Con 518 decessi nel 2021, il paese affronta le conseguenze dell’esposizione all’amianto mentre l’UE segna un calo complessivo
Secondo i dati Eurostat del 2021, l’Unione Europea ha riportato 2.380 decessi causati dal mesotelioma, una neoplasia legata all’esposizione all’amianto. Questo tipo di cancro colpisce il mesotelio, un sottile strato di tessuto che riveste diversi organi interni. Questa malattia diventa sintomatica in modo progressivo e solitamente non viene rilevata fino a diversi decenni dopo l’esposizione a una sostanza cancerogena come l’amianto, una fibra tossica conosciuta anche come asbesto, ampiamente utilizzata in Italia e in molti altri paesi europei fino alla fine del secolo scorso. Tuttavia, già dagli anni ’70, è emersa la sua pericolosità, con un aumento dei casi di malattie polmonari croniche e tumori maligni come il mesotelioma. In Italia, è stato bandito nel 1992, ma le conseguenze dell’esposizione si manifestano ancora oggi, dato che il tempo di latenza della malattia può variare da 20 a 50 anni.
Il mesotelioma è una neoplasia rara e aggressiva che si sviluppa principalmente nella pleura, il rivestimento esterno dei polmoni, ma può colpire, anche se con meno frequenza, altre parti del corpo come il cuore. I sintomi tendono a manifestarsi solo in fase avanzata, spesso molti anni dopo l’esposizione. La diagnosi avviene generalmente in uno stadio avanzato, quando le opzioni terapeutiche sono limitate. Attualmente, i trattamenti includono chirurgia, chemioterapia e radioterapia.
Dal 2013, il numero di decessi per mesotelioma in Europa è in continua diminuzione, scendendo da 3.341 a 2.380 nel 2021, con una riduzione di 961 casi, come evidenziato dai dati Eurostat. A livello nazionale, l’Italia detiene il primato con 518 morti, seguita dalla Germania con 400 e dalla Francia con 329.
I paesi con il numero più basso di decessi per mesotelioma sono Cipro ed Estonia, con soli 2 casi ciascuno.
Il primato dell’Italia in questa triste classifica riflette l’impatto a lungo termine dell’uso di amianto. Nonostante il divieto in vigore da oltre trent’anni, gli effetti dell’esposizione continuano a farsi sentire.
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