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Malattie tropicali: l’Italia sempre più esposta al rischio contagi da zanzare infette

Cresce la diffusione di infezioni virali trasmesse dalle zanzare. Un tempo considerate esclusivamente legate ai viaggi in luoghi esotici, oggi queste patologie si affacciano anche sul territorio nazionale, complici il cambiamento climatico, la globalizzazione e l’adattamento delle zanzare a nuovi ambienti urbani e rurali.

Le protagoniste di questa emergenza silenziosa sono due specie ben note: la zanzara comune, Culex pipiens, e la zanzara tigre, Aedes albopictus. Quest’ultima, originaria del Sud-Est asiatico, è ormai stabilmente insediata in Italia da oltre vent’anni. Attiva anche durante il giorno, la zanzara tigre è in grado di trasmettere virus come dengue, chikungunya, Zika e febbre gialla. La zanzara comune, invece, è il principale vettore del West Nile Virus, una malattia che può causare gravi complicanze neurologiche.

Secondo dati dell’Istituto Superiore di Sanità, il numero di casi autoctoni – cioè contratti direttamente in Italia – è in costante aumento. Nel 2024, sono stati segnalati centinaia di casi di infezione da West Nile Virus, con svariati decessi. La dengue, un tempo associata esclusivamente ai viaggi in zone tropicali, ha fatto registrare focolai in Lombardia, Veneto e Lazio. Anche la chikungunya, già protagonista di un’epidemia nel 2007, continua a rappresentare un rischio concreto, soprattutto nelle regioni del Centro-Sud.

Il cambiamento climatico gioca un ruolo cruciale in questa evoluzione. Le estati più lunghe e calde, unite a inverni sempre più miti, favoriscono la sopravvivenza e la riproduzione delle zanzare. Inoltre, la crescente urbanizzazione e la presenza di microambienti umidi – come sottovasi, tombini e giardini – offrono habitat ideali per la proliferazione degli insetti vettori.

Le autorità sanitarie hanno attivato piani di sorveglianza entomologica e virologica, con monitoraggi regolari delle popolazioni di zanzare e dei casi sospetti. Tuttavia, gli esperti sottolineano che la prevenzione deve coinvolgere tutti responsabilmente. Eliminare i ristagni d’acqua, utilizzare repellenti, installare zanzariere e segnalare eventuali sintomi dopo viaggi in zone a rischio sono comportamenti fondamentali per contenere la diffusione delle malattie.

Sul fronte scientifico, si stanno sperimentando soluzioni innovative. Tra queste, il metodo Wolbachia, già applicato con successo in aree verdi infestate, prevede il rilascio di zanzare infettate da un batterio naturale che ne riduce la capacità di trasmettere virus. I risultati ottenuti in Indonesia, Brasile e Colombia sono incoraggianti, con riduzioni significative dei casi di dengue e dei ricoveri ospedalieri.

In un contesto globale sempre più interconnesso, l’Italia non può considerarsi immune dalle malattie tropicali. La sfida è duplice: da un lato occorre rafforzare la sorveglianza e la risposta sanitaria; d’altro canto si rende necessario promuovere una cultura della prevenzione che coinvolga attivamente la popolazione. Solo così sarà possibile contenere una minaccia che, da silenziosa, rischia di diventare strutturale.

West Nile: salgono i casi e si espande il virus nelle aree del Nord
West Nile, il virus trasmesso principalmente dalle zanzare comuni del genere Culex, continua a circolare in Italia con un’intensità crescente, confermando la sua presenza endemica in diverse regioni. L’infezione, che può manifestarsi in forma asintomatica o con sintomi lievi come febbre e malessere generale, può evolvere in casi più gravi, con complicanze neuro-invasive che colpiscono il sistema nervoso centrale. Queste forme severe, seppur meno frequenti, rappresentano la principale preoccupazione per la sanità pubblica, soprattutto nei soggetti anziani o immunocompromessi.

Secondo il sesto bollettino della sorveglianza pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), i casi confermati di infezione da virus West Nile in Italia sono saliti da 275 a 351. I decessi registrati sono 22, con un indice di letalità pari al 13,9%, calcolato sulle forme neuro-invasive finora segnalate e confermate. Un dato che, pur preoccupante, è in linea con le stagioni precedenti: nel 2018 la letalità era del 20%, mentre nel 2024 si attestava al 14%.

Tra i 351 casi confermati, ben 158 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva, la più grave. Il Lazio è la regione più colpita con 59 casi, seguito dalla Campania con 54. Il resto è distribuito tra Veneto (10), Emilia-Romagna e Lombardia (8 ciascuna), Piemonte (6), Calabria e Sardegna (5), Basilicata (2) e Friuli-Venezia Giulia (1). Oltre ai casi gravi, sono stati identificati 27 casi asintomatici in donatori di sangue, 162 casi di febbre, 2 casi asintomatici e 2 sintomatici non classificati come neuro-invasivi.

I decessi si concentrano soprattutto nel Centro-Sud: 10 nel Lazio, 9 in Campania, 1 in Piemonte, 1 in Lombardia e 1 in Calabria. La distribuzione geografica evidenzia una diffusione del virus che non si limita più alle sole regioni settentrionali, ma coinvolge anche il Centro e il Sud Italia.

Le province in cui è dimostrata la circolazione del virus sono salite da 52 a 53, coinvolgendo 14 regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Rispetto al bollettino precedente, l’ISS segnala che non è stata confermata la positività in Liguria.

La sorveglianza epidemiologica resta fondamentale per monitorare l’evoluzione del virus e prevenire le complicanze più gravi. L’attenzione è alta, soprattutto nei mesi estivi, quando la proliferazione delle zanzare aumenta il rischio di trasmissione. La prevenzione passa anche da comportamenti individuali: evitare ristagni d’acqua, proteggersi dalle punture e segnalare tempestivamente sintomi sospetti. In attesa di terapie specifiche o di un vaccino efficace, la vigilanza resta l’arma più importante per contenere l’impatto del West Nile virus sulla salute pubblica.

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