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Test sierologici, quando sono davvero efficaci

di Matteo Bassetti
Presidente SITA e Direttore UO Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico “San Martino” di Genova

Sul tema dei test sierologici o si da una raccomandazione generale o il risultato è che si finisce di fare cattiva informazione e confusione.

La sierologia ha un significato reale quando è interpretata da chi è esperto. Parto da questo presupposto per fare capire quanta confusione esiste oggi nella popolazione italiana rispetto alla necessità di fare o meno test sierologici prima oppure dopo aver fatto il vaccino per individuare la presenza di anticorpi al virus SARS CoV-2.

Ogni giorno sono numerosissime le domande che arrivano dai pazienti: “Dottore, dopo il vaccino ho fatto un test sierologico ma non è risultata una risposta immunitaria. Cosa significa, che il vaccino non mi proteggerà dalla malattia?”.
Non sono d’accordo sui test sierologici da eseguire dopo il vaccino per valutare se c’è stata una risposta immunitaria, è altamente inutile e soprattutto economicamente svantaggioso; ha senso invece nei confronti di una popolazione selezionata di pazienti, penso agli immunodepressi, ai trapiantati, per esempio.
Del resto stiamo facendo una campagna vaccinale di massa dove stiamo vaccinando milioni di persone, se introduciamo la sierologia introduciamo anche un elemento di disparità tra i vaccinati perché non tutti si possono permettere di fare la sierologia.
E poi il Sistema sanitario italiano può realmente offrire a tutti la sierologia dopo la prima e la seconda dose di vaccino? Stiamo parlando potenzialmente di 120 millioni di test sierologici.
Il governo è in grado di farle per tutti, e gratuitamente? Non credo.
Invece, valutare qual è il grado di anticorpi prima di fare la vaccinazione è utile sicuramente per sapere quanti anticorpi al virus SARS CoV-2 ha la persona, quando è venuta in contatto con il virus e soprattutto quante dosi di vaccino deve fare.
Su questo tema bisognerebbe che ci fosse un maggior rigore. O si da una raccomandazione generale o così com’è non ha senso. Il risultato è che si finisce di fare una cattiva pubblicità ai vaccini e una cattivissima informazione per tutti coloro che sono scettici nei confronti dei vaccini.
Sono convinto che la confusione che si è andata a creare in questi mesi sia legata al fatto che non è esistita una campagna informativa vaccinale.
Le persone dovevano essere bene informate rispetto ai vaccini e conseguentemente rispetto all’uso dei test sierologici. Un’efficace informazione non c’è stata, ma era necessaria e spiego perché.
Abbiamo una fascia di popolazione che oscilla tra il 10 e il 15% scettica al vaccino, il 4% è “No Vax” di cui l’85% si potrebbe recuperare parlando, comunicando, spiegando il ruolo preventivo della vaccinazione rispetto alle infezioni.
Su queste persone, invece, il Ministero della Salute non ha lavorato adeguatamente attraverso una campagna informativa efficace a partire dall’autunno 2020, con spot alla televisione e alla radio, spazi su giornali e sui social e sulle pagine web, per andare a parlare a quella parte di popolazione più scettica. Non averlo fatto è stato un gravissimo errore, perché vuol dire aver negato l’esistenza di un problema. E lo stesso vale in ambito della ricerca. I test sierologici potevano essere utili per effettuare ricerche epidemiologiche sulla pandemia Covid.
Ma arriviamo di nuovo tardi, perché fare oggi un lavoro sieroepidemiologico non perette di evidenziare chi ha fatto la malattia naturale e chi ha fatto il vaccino. È uno dei tanti errori commessi dal Ministero della Salute.

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