dell’OMS, la ricerca sui fagi e sui sistemi come Kiwa rappresenta una speranza concreta. Non si tratta solo di biologia molecolare, ma di una nuova visione della medicina: una medicina che impara dalla natura, dalla mitologia e dall’evoluzione per costruire il futuro della cura. E in questo futuro, Kiwa potrebbe essere il guardiano che aspettavamo.





