Diagnosi stabili, sopravvivenza sopra la media europea: sono i trend delineati dal rapporto Aiom intitolato I numeri del cancro in Italia. Le terapie più efficaci, la diagnosi tempestiva e una maggiore consapevolezza stanno contribuendo a ridurre la mortalità per molte neoplasie considerate per decenni tra le più letali. Ma dal Sud continuano i viaggi della speranza, persistono differenze territoriali profonde, soprattutto nel Mezzogiorno, dove la mobilità sanitaria continua a rappresentare una ferita aperta. Tutto questo emerge dalle proiezioni, frutto del lavoro congiunto di Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica), Associazione Italiana Registri Tumori, Fondazione Aiom, Osservatorio Nazionale Screening, Passi, Passi d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica. In dieci anni, dal 2014 al 2024, i decessi per tumore in Italia sono diminuiti del 9%, con cali particolarmente rilevanti per due “big killer”: il tumore del polmone, che registra un -24%, e il colon-retto, in calo del 13%. Un risultato che supera la media europea e che si traduce in una sopravvivenza a cinque anni più elevata nei carcinomi più frequenti: 86% per il tumore al seno (contro l’83% precedente), 64,2% per il colon-retto (rispetto al 59,8%) e 15,9% per il polmone (contro il 15%).
Le terapie sono più efficaci. Tuttavia, accanto ai progressi, permangono squilibri strutturali che dividono il Paese, soprattutto tra Nord e Sud. Le stime indicano che nel 2025 in Italia si registreranno circa 390.000 nuove diagnosi di tumore, un dato sostanzialmente stabile rispetto al 2024. Questa stabilità cela una tendenza positiva: un calo nelle diagnosi dei tumori maschili, trainato principalmente dalla diminuzione dei casi di cancro del polmone. Questa tendenza è confermata anche dalla Commissione Europea, che per la prima volta registra una contrazione dell’1,7% dei casi complessivi in Europa e del 2,6% in Italia. Il calo è attribuibile sia alla diminuzione della popolazione sia a un minor impatto del tabagismo tra gli uomini, che per decenni ha alimentato l’incidenza di carcinoma polmonare.
L’aspetto più rilevante riguarda la mortalità: negli ultimi dieci anni, i decessi per cancro sono diminuiti del 9%, con riduzioni significative per due delle neoplasie più aggressive e diffuse. Il tumore del polmone segna un -24%, mentre il colon-retto registra un -13%. Questi risultati superano la media europea e si riflettono in un aumento della sopravvivenza a cinque anni per i tumori più frequenti: 86% per il carcinoma mammario (rispetto all’83%), 64,2% per il colon-retto (contro il 59,8%) e 15,9% per il polmone (rispetto al 15%).
Un ruolo fondamentale è svolto dalla prevenzione secondaria. Tra il 2020 e il 2024, la partecipazione agli screening oncologici è cresciuta in modo consistente: la copertura della mammografia è salita dal 30% al 50%, quella del test del sangue occulto fecale dal 17% al 33%, mentre lo screening cervicale è aumentato dal 23% al 51%. Particolarmente evidente il recupero nel Mezzogiorno, dove le adesioni sono triplicate: la mammografia è passata dal 12% al 34%, il test del sangue occulto dal 5% al 18%, e lo screening cervicale dal 12% al 37%. Un segnale positivo, soprattutto dopo gli anni critici della pandemia, che aveva rallentato i programmi di prevenzione.
Il Sud resta però la zona più fragile del sistema oncologico italiano. La mobilità sanitaria, in particolare per interventi di tumore alla mammella, resta elevata: nel 2023, su 66.351 interventi, 5.223 sono stati eseguiti fuori regione di residenza. A livello nazionale, la mobilità per la chirurgia mammaria si attesta all’8%, ma le differenze territoriali sono marcate: dal 5% del Nord al 15% del Sud. In alcune regioni meridionali, come Calabria, Basilicata e Molise, gli indici di fuga raggiungono livelli tre volte superiori alla media nazionale.
Questa situazione preoccupa profondamente gli oncologi. “Grazie ai progressi terapeutici, che introducono nuove indicazioni e sequenze di trattamento, e al prolungamento dei tempi di cura, il carico di lavoro delle strutture sanitarie aumenta notevolmente, superando le capacità di personale e risorse disponibili,” osserva Massimo Di Maio, presidente AIOM. “I segnali di criticità per medici e infermieri sono continui e minacciano la sostenibilità del sistema pubblico, che resta una risorsa fondamentale del Paese e merita ogni tutela. Per questo, è essenziale investire nella prevenzione, per ridurre il numero di malati e favorire diagnosi più precoci.”
Accanto alle criticità organizzative, il rapporto evidenzia anche le fragilità legate agli stili di vita. In Italia, il 24% degli adulti fuma, il 33% è in sovrappeso, il 10% è obeso, il 58% consuma alcol e il 27% è sedentario. Fattori di rischio che pesano sull’incidenza dei tumori e che richiedono politiche di prevenzione primaria più efficaci e capillari.
Nella prefazione del volume, il ministro Orazio Schillaci scrive che “le disuguaglianze sociali nell’accesso alla diagnosi precoce e i comportamenti a rischio rappresentino sfide urgenti, che richiedono azioni decise e coordinate.” Ricorda inoltre che il Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 costituisce “una risposta concreta a queste sfide: dall’integrazione dei percorsi assistenziali al potenziamento della prevenzione, fino allo sviluppo della ricerca.” Tra le novità, l’ampliamento delle fasce di età per gli screening mammografici e colonrettali, e il sostegno alla Rete italiana per lo screening del tumore del polmone, con l’obiettivo di inserirlo quanto prima tra i programmi gratuiti del Servizio Sanitario Nazionale. “Con l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza,” aggiunge il ministro, “sarà introdotto un programma di sorveglianza attiva per i tumori ereditari della mammella e dell’ovaio.”
Il quadro complessivo mostra un’Italia che avanza, ma che deve ancora affrontare sfide importanti. La riduzione dei decessi e l’aumento della sopravvivenza sono risultati di grande valore, frutto di investimenti nella ricerca, nelle terapie e nella prevenzione. Tuttavia, senza un rafforzamento strutturale dei servizi nel Mezzogiorno e senza un cambiamento sostenibile negli stili di vita, il rischio è di un Paese a due velocità, in cui la possibilità di curarsi bene dipende ancora troppo dal luogo di residenza. Il rapporto 2025 ci invita a mantenere alta la guardia: i progressi ci sono, ma si rende necessario un impegno costante, equo e lungimirante.
Nel 2022, in Italia, si sono stimati 192.000 decessi per cancro, con un tasso di mortalità di 256 morti per 100.000 abitanti, inferiore del 3,1% alla media UE. Un dato che si traduce in circa 6.800 decessi in meno rispetto a quanto previsto sulla base dei valori dell’Unione Europea. Per quanto riguarda le nuove diagnosi, il 2024 ha registrato circa 390.100 casi, un numero stabile rispetto agli anni precedenti, e anche il 2025 appare destinato a confermare questa tendenza, secondo gli epidemiologi.
“Nel 2025 non ci saranno variazioni sostanziali rispetto all’anno passato,” commenta Diego Serraino, epidemiologo di Alleanza Contro il Cancro. “Tuttavia, nei prossimi anni potremmo assistere a una stabilizzazione o a una lieve diminuzione del numero assoluto di diagnosi.” Questa tendenza si basa sulla riduzione demografica e sulla diminuzione dei casi tra gli uomini. Il tumore del polmone ne è un esempio emblematico: tra il 2003 e il 2017, le diagnosi maschili sono diminuite del 16,7%, mentre quelle femminili sono aumentate dell’84,3%, riflettendo l’evoluzione dei comportamenti tabagici nelle diverse generazioni.
Il fumo rimane uno dei principali fattori di rischio. In Italia, il 28% degli uomini e il 20% delle donne fuma, con una forte correlazione con lo stato socioeconomico: il 36% tra chi vive in condizioni economiche difficili contro il 21% di chi sta meglio. A questo si aggiunge il peso dell’eccesso ponderale, che riguarda il 43% degli adulti. “Dal 2008,” spiega Rossana Berardi, presidente eletto AIOM, “si osserva un aumento dell’obesità a livello nazionale, con un incremento più marcato nel Nord e una riduzione nel Meridione negli ultimi anni. Tuttavia, il divario geografico resta sfavorevole al Sud, dove in regioni come Campania, Puglia e Molise, metà della popolazione adulta è in sovrappeso.”
Un dato positivo riguarda invece la sedentarietà: dopo oltre un decennio in crescita, si è registrata una diminuzione, dal 32% del 2020 al 27% del 2024. “Un miglioramento dello stile di vita,” sottolinea la professoressa Berardi, “potrebbe ridurre le diagnosi di tumore e le recidive, potenziando l’efficacia delle terapie. Agire sui fattori di rischio come peso e sedentarietà rappresenta una strategia concreta di prevenzione e cura del cancro, in linea con l’approccio One Health.”
Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, il quinquennio 2020-2024 ha evidenziato un recupero importante, anche nel Mezzogiorno. Nel 2024, sono state invitate agli screening 16.218.860 persone e 6.481.002 hanno effettuato i test. La mammografia ha raggiunto il target del 50%, con forti differenze territoriali: 62% al Nord, 51% al Centro e 34% al Sud. Lo screening colorettale si ferma al 33%, ancora lontano dall’obiettivo del 50%, con il Nord vicino al 46% e Centro e Sud molto distanti (rispettivamente 32% e 18%). Lo screening cervicale ha una copertura nazionale del 51%, con variazioni dal 62% al Nord al 37% al Sud. Nonostante il divario, le regioni meridionali mostrano miglioramenti significativi rispetto al 2020.
Tuttavia, persistono criticità legate all’equità e alla sostenibilità del sistema. “Confidiamo nelle capacità delle Istituzioni di programmare in modo tempestivo,” afferma Francesco Perrone, presidente della Fondazione AIOM, “perché dietro ai livelli di assistenza ci sono i bisogni reali dei pazienti. L’ottimismo non deve farci perdere di vista i problemi.” In particolare, si evidenzia l’impatto economico del cancro sulle famiglie, ancora troppo elevato: “La cosiddetta tossicità finanziaria,” spiega Perrone, “è una realtà che va affrontata, tutelando il diritto alla salute e riducendo le disuguaglianze. È fondamentale anche potenziare le cure palliative, per evitare che il fine vita diventi un momento di abbandono.”
Il presidente della Fondazione AIOM si sofferma anche sul dibattito legislativo in corso: “La nostra società scientifica ha più volte sottolineato l’importanza che il disegno di legge sulla morte medicalmente assistita non escluda il Servizio Sanitario Nazionale, l’unico in grado di garantire percorsi integrati, comprese cure palliative e supporto psicologico. È fondamentale rispettare la dignità e i diritti dei pazienti oncologici, evitando decisioni unilaterali e condividendo le scelte in un’alleanza terapeutica.”
Tra le criticità più evidenti, rimane la mobilità sanitaria per la chirurgia del tumore alla mammella. Nel 2023, sono stati eseguiti 66.351 interventi, di cui 5.223 fuori regione. La mobilità nazionale si mantiene stabile all’8%, ma nel Sud presenta valori tripli rispetto al Centro-Nord. “L’analisi degli indici di fuga,” spiega Massimo Di Maio, presidente AIOM, “mostra come, al Sud, la mobilità passiva sia tre volte più elevata. Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Lazio presentano i livelli più bassi, rispettivamente intorno all’1,5%, 2,5% e 4%. Al contrario, Calabria, Basilicata e Molise superano quasi il 50% di interventi fuori Regione.”
In conclusione, il rapporto 2025 conferma un’Italia che progredisce. I miglioramenti in termini di sopravvivenza, nella prevenzione e nella riduzione della mortalità sono risultati significativi, ma sono ancora contraddistinti da disuguaglianze territoriali, fragilità socioeconomiche e carenze strutturali. Occorrerà tradurre questi successi in un modello di assistenza equo e omogeneo, garantendo a tutti le stesse opportunità di diagnosi, cura e qualità di vita.





