I parti prematuri sono stati registrati in calo durante il lockdown. Finite le fasi più stringenti del lockdown necessario per fermarsi il diffondersi del virus SARS-COV-2 gli esperti hanno iniziato ad esaminare gli effetti della chiusura forzata in casa durata diversi mesi sulla popolazione.
Infatti, il lockdown ha avuto molti effetti negativi sia per la mente che per il corpo, oltre che per la socialità. Gli scienziati però non hanno riscontrato effetti negativi ma in alcuni casi si è avuto un beneficio.
E’ il caso del numero di parti prematuri diminuito drasticamente duranti i mesi del lockdown. E’ stato riscontrato che durante la primavera 2020, negli ospedali piegati dalla gestione della pandemia, le uniche terapie intensive che hanno registrato un numero inaspettato di posti vuoti sono state quelle neonatali.
Nelle settimane del lockdown europeo, i medici di diversi Paesi hanno notato un calo generalizzato dei neonati prematuri, quindi che avvengono prima della 37esima settimana di gestazione, inclusa una netta riduzione di quelli considerati più a rischi, perché venuti al mondo prima della 28esima settimana di gravidanza.
Parti prematuri: gli scienziati si interrogano
Quello che all’inizio era solamente un sospetto clinico si è poco a poco trasformato in una più robusta pista epidemiologica: si sta insomma cercando di capire quali fattori, durante il lockdown, abbiano contribuito ad allungare le gravidanze fino alla soglia di sicurezza.
Ancora non sono chiare le cause di questo fenomeno ma è anche vero che nonostante decenni di studi non si sa ancora tutto sulle meccaniche che portano alcune donne a dare la vita in maniera prematura rispetto al normale.
Anche il New York Times si è soffermato a lungo sul fenomeno, ma al momento si è solo nel campo delle ipotesi.