Progressi anche sul versante riabilitativo con esoscheletri e stimolazione midollare. “Pain Medicine, a long journey”, evento celebrativo promosso dalla Fondazione Internazionale Menarini
Da sempre percepito come nemico invisibile e sfuggente, il dolore è stato affrontato in passato con strumenti improvvisati o inefficaci, ma in futuro potrà essere gestito, compreso e trattato con precisione millimetrica. Oggi la medicina del dolore si colloca nel crocevia tra farmacologia, genetica molecolare e tecnologie digitali. Tra le novità della terapia citiamo innanzitutto la suzetrigina: il primo analgesico non oppioide approvato dalla FDA negli ultimi vent’anni per il dolore acuto post-operatorio. Questo inibitore selettivo del canale sodico NaV1.8 agisce direttamente sulle terminazioni nervose, offrendo un’alternativa efficace e sicura agli oppioidi, noti per il rischio di dipendenza. Attualmente in fase avanzata di sperimentazione, la suzetrigina potrebbe presto essere impiegata anche per il trattamento di neuropatie periferiche e radicolopatie lombo-sacrali.
Un’altra molecola promettente è il cebranopadol, doppio agonista recettoriale MOP e NOP, in fase di studio per il dolore cronico. La recente designazione “fast track” da parte della FDA per la lombalgia ne conferma il potenziale terapeutico. Nel campo della fibromialgia, invece, la ciclobenzaprina sublinguale – un vecchio miorilassante riproposto in chiave moderna – rappresenta la prima terapia approvata negli Stati Uniti negli ultimi quindici anni per questa condizione altamente invalidante.
Una svolta interessante nella comprensione dei meccanismi del dolore arriva dalla genetica. La scoperta del gene SLC45A4, associato alla percezione amplificata del dolore cronico, apre scenari inediti. Le persone portatrici di una variante di questo “gene ipersensibile” mostrano una maggiore suscettibilità agli stimoli nocicettivi, probabilmente a causa di alterazioni nell’attività delle poliamine, mediatori biologici coinvolti in numerosi processi fisiopatologici. “La modulazione dell’attività del gene SLC45A4 – spiegano gli esperti – potrebbe rappresentare una nuova frontiera terapeutica per il trattamento del dolore cronico, agendo direttamente sui meccanismi neuronali che amplificano il segnale allarmante”.
Accanto alla farmacologia, la medicina del dolore del terzo millennio si avvale di strumenti high-tech sempre più sofisticati. L’intelligenza artificiale, ad esempio, consente di analizzare enormi quantità di dati clinici e biometrici, formulando diagnosi accurate e personalizzando i percorsi terapeutici. La realtà virtuale e la modulazione neuromotoria digitale stanno guadagnando terreno nel trattamento del dolore oncologico, mentre la bioingegneria offre soluzioni concrete per le sindromi dolorose dell’apparato locomotore. L’adozione di esoscheletri, ad esempio, permette di ridurre il carico articolare su anca e ginocchio, migliorando la mobilità e riducendo il dolore. “Per patologie come il mal di schiena – ricorda il professor Giustino Varrassi – tecnologie come i sensori inerziali indossabili, la cattura del movimento tridimensionale e l’elettromiografia di superficie forniscono dati preziosi per la diagnosi e la terapia. Esoscheletri robotici, stimolazione elettrica neuromuscolare e riabilitazione virtuale stanno trasformando il trattamento del dolore in una medicina di precisione”.
Nell’ambito della neurologia, importanti passi avanti si sono ottenuti nella terapia dell’emicrania con la scoperta del ruolo del CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina), scoperta che ha portato alla messa a punto di una serie di terapie anti-emicraniche (quattro anticorpi monoclonali e due piccole molecole orali). Sono farmaci molto efficaci e sicuri, con pochissime reazioni avverse. Tuttavia, per quel numero limitato ma significativo (20-30%) di pazienti resistenti alle attuali terapie anti-CGRP la ricerca va avanti.
La Fondazione Internazionale Menarini ha invitato a Firenze personalità di elevatissimo profilo scientifico, chiamati a discutere di questi temi. I professori Anthony Dickenson e Andrew Rice hanno ripercorso l’evoluzione della comprensione dei meccanismi di trasmissione del dolore, mentre Frank Porreca ha esplorato i dimorfismi sessuali nella percezione del dolore, aprendo la strada a trattamenti gender-specific. Nigel Bunnett ha illustrato i meccanismi intracellulari che modulano il segnale dolorifico nei nocicettori e nelle cellule di Schwann, mentre Marzia Malcangio e Patrick Ernfors hanno approfondito il ruolo del sistema immunitario, capace di amplificare o attenuare il dolore attraverso il rilascio di citochine, mediatori infiammatori e peptidi oppioidi.
Due ricercatori italiani, Luana Colloca e Michele Curatolo, attualmente attivi negli Stati Uniti, hanno presentato studi sulla realtà virtuale e sulle potenzialità della trascrittomica e della metabolomica nella medicina del dolore. Queste tecniche permettono di analizzare l’espressione genica e i prodotti metabolici, individuando biomarcatori utili per la diagnosi e nuovi target terapeutici.
Tra gli ospiti d’onore dell’assise John Loeser, pioniere mondiale degli studi sul dolore. “Pain Medicine, a long journey” ha ricevuto il patrocinio della Regione Toscana e del Comune di Firenze, oltre all’endorsement di numerose associazioni scientifiche internazionali, tra cui AISD, ASEAPS, EFIC, Fedelat, FPP, IASP e PAS.
Mezzo secolo di storia
Da sempre percepito come un nemico da combattere, oggi il dolore è riconosciuto anche come un segnale vitale, un meccanismo di difesa indispensabile alla sopravvivenza. Eppure, quando si cronicizza, il dolore si trasforma in una malattia a sé stante, capace di compromettere profondamente la qualità della vita. La medicina moderna ha compiuto passi da gigante nel comprenderne le dinamiche e nel cercare di arginarne gli effetti, ma tanti interrogativi restano in piedi. In questo senso, il congresso organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini, segna un momento di riflessione e rilancio, celebrando i cinquant’anni dalla nascita della IASP (International Association for the Study of Pain) e mezzo secolo di storia della Fondazione.
“La Fondazione Internazionale Menarini è orgogliosa di poter condividere l’organizzazione di questo evento – ha affermato il professor Stefano Del Prato, presidente della Fondazione – anche perché segna la fatidica tappa di mezzo secolo di attività congressuale della IASP e il degno avvio delle celebrazioni dei cinquant’anni di attività della Fondazione, iniziate nel 1976”. Sappiamo che il dolore si esprime in tanti scenari: dalle patologie neurologiche e reumatologiche, a quelle oncologiche, passando per l’emicrania e la fibromialgia. Pierangelo Geppetti, presidente del Comitato Scientifico di “Pain Medicine” e professore emerito di Farmacologia Clinica all’Università di Firenze, sottolinea l’importanza di comprendere la natura del dolore: “È un fenomeno fisiologico fondamentale per la difesa dell’organismo. Può sembrare un paradosso, ma la vita non sarebbe possibile senza il dolore, perché è un prezioso segnale d’allarme che ci impedisce, ad esempio, di ustionarci una mano sul fuoco”. Tuttavia, quando il dolore persiste anche dopo la guarigione, si trasforma in un disturbo autonomo, paragonabile a “un antifurto che non si riesce più a spegnere anche quando i ladri sono ormai in fuga”.
La medicina del dolore ha vissuto un’evoluzione straordinaria negli ultimi decenni. “Le conoscenze oggi a nostra disposizione – osserva il professor Giustino Varrassi, presidente della Fondazione Paolo Procacci – sono infinitamente superiori a quelle che avevamo 50 anni fa. Oserei affermare, in modo forse più sentimentale che scientifico, che il progresso in questo ambito è stato di molto superiore a quello registrato in tanti altri campi della medicina”. E il futuro promette ulteriori rivoluzioni, grazie all’integrazione di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, la bioingegneria e i sensori indossabili.
Il congresso di Firenze è un’occasione per ricordare le radici di questa disciplina. La International Association for the Study of Pain fu fondata nel 1973 dal professor John Bonica, anestesista italo-americano. Il primo congresso della IASP si tenne proprio a Firenze nel 1975. Negli anni ’50, presso la Clinica Medica dell’Ospedale Universitario di Careggi, operarono due figure fondamentali: il professor Federigo Sicuteri, che fondò il primo Centro Cefalee in Italia e in Europa, e il professor Paolo Procacci, creatore del Centro di Terapia del Dolore e cofondatore della IASP insieme a Bonica. La scelta di Firenze come sede del congresso è un tributo alla tradizione scientifica italiana. Un’eredità che si rinnova, con l’ambizione di rendere il dolore sempre più curabile, comprensibile e, un giorno, forse anche superabile.





