Ha destato stupore e indignazione la decisione della Corte Suprema Usa che ha portato al divieto dell’interruzione di gravidanza in ben 7 Stati e altri preannunciano di farlo, ma che dire se in Italia, a casa nostra, le donne vengono discriminate perché per partecipare a un concorso pubblico devono presentare un test negativo di gravidanza.
La macchina del tempo ci ha proiettati improvvisamente in un’epoca dove, a quanto pare, i diritti delle donne acquisiti nell’arco di quasi un secolo vengono cancellati con un colpo di spazzola. Per ribadire eguaglianza di diritti, e perché no anche di doveri, tra donne e uomini dovremmo sempre segnalare ogni tipo di discriminazione. E un test di gravidanza per accedere ad un concorso pubblico è una discriminazione.
Tira davvero una brutta aria ultimamente per le lavoratrici italiane in età fertile. Prima le dichiarazioni della stilista Elisabetta Franchi, quella che assume solo donne dopo gli anta perché hanno già fatto figli, poi per le aspiranti vigilesse che, per partecipare a un concorso, devono dimostrare di non essere in dolce attesa con un test negativo di gravidanza.
Il fatto, ma probabilmente solo uno di tanti, accade in Piemonte dove a Vigone e Torre Pellice, paesi di cinquemila abitanti, nell’elenco dei requisiti richiesti per diventare dirigente dei vigili, figurava infatti un certificato di idoneità sportiva e un test di gravidanza negativo eseguito cinque giorni prima.
Evidentemente pensano che fare il vigile richieda una prestanza fisica che le donne in gravidanza sono ben lungi dall’avere. Scopriamo poi che questo mal costume, di chiedere un test di gravidanza negativo, è in essere anche per accedere in Aeronautica Militare e all’Accademia Navale.
La giustificazione è presto data: si voleva tutelare la salute delle donne e dell’eventuale nascituro perché le prove fisiche, per fare il vigile urbano, potevano essere stressanti. Delle due l’una: o pensano che le donne incinta abbiano tendenze suicida o che le donne siano così stolte da non accorgersi di essere incinte prima di sottoporsi a prove “stressanti”.
Così anche Women for Oncology Italy, che capite bene di problemi ne affronta quotidianamente di ben più seri, si è dovuta occupare della faccenda e ribadire, per voce della Presidente Rossana Berardi che non si può fare! Non si può discriminare escludendo da concorsi pubblici donne in gravidanza.
Non a caso lo scorso 2021 il Consiglio di Stato è intervenuto sul tema, sottolineando l’illegittimità dell’esclusione di una candidata in gravidanza dal concorso per allievi finanzieri …. E la notizia è che meno di un anno fa il fattaccio si ripeteva!
“Dubitiamo, dunque, che sia legittimo pretendere a priori che un’aspirante vigilessa non sia incinta e lo dimostri, test alla mano. Richiedere un certificato di non gravidanza è una grave forma di discriminazione contro le donne nel mercato del lavoro”, aggiunge la Professoressa Berardi. “È ancora più invasiva della privacy della classica domanda circa i progetti di maternità”.
Allora lo ribadiamo per i disattenti: una donna in gravidanza non è malata ma è solo parzialmente occupata a mettere al mondo un figlio che, del resto, se non lo mette al mondo lei, la donna, non può farlo nessun altro. E quando il Signore dice andate e procreate non ci invitata a procreare stupidaggini come queste!