Dalla nutrizione clinica nuove prospettive terapeutiche per le malattie epatiche grazie alla medicina di precisione
Per decenni, il fegato è stato considerato un organo isolato, responsabile di funzioni vitali come la detossificazione, il metabolismo e la produzione di bile. Solo di recente la scienza ha iniziato a esplorare con maggiore profondità il suo dialogo costante con l’intestino, un’interazione nota come “asse intestino-fegato”. Questo sistema di comunicazione bidirezionale, mediato da metaboliti e segnali molecolari, sta rivoluzionando la comprensione delle patologie epatiche e aprendo la strada a strategie terapeutiche personalizzate basate sul microbioma intestinale.
Il microbioma — quell’universo invisibile di trilioni di microrganismi che popolano il nostro intestino — non è più visto come un semplice coabitante, ma come un regolatore attivo della salute sistemica. Le sue alterazioni, note come disbiosi, sono oggi associate a numerose malattie, tra cui cirrosi, steatoepatite metabolico-associata (MASH), carcinoma epatocellulare e malattie infiammatorie intestinali. In Italia, queste patologie causano oltre 20.000 decessi l’anno, e il loro impatto sulla salute pubblica è in costante crescita.
Al congresso della Società Italiana di Nutrizione Clinica (SINuC), in corso a Napoli, la sessione congiunta con l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) ha posto al centro del dibattito proprio il ruolo del microbioma nella medicina di precisione applicata alla nutrizione clinica. “Il microbioma intestinale umano”, ha spiegato il professor Maurizio Muscaritoli, Presidente SINuC, “è un ecosistema complesso, composto da trilioni di microrganismi, che si conferma molto più di un semplice inquilino del corpo umano. Questi microrganismi svolgono ruoli fondamentali nel mantenimento della salute intestinale ed epatica attraverso un sofisticato sistema di comunicazione bidirezionale noto come asse intestino-fegato”.
Secondo Muscaritoli, “si tratta di una rete di comunicazione straordinaria in cui metaboliti derivati dai microbi intestinali – come acidi biliari, acidi grassi a catena corta (SCFA) e indoli – influenzano direttamente la funzione epatica, mentre il fegato, a sua volta, regola la composizione del microbiota intestinale attraverso la produzione di acidi biliari. Gli studi evidenziano come specifiche specie batteriche mostrino effetti protettivi e riparativi”.
Tra queste, il Lactobacillus plantarum si distingue per la capacità di rafforzare la barriera intestinale, accelerare la guarigione epatica dopo interventi chirurgici, ridurre l’accumulo di grassi nel fegato e migliorare la funzionalità dell’organo. L’Akkermansia muciniphila, batterio emergente nella ricerca, si è rivelato particolarmente promettente per facilitare la rigenerazione del tessuto epatico, ridurre l’infiammazione e contrastare lo sviluppo della steatosi. Faecalibacterium prausnitzii e Lactobacillus rhamnosus GG, invece, mostrano efficacia nel proteggere il fegato dai danni indotti dall’alcol, ridurre l’infiammazione sistemica e migliorare il metabolismo lipidico.
Queste evidenze scientifiche stanno offrendo nuove chiavi di lettura per comprendere e trattare patologie complesse come la MASH, la cirrosi epatica e il carcinoma epatocellulare. In molte di queste condizioni, la disbiosi intestinale contribuisce al danno epatico attraverso l’aumento della permeabilità intestinale — il cosiddetto “leaky gut” — che consente a sostanze tossiche e prodotti batterici di raggiungere il fegato attraverso la circolazione portale.
La prospettiva terapeutica si fa sempre più concreta: l’utilizzo mirato di ceppi batterici specifici, la somministrazione di prebiotici per favorire la crescita di batteri benefici, il trapianto di microbiota fecale (FMT) e, soprattutto, trattamenti su misura basati sul profilo individuale del microbiota. È la medicina di precisione che entra nella nutrizione clinica, con l’obiettivo di modulare il microbioma per influenzare positivamente la salute epatica.
“Questi dati rappresentano un cambio di paradigma nella comprensione e nel trattamento delle malattie del fegato”, conclude Muscaritoli. “La possibilità di modulare il microbioma intestinale per influenzare positivamente la salute epatica apre scenari terapeutici completamente nuovi nell’ambito della medicina di precisione”.
In un’epoca in cui le malattie epatiche metaboliche e infiammatorie sono in aumento a livello globale, queste scoperte assumono un significato cruciale. Il microbioma, da semplice oggetto di studio, diventa protagonista attivo nella prevenzione e nella cura. E forse, come suggerisce la ricerca, la chiave per curare il fegato si nasconde davvero nell’intestino.





