In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare del 28 febbraio gli specialisti della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) hanno scelto di concentrarsi su un problema cruciale: la continuità delle cure negli adolescenti che attraversano la delicata fase di transizione all’età adulta. Questo passaggio, già complesso di per sé, diventa ancora più critico per chi soffre di malattie rare, casi clinici che richiedono un’attenzione particolare e una pianificazione accurata dei percorsi assistenziali.
Comprendere i risvolti sociali
Le malattie rare, come definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono condizioni che colpiscono meno di un caso ogni duemila nuovi nati. In Italia se ne stimano oltre 10mila, più di due milioni di persone tra adulti e minori. Queste patologie sono spesso di natura genetica, con manifestazioni in età pediatrica. Circa il 40% delle malattie rare ha una componente neurologica, coinvolgendo il sistema nervoso centrale e periferico. I bambini e gli adolescenti affetti da queste malattie affrontano anche problemi sociali, come l’isolamento e la difficoltà di integrazione.
Coinvolgere le famiglie
In questo contesto, il neuropsichiatra infantile si configura come una figura chiave nel percorso diagnostico, terapeutico e riabilitativo. Come sottolineato da Elisa Fazzi, presidente Sinpia, lo specialista ha il compito di valorizzare i sintomi, guidare il percorso diagnostico e terapeutico, e coinvolgere attivamente le famiglie nelle decisioni riguardanti la cura. Questo approccio centrato sul paziente è essenziale per migliorare la qualità della vita e il benessere generale dei giovani affetti da malattie rare.
La neuropsichiatria infantile è all’avanguardia in Italia nei percorsi di ricerca e sperimentazione di terapie innovative in alcune malattie rare con disabilità complesse: la sindrome di Angelman, Atrofia muscolare spinale (SMA), Atassia Teleangectasia, sindrome di Aicardi-Goutières , Terapia genica per il deficit di AADC (deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici), le leucodistrofie trattabili, tutte le epilessie rare e altro ancora. “Tuttavia, è bene che queste innovazioni siano accompagnate da un supporto adeguato e duraturo nel tempo”, afferma Fazzi.
Continuità delle cure
Il tema della continuità delle cure è cruciale, sia a livello nazionale che internazionale. Non si tratta solo di un passaggio da un servizio all’altro, ma di un processo complesso che deve essere strutturato, garantendo relazioni stabili e un flusso di informazioni continuo. Massimo Molteni, consigliere nazionale Sinpia, ha evidenziato che “una continuità di cura ben definita migliora le condizioni di salute generale dei pazienti, e porta anche a un utilizzo più appropriato delle risorse sanitarie, riducendo la necessità dei ricoveri”.
Questo concetto va oltre la semplice transizione tra servizi pediatrici e adulti, ponendo il paziente al centro del processo. “Abbiamo scelto di approfondire questo tema in un documento di indirizzo che mette in luce l’importanza di una pianificazione attenta e personalizzata”, afferma Molteni, che di quel documento è il coordinatore.
Le sfide della transizione
La fase di transizione dall’età evolutiva alla vita adulta è uno dei momenti critici per i giovani con malattie rare. Renato Borgatti, direttore della Struttura Complessa Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Fondazione Mondino IRCCS, mette in luce le difficoltà, le discontinuità che le famiglie affrontano in questo periodo. “Spesso ci sono differenze significative tra i servizi per l’infanzia e quelli per gli adulti, che possono portare a interruzioni nei percorsi assistenziali e compromettere i benefici ottenuti nei precedenti interventi terapeutici”.
Avvicendamento
Come affrontare il passaggio ai servizi per l’età adulta? Antonella Costantino, past president di SINPIA, sottolinea l’importanza di un lavoro programmatorio e di formazione tra i vari servizi coinvolti. “È necessario definire l’intensità di supporto necessaria, informare e preparare attivamente gli utenti e le loro famiglie, e monitorare attentamente il processo di transizione”. La scommessa è grande, l’impegno congiunto di sanitari, famiglie e istituzioni possono contribuire ad assicurare una rete socioassistenziale più equa e inclusiva.