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Innovazione nella ricerca biomedica: un metodo rivoluzionario per veicolare le terapie

Una nuova strategia per ottimizzare l’efficacia terapeutica e superare le barriere biologiche

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Tampere, in Finlandia, ha sviluppato un sistema di screening che potrebbe contribuire a migliorare sensibilmente la somministrazione di farmaci diretti a tessuti difficili da raggiungere, come quelli tumorali o cerebrali. Lo studio, coordinato dal professor Tero Järvinen e pubblicato l’11 febbraio 2025 sulla rivista Life Science Alliance, introduce un metodo in grado di identificare molecole capaci di attraversare barriere biologiche e di veicolare con precisione principi attivi verso i loro bersagli.

La strategia si basa sulla combinazione di due tecnologie all’avanguardia: il phage display e la microdialisi. Il phage display – la cui scoperta ha portato al conferimento di un Premio Nobel al suo inventore – permette di valutare miliardi di peptidi in tempi relativamente brevi, isolando quelli che presentano caratteristiche desiderabili, come l’affinità per specifici recettori cellulari o la capacità di penetrare tessuti. La microdialisi, dal canto suo, consente di raccogliere e analizzare composti direttamente dai tessuti malati, agevolando la ricerca di candidati farmacologici in grado di esercitare un effetto localizzato.

L’elemento innovativo consiste nell’uso di un catetere per microdialisi capace di “catturare” i batteriofagi che espongono i peptidi più promettenti. Questa ulteriore selezione permette di isolare molecole non solo capaci di localizzarsi nel tessuto bersaglio, ma anche di attraversarlo, aumentando così l’efficacia terapeutica. Nella pratica, i peptidi risultano in grado di comportarsi in modo analogo a virus che penetrano le cellule, superando barriere come la barriera emato-encefalica o le alte pressioni intracorporee presenti in alcuni tumori.

La barriera emato-encefalica costituisce una difesa essenziale del cervello contro sostanze potenzialmente tossiche, ma spesso rappresenta un ostacolo per molti farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale. Sfide simili si riscontrano in presenza di tessuti tumorali, dove la pressione elevata e altri fattori fisici ostacolano la diffusione dei medicinali. Il nuovo metodo di screening mette in evidenza sequenze peptidiche capaci di aggirare tali limiti, consentendo di veicolare principi attivi con maggiore selettività e in concentrazioni più efficaci.

Questa tecnica di ricerca, secondo il professor Järvinen, potrebbe favorire la scoperta di terapie più mirate, impiegabili nel trattamento di malattie oncologiche o disturbi neurologici. Identificare composti in grado di accumularsi all’interno del tessuto malato, senza disperdersi in aree non interessate dalla patologia, costituisce infatti un passo cruciale per migliorare la tollerabilità dei farmaci e diminuire gli effetti collaterali.

I test iniziali condotti all’Università di Tampere hanno dimostrato che i peptidi selezionati agiscono come vettori, consentendo di trasportare i farmaci al di là delle membrane cellulari o di barriere fisiche, in modo simile a quello che fanno i virus naturali. Quest’aspetto apre prospettive per sviluppare trattamenti più efficaci contro patologie complesse, per le quali le terapie convenzionali spesso mostrano un’efficacia limitata.

Oltre a Tero Järvinen, il gruppo di ricerca coinvolge professionisti quali Toini Pemmari, Stuart Prince, Niklas Wiss, Ulrike May, Fernanda Munoz Caro e Soili Lehtonen, appartenenti alla Facoltà di Medicina e Tecnologia Sanitaria dell’Università di Tampere. Al progetto collaborano inoltre Hannele Uusitalo-Järvinen, primario presso il Tays Eye Hospital, e il team del professor Tambet Teesalu dell’Università di Tartu (Estonia).

Grazie a questo lavoro congiunto, i ricercatori stanno pianificando di testare il metodo su scala più ampia, in partenariato con aziende specializzate. L’obiettivo a breve termine è la creazione di una start-up biotecnologica per implementare la nuova tecnologia e valutare la reale fattibilità su pazienti e modelli di malattia più complessi.

Secondo Järvinen, la speranza è che questa innovazione possa risolvere problematiche rimaste finora irrisolte nella somministrazione farmacologica, in particolare nel cervello e nei tumori, dove anche piccole migliorie nei livelli di penetrazione possono tradursi in un sostanziale beneficio per i pazienti.

L’iniziativa dell’Università di Tampere segna un passo significativo nel campo della ricerca farmaceutica, in particolare per le terapie rivolte a malattie gravi e difficilmente trattabili. Se la validazione dei dati proseguirà in modo positivo, il nuovo metodo di screening e selezione dei peptidi potrebbe trasformare il modo in cui si progettano, testano e somministrano i farmaci.

La prospettiva di rendere i trattamenti più mirati e sicuri, incrementando la quantità di principio attivo che raggiunge la sede della patologia, apre a possibili miglioramenti negli esiti clinici. Tale approccio, se affiancato da strategie di medicina personalizzata, potrebbe contribuire a trattamenti più rapidi e meno invasivi, oltre a ridurre costi e tempi di sviluppo dei medicinali.

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