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Farmaceutica, le aziende bocciano la revisione della legislazione europea

Farmindustria avverte: il vecchio continente rischia di perdere la scommessa della competitività a livello globale


La revisione della legislazione farmaceutica europea arriva in un momento cruciale per il settore, stretto tra la necessità di garantire accesso equo ai medicinali, la pressione delle carenze e la competizione sempre più serrata con Stati Uniti e Cina. La riforma, attesa da anni, punta a modernizzare un impianto normativo considerato ormai datato rispetto alla velocità dell’innovazione biomedica. Tuttavia, se da un lato le istituzioni europee parlano di passo storico, dall’altro le industrie del farmaco esprimono un certo scetticismo: senza un quadro realmente attrattivo, l’Europa rischia di perdere terreno nella ricerca e nello sviluppo di nuove terapie.

L’accordo politico e le prime reazioni

Parlamento Europeo e Consiglio hanno raggiunto un accordo politico sul nuovo quadro normativo che regolerà sviluppo, autorizzazione e accesso ai medicinali. L’Agenzia europea del farmaco ha definito il pacchetto una “pietra miliare storica” per il sistema regolatorio, sottolineando l’importanza di strumenti pensati per favorire l’innovazione, contrastare la resistenza antimicrobica e migliorare la gestione delle carenze.

Ma l’entusiasmo istituzionale non trova riscontro nell’industria. L’Efpia, la federazione che riunisce le associazioni nazionali delle aziende farmaceutiche europee, ha espresso una posizione netta: «C’è ancora molto da fare per mantenere competitiva l’industria farmaceutica europea», afferma l’organizzazione, secondo cui l’accordo «non è abbastanza forte da spostare l’ago della bilancia». Il nodo centrale è la competitività globale, soprattutto alla luce della crescita dei mercati orientali e della forza del settore statunitense.

Protezione dei dati e incentivi: un equilibrio che non convince

Il nuovo impianto prevede che i farmaci innovativi godano di otto anni di protezione dei dati normativi, periodo durante il quale le altre aziende non potranno accedere alle informazioni sul prodotto. A questo si aggiunge un ulteriore anno di protezione del mercato, che impedisce la commercializzazione di generici e biosimilari dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio.

Per l’Efpia, la scelta di mantenere lo status quo rappresenta sì un miglioramento rispetto alle prime proposte della Commissione, ma resta insufficiente per attrarre investimenti globali in ricerca e sviluppo. «La situazione è peggiore per le malattie rare», osserva la federazione, segnalando l’erosione dell’esclusiva di mercato da 10 a 9 anni, sebbene compensata da alcune misure favorevoli alle terapie innovative.

Il giudizio complessivo resta severo: «Si tratta di compromessi che appartengono a un’epoca politica passata e non faranno alcuna differenza per un settore che sta già perdendo terreno».

Procedure abbreviate, obblighi più stringenti: le altre novità del pacchetto

Oltre alla protezione dei dati, la riforma interviene su diversi aspetti operativi del sistema regolatorio:

Riduzione dei tempi di valutazione: il periodo per l’autorizzazione centrale passa da 210 a 180 giorni, con l’obiettivo di accelerare l’accesso ai nuovi farmaci.

Misure contro le carenze: vengono introdotti obblighi rafforzati per le aziende, tra cui piani di prevenzione, garanzia di fornitura continua e notifica anticipata delle possibili interruzioni.

Valutazioni ambientali più rigorose: un passaggio introdotto per monitorare l’impatto dei medicinali sull’ecosistema.

Prescrizioni obbligatorie per tutti gli antimicrobici e piani di stewardship per un uso prudente, in linea con la lotta alla resistenza antimicrobica.

Voucher per incentivare nuovi antibiotici, strumento pensato per stimolare un settore in cui l’innovazione è in forte rallentamento.

Farmindustria: “Una strategia che penalizza pazienti e innovazione”

Anche Farmindustria, per voce del presidente Marcello Cattani, critica la riforma e ne elenca i motivi in un’ottica costruttiva. “La pharma-strategy europea è un autogol, sia dal punto di vista dell’industria farmaceutica, sia per i pazienti, perché un contesto non attrattivo per l’innovazione non lo è nemmeno per qualità delle cure”. Questo il commento del numero uno di Farmindustria, riportato in un comunicato relativo all’intesa che si è profilata sulla riforma della legislazione farmaceutica europea frutto del compromesso tra Parlamento, Consiglio e Commissione UE.

“L’Unione Europea – ha scritto Cattani – ha scelto di infliggersi una riduzione rispetto agli attuali standard di proprietà intellettuale. Il limite massimo fissato per data e market protection (una base di 9 anni che possono arrivare a 11, ma solo a fronte di condizionalità che sono fattore di incertezza) è inferiore rispetto a quello degli USA (12,5 anni) che la Cina si è invece posta come obiettivo. Le conseguenze di questa mancata visione strategica rischiano di tradursi in una crescente dipendenza dagli stessi Stati Uniti e Cina”.

“La farmaceutica – continua Marcello Cattani – vanta una produttività tre volte superiore alla media dell’industria europea e rappresenta il primo comparto high tech per saldo estero. Merita molto di più delle misure che abbiamo visto, misure che ne riducono la competitività in un momento di concorrenza fortissima. In questo contesto desideriamo esprimere un sincero ringraziamento al Governo e al Presidente Giorgia Meloni, al Vicepresidente della Commissione, Raffaele Fitto, al Parlamento italiano e ai tanti componenti italiani del Parlamento europeo, che hanno profuso un grande impegno nel modificare il testo per renderlo più equilibrato rispetto al punto di partenza. L’Italia ha giocato in tutte le fasi della discussione una partita diversa, con coraggio e visione, schierandosi a sostegno dell’innovazione e dell’attrattività, identificandole fin da subito come basi per garantire l’accesso alle cure. Senza l’Italia e il suo impegno politico di leadership, il risultato sarebbe stato molto più penalizzante per la nostra Nazione e l’Europa”.

“Ci sono diversi dossier su cui è necessario cambiare rotta – conclude il Presidente Farmindustria – ma nell’attesa va segnalata ancora un’altra scelta negativa sul versante della Direttiva Acque Reflue, su cui la Commissione non ha introdotto nessun correttivo. Queste scelte politiche non riconoscono il valore della ricerca, delle competenze e dell’infrastruttura industriale. In un contesto globale caratterizzato da crisi permanenti e instabilità geopolitica, è urgente che l’Europa adotti una nuova visione di sicurezza, autonomia e protezione dei propri cittadini”.

Un equilibrio ancora da trovare

La riforma della farmaceutica in Europa, è il commento di Mondosanità, nasce con l’ambizione di modernizzare il sistema e garantire un accesso equo ai medicinali. Tuttavia, le osservazioni dei rappresentanti dell’industria del farmaco mettono in luce un rischio concreto: senza un quadro realmente competitivo, l’Europa potrebbe faticare a trattenere investimenti e capacità innovativa, proprio mentre la competizione globale si fa più intensa. Nell’anno 2026 molte di queste disposizioni entreranno in vigore: sarà il primo banco di prova per capire se il compromesso raggiunto riuscirà davvero a rafforzare il settore o se, come temono le aziende, questa riforma nasce zoppa e rappresenterà di fatto un freno all’intraprendenza europea nel campo della ricerca biomedica.

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