Le aree endemiche potrebbero diventare tanto aride da impedire la proliferazione delle zanzare-vettori. Al contrario, i Paesi finora risparmiati dalla malaria potrebbero trasformarsi nell’habitat ideale degli insetti grazie al mix giusto di caldo e umidità. Il focus sul clima nel rapporto dell’Oms
La malaria non colpisce tutti nel mondo allo stesso modo, i posti caldi e umidi sono i più pericolosi. È il clima, quindi, a decidere chi corre i rischi maggiori e, da qualche tempo a questa parte, è il cambiamento climatico. Ci sono già le prove: nel 2022 dopo le intense piogge monsoniche che hanno causato catastrofiche inondazioni in Pakistan, il numero dei casi di malaria è stato di cinque volte superiore a quello degli anni precedenti. Secondo i dati di una recente analisi il cambiamento climatico dovuto alle attività umane ha aumentato le infezioni tra i bambini dell’Africa subsahariana e nel 2014 è stato direttamente responsabile di 84 casi su 100mila nella fascia di età 2-10 anni. Non stupisce quindi che un corposo capitolo del rapporto annuale sulla malaria (World malaria report 2023) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sia dedicato all’impatto del cambiamento climatico sulla diffusione della malattia infettiva causata dai parassiti del genere Plasmodium e trasmessa all’uomo da zanzare femmine infette.