L’emicrania non è un semplice mal di testa, ma una condizione di sofferenza ricorrente che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Questa patologia è la prima causa di invalidità tra le donne giovani e comporta enormi costi, anche in termini di perdita di produttività.
Negli ultimi anni la scienza ha fatto passi da gigante nella comprensione e nel trattamento dell’emicrania. Le terapie più sofisticate, come gli anticorpi monoclonali, hanno dimostrato una notevole efficacia nel ridurre la frequenza e l’intensità degli attacchi emicranici. Queste molecole sono il frutto di anni di ricerca e rappresentano una rivoluzione nel trattamento.

Durante l’evento “EMpatia, EMpowerment, EMicrania – Vivere la Vita”, promosso da Organon Italia a Roma (foto sopra), si è discusso dell’importanza di compiere, per così dire, l’ultimo miglio per il riconoscimento dell’emicrania, da malattia sociale a malattia cronica. Questo cambio di paradigma è cruciale per garantire il supporto e le risorse di cui c’è tanto bisogno.
L’emicrania, spiega Marina de Tommaso, presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (nella videointervista qui sopra) è spesso confusa con un semplice mal di testa, ma in realtà è molto di più. È caratterizzata da un dolore intenso e pulsante che può durare ore o addirittura giorni, accompagnato da sintomi come nausea, vomito e una sensibilità amplificata a luce, suoni e odori. Questa sovrapposizione tra mal di testa ed emicrania è fuorviante e spesso porta a diagnosi tardive o errate. Oggi l’emicrania si può affrontare con farmaci efficaci che la curano e aiutano a prevenire la cronicizzazione.
Cristina Tassorelli, Direttore dell’Headache Science Centre dell’IRCCS Mondino e Past President dell’International Headache Society, sottolinea l’importanza di portare alla luce il vissuto delle persone che soffrono. Uno studio europeo condotto in dieci Paesi ha rivelato che il 40% dei pazienti ha dovuto aspettare oltre cinque anni per ricevere una prescrizione adeguata dopo la diagnosi. Questo ritardo non solo compromette la qualità della vita dei pazienti, ma aumenta anche il rischio di sviluppare ansia e depressione.

Il trattamento dell’emicrania deve essere adeguato alla forma e alla severità della malattia. Piero Barbanti, Direttore dell’Unità per la Cura e la Ricerca su Cefalee e Dolore dell’IRCCS S. Raffaele di Roma, oltre a ricoprire il ruolo di Professore associato di Neurologia presso l’Università San Raffaele di Roma e Presidente dell’Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee (AIC), sottolinea l’importanza di un approccio terapeutico diversificato.
“L’armamentario terapeutico prevede farmaci per la terapia acuta, come antiinfiammatori, triptani e gepanti, che hanno lo scopo di alleviare i sintomi durante un attacco emicranico”, afferma Barbanti. Inoltre, esiste una terapia di profilassi mirata a prevenire o ridurre la severità degli attacchi, che comprende anticonvulsivanti, betabloccanti, calcioantagonisti, antidepressivi e tossina botulinica. Barbanti evidenzia in particolare gli anticorpi monoclonali anti-CGRP, che si sono dimostrati altamente efficaci. “Questi nuovi farmaci specifici e selettivi hanno dato ottimi risultati nel ridurre significativamente i sintomi e gli attacchi emicranici già dalle prime somministrazioni, con eccellente tollerabilità”, spiega. Questi trattamenti offrono la possibilità di riprendere il controllo della propria vita. Tuttavia, nonostante i progressi, gli anticorpi monoclonali anti-CGRP non sono ancora utilizzati a sufficienza come prima scelta terapeutica, contrariamente a quanto raccomandato dalle linee guida europee.
Le terapie basate su anticorpi monoclonali rappresentano una svolta nella gestione dell’emicrania. Questi farmaci agiscono bloccando i percorsi biologici che scatenano gli attacchi emicranici. Gli studi clinici hanno dimostrato che i pazienti trattati con questi nuovi farmaci riportano una significativa riduzione della frequenza degli attacchi, migliorando così la qualità della vita. Questo non solo consente a chi soffre di emicrania di tornare a una vita normale, ma riduce anche il carico sul sistema sanitario.
L’impatto economico della malattia è significativo, considerando anche i costi indiretti: calo di produttività e giornate di lavoro perse. Le donne, in particolare, si trovano ad affrontare una doppia sfida: quella di gestire i sintomi debilitanti e quella di mantenere un equilibrio tra vita professionale e personale. Questo porta a una condizione di stress, che a sua volta può aggravare il senso di frustrazione.
Organon Italia, grazie al suo impegno a 360°, è recentemente entrata a far parte del network delle aziende “Migraine Friendly Workplace”, promosso dall’European Migraine Headache Alliance (EMHA). Questa iniziativa mira a creare ambienti lavorativi che comprendano e supportino i dipendenti che soffrono di emicrania, incoraggiando una maggiore consapevolezza e comprensione della patologia.
Flavia Binetti, Organon Italia, ha sottolineato l’impegno quotidiano dell’azienda nel promuovere la salute delle donne, con un focus particolare sulle patologie che colpiscono in misura preponderante il genere femminile. In particolare, ha evidenziato come l’emicrania sia diventata una delle priorità strategiche per l’azienda. “Oltre a offrire cura e prevenzione desideriamo presentarci come partner di riferimento per supportare medici e pazienti nella costruzione di un’alleanza terapeutica fondata sul dialogo”, ha dichiarato.
Elena Ruiz de la Torre, Executive Director della European Migraine Headache Alliance, ha messo in evidenza il fatto che i pazienti lamentano spesso incomprensioni, in particolare da parte di colleghi e datori di lavoro. Ha poi sottolineato l’importanza di aziende come Organon, che si mostrano sensibili nei confronti dei dipendenti affetti da emicrania, contribuendo a creare un ambiente più inclusivo.