L’Aifa ha approvato la rimborsabilità del letermovir per prevenire l’infezione da CMV nei pazienti nefropatici o dializzati, avviati al programma operatorio, mai entrati in contatto con il virus.
Il citomegalovirus (CMV) è un virus comune, spesso silente, che può convivere con l’organismo per tutta la vita senza dare segni evidenti. La maggior parte degli adulti lo ha contratto almeno una volta, spesso senza accorgersene. Eppure, in alcune situazioni, questo virus può riattivarsi e diventare pericoloso, soprattutto quando il sistema immunitario è indebolito. È il caso dei pazienti mai entrati in contatto con il virus, e sottoposti a trapianto di rene o di cellule staminali, ma un ragionamento analogo si potrebbe fare per le donne in gravidanza, per le quali il rischio di trasmettere l’infezione al feto è concreto.
L’infezione congenita da CMV colpisce circa un neonato ogni 150, e in un caso su sei può provocare complicanze permanenti, come sordità o ritardi nello sviluppo psicomotorio. Recenti studi hanno evidenziato che anche le donne già entrate in contatto con il virus prima della gravidanza possono avere una risposta immunitaria incompleta, lasciando spazio a possibili rischi per il nascituro.
Mentre la prevenzione in gravidanza resta una scommessa ancora aperta, sul fronte dei trapianti arriva una notizia importante: l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di letermovir per la profilassi della malattia da CMV nei pazienti adulti sottoposti a trapianto renale ad alto rischio. Si tratta di quei casi in cui il donatore è positivo al virus, mentre il ricevente non lo è: una combinazione che espone il paziente a una maggiore probabilità di sviluppare l’infezione.
L’Agenzia italiana del farmaco ha anche esteso la durata della profilassi con letermovir (PREVYMIS) fino a 200 giorni per i pazienti sieropositivi al CMV che ricevono un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. Una copertura più lunga, pensata per proteggere i pazienti nella fase più delicata del post-trapianto, quando il sistema immunitario è ancora vulnerabile.
“L’estensione della profilassi con letermovir rappresenta un ulteriore passo avanti nella prevenzione antinfettiva nei mesi più critici dopo il trapianto” ha scritto Corrado Girmenia, dirigente medico presso l’Istituto di Ematologia del Policlinico Umberto I di Roma. “Non solo ha un buon profilo di efficacia e tollerabilità, ma contribuisce in maniera significativa al miglioramento dell’esito complessivo del trapianto”.
Anche Luigi Biancone, responsabile della Struttura Complessa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Città della Salute di Torino, sottolinea l’importanza della novità: “I dati clinici mostrano che letermovir offre una protezione efficace contro il citomegalovirus con minori effetti collaterali ematologici rispetto alle terapie attuali. Per i nostri pazienti ciò può significare meno complicanze nella gestione clinica del post-trapianto e una maggiore continuità della terapia immunosoppressiva, condizione essenziale in molte situazioni delicate”.
A livello globale, una larga fetta della popolazione adulta risulta sieropositiva al CMV, ovvero ha sviluppato anticorpi contro il virus. In condizioni normali, il virus resta latente, ma nei pazienti trapiantati può riattivarsi e causare infezioni gravi. È qui che la profilassi farmacologica diventa cruciale.
“Prevymis – ha dichiarato Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratrice Delegata di MSD Italia – ha dato un rilevante contributo nella cura dei pazienti adulti sieropositivi al citomegalovirus ad alto rischio. Questa nuova estensione della rimborsabilità rappresenta un ulteriore passo in avanti per rendere la terapia disponibile a sempre più pazienti, anche a coloro sottoposti a trapianto renale ad alto rischio. Sappiamo quanto il CMV possa essere un’infezione virale potenzialmente grave per chi affronta la delicata fase del post-trapianto, e questi traguardi dimostrano che grazie alla scienza possiamo fare la differenza”.
La decisione dell’Aifa, in linea con quella della Commissione Europea, apre dunque nuove prospettive. In un contesto in cui il CMV continua a rappresentare una minaccia silenziosa, la possibilità di estendere la profilassi e renderla accessibile segna un passo concreto verso una medicina più sicura, personalizzata e attenta ai bisogni di chi affronta percorsi terapeutici complessi.





