Oggi è un giorno importante per il governo della Salute: nell’ultimo Consiglio dei ministri che precede la breve parentesi estiva sarà esaminato il Disegno di legge delega per la riforma delle professioni sanitarie voluto dal ministro della Salute, Orazio Schillaci. Si tratta del «Disegno di legge recante la delega al Governo in materia di professioni sanitarie e disposizioni relative alla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie».
L’obiettivo principale della norma è fermare la fuga del personale dagli ospedali pubblici. La carenza di personale è un nervo scoperto della Sanità italiana che si sente soprattutto nelle prime linee e nelle aree di assistenza critiche gravate da carichi di lavoro altissimi, turni massacranti, poche gratificazioni stipendiali, da un elevato rischio aggressioni e anche da un rischio costante di contenzioso medico legale come accade nelle prime linee, nei pronto soccorso e nelle aree assistenziali chirurgiche. Decine e talvolta di borse di specializzazione ogni anno in queste altre branche specialistiche non vengono per questo assegnate e i concorsi per i reclutamenti vanno deserti con pochi partecipanti, pochissimi vincitori che con il maccanismo delle equipollenze abbandonano appena possono unità operative salvavita come appunto quelle dell’emergenza e pronto soccorso. Un primo passo per venire a capo di questo nodo irrisolto è la depenalizzazione dell’atto medico che vige in Europa solo in Italia e in Polonia.
I PUNTI CHIAVE
Ma quali sono i punti chiave della riforma? Si parte dallo scudo penale, ossia il venir meno della punibilità per decesso del paziente o lesioni in ambito sanitario che saranno limitati ai soli casi di colpa grave (articolo 7).
Cade inoltre la responsabilità civile: se il medico segue le buone pratiche e le linee guida, non ci sarà questo aspetto che fa lievitare su cifre a nove zeri le assicurazioni delle aziende e quelle personale in ambito contrattuale ed extra contrattuale. Tra i punti qualificanti della a nuova legge anche le condizioni di lavoro: si terrà conto della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, nonché delle eventuali carenze organizzative per proporre soluzioni di welfare aziendale e investimenti per il miglioramento di questo aspetto. C’è poi il capitolo incentivi: saranno previsti per chi opera in particolari condizioni di lavoro logoranti come appunto i pronto soccorso o presta servizio in aree disagiate. Infine intelligenza artificiale: si costruirà un sistema di governance per favorire l’utilizzo dell’IA. Una riforma che compie un passo storico verso il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori sanitari per fermare la fuga dei medici dagli ospedali pubblici.
LO SCUDO PENALE
Lo scudo penale per arginare la fuga del personale dalle prime linee verso le retrovie degli ospedali pubblici o verso il privato (la maggior parte delle cause intentate circa il 99% si risolve in un nulla di fatto dopo anni di carta bollata, sarà una misura strutturale. Un principio già in vigore ma in forma provvisoria. Secondo le intenzione dell’esecutivo di Palazzo Chigi la riforma consentirà di tirare il freno all’arttuale eccesso di denunce contro i camici bianchi ma anche di arginare il ricorso alla medicina difensiva, ossia la tendenza dei medici a trincerarsi in una infinità di esami diagnostici spesso inutili come trincea per parare i colpi della carta bollata arrivando perfino a non fare nulla, sul piano medico o chirurgico, che possa esporre il suo operato al rischio di essere trascinato in Tribunale con l’effetto di un doppio danno: al paziente, che viene curato peggio, e alle Casse pubbliche, su cui grava un’emorragia annua di circa 10/13 miliardi che potrebbero essere dirottati a finanziare il Servizio sanitario nazionale. I dati da cui parte l’istruttoria della legge sono inequivocabili: ogni anno vengono presentate nelle caserme di Polizia e Carabinieri circa 20.000 denunce penali nei confronti dei medici ma solo una minima parte di esse approda a una condanna. Fascicoli che oltre a ingolfare il lavoro delle Procure grava come detto sul lavoro delle aziende sanitarie e dei singoli professionisti senza contare il risvolto delle cause civili per la richiesta di risarcimento danni.
LA RESPONSABILITA’ CIVILE
La svolta su questo fronte arriva all’articolo 8, comma 3-bis che dispone che «La responsabilità civile della struttura sanitaria, pubblica o privata, e dell’esercente la professione sanitaria è esclusa se la prestazione sanitaria è stata eseguita in conformità alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi dell’articolo 5, comma 3, o alle buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le predette raccomandazioni o buone pratiche risultino adeguate alle specificità del caso concreto». La questione delle linee guida, pure da anni dibattuta e discussa dagli addetti ai lavori – laddove anche alcune sentenze di Cassazione riconoscono che deviare da questa linea serve talvolta a salvare la vita al paziente – restano tuttavia il faro da seguire per non incorrere nelle conseguenze legali di un evento avverso. In sintesi: se si dimostra che l’operato del medico è stato svolto in linea con quanto previsto dalle buone pratiche e dalle linee guida, non ci potrà essere responsabilità civile. Non solo. Si legge nel comma 3-ter dell’articolo 8: «Si tiene conto anche della scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, nonché delle eventuali carenze organizzative, quando la scarsità e le carenze non sono evitabili da parte dell’esercente l’attività sanitaria. Una norma che rende attuale la principale lamentela di alcuni dirigenti medici che si sono trovati in difficoltà per causa di forza maggiore indipendente dal loro operato a prescindere dalla diligenza e perizia prestati ma generati invece da carenze e limiti organizzativi, strutturali, strumentali e di personale e a prescindere dalle conoscenze scientifiche relative al caso clinico, alla patologia o alla terapia e condizionate dalla concreta disponibilità di terapie adeguate, dalla complessità della patologia o della concreta difficoltà dell’attività sanitaria, dello specifico ruolo svolto in caso di cooperazione multidisciplinare, nonché della presenza di situazioni di urgenza o emergenza». Dunque: se ad esempio il medico si trova a curare il paziente in un ospedale in cui manca il personale e i macchinari sono obsoleti, non può essere chiamato a rispondere civilmente di un eventuale errore. Si tratta come detto di una legge delega e pertanto si completerà con i decreti attuativi: l’articolo 1 delega il Governo ad adottare entro il 31 dicembre 2026, uno o più decreti legislativi» in materia di professioni sanitarie per incrementare il numero di medici e infermieri, valorizzare la professionalità, le competenze e la formazione specialistica.
LA FLESSIBILITA’
Il testo punta anche sulla riforma della Scuola di specializzazione per i medici di Medicina generale. Per colmare le lacune negli organici, specialmente in alcuni reparti, l’articolo 3 prevede il «ricorso a forme di lavoro flessibile per l’impiego degli specializzandi nel Servizio sanitario nazionale». Dunque, sarà chiesto aiuto anche a giovani medici, già laureati, ma ancora impegnati nei corsi di specializzazione come già accade da anni dal decreto Calabria in poi.
Saranno previsti incentivi per chi «opera in particolari condizioni di lavoro o che presta servizio in aree disagiate». Un esempio per tutti: bisogna convincere i giovani medici a scegliere di lavorare in pronto soccorso, prevedendo migliori stipendi e possibilità di carriera. All’articolo 4, si parla anche di Intelligenza artificiale, per costruire un sistema di governance che ne favorisca l’utilizzo.
I PROVVEDIMENTI ATUATIVI
Una volta approvato il testo della riforma delle professioni mediche, saranno necessari altri passi: il governo, entro la fine del prossimo anno dovrà varare i provvedimenti attuativi. Insomma, si dovrà passare dai buoni propositi elencati nel provvedimento, che Schillaci porterà all’esame del Consiglio del ministri, all’applicazione reale: una cosa è scrivere che si andranno a colmare le lacune degli organici, a migliorare la qualità delle condizioni di lavoro per gli operatori sanitari, un’altra è definire il modo in cui tutto questo sarà fatto.





