Intervista al Direttore Generale dell’Ospedale Evangelico Betania
Direttore, l’Ospedale Evangelico Betania ha presentato numerosi lavori scientifici alla II Conference Internazionale LLEAHMM 2025, che si terrà a Napoli (Facoltà di Biotecnologie), tra il 14 e il 17 ottobre. Qual è il significato di questa partecipazione e quali sono i punti di forza emersi dai progetti?*
La partecipazione del nostro Ospedale alla LLEAHMM 2025 rappresenta un momento di straordinaria rilevanza. Abbiamo avuto l’opportunità di presentare sette lavori scientifici, frutto di un intenso percorso di ricerca e miglioramento organizzativo basato sull’approccio Lean. I temi spaziano dall’ottimizzazione dei percorsi per pazienti con BPCO e scompenso cardiaco, fino agli interventi di colecistectomia laparoscopica, frattura del femore, infarto miocardico acuto, malattia renale cronica e salute materno-infantile. In tutti questi casi, l’adozione della metodologia Lean ha permesso di ridurre la variabilità dei processi clinici, ottimizzare i tempi di intervento e migliorare gli esiti di salute. È emerso chiaramente come il management strategico e la capacità di lavorare in team multidisciplinari possano tradursi in risultati tangibili per i nostri pazienti.
La collaborazione con il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università di Napoli Federico II ha avuto un ruolo centrale. In che modo questo legame tra accademia e ospedale ha contribuito alla qualità dei lavori?
Si tratta di una partnership virtuosa. Da un lato, il nostro ospedale ha messo in campo l’esperienza clinica quotidiana e la disponibilità dei direttori di struttura complessa a ripensare i processi, dall’altro, il Dipartimento di Sanità Pubblica ha portato un know-how metodologico di altissimo livello, anche con l’autorevole supervisione della Prof.ssa Maria Triassi, esperta internazionale nel management sanitario. Questo ha garantito solidità scientifica, rigore metodologico e un quadro di valutazione comparabile con gli standard internazionali. La sinergia tra mondo accademico e ospedale non è stata quindi solo un supporto tecnico, ma una vera co-costruzione, capace di generare innovazione organizzativa e nuovi modelli di governance sanitaria.
Quali benefici concreti hanno portato questi progetti ai pazienti e al sistema ospedaliero nel suo complesso?
I benefici sono molteplici e misurabili. Nei percorsi chirurgici, come nella colecistectomia laparoscopica e nelle fratture di femore, si è assistito a una riduzione dei tempi di attesa e a una maggiore tempestività negli interventi, elementi cruciali per ridurre complicanze e mortalità. Nel trattamento dell’infarto miocardico acuto e dello scompenso cardiaco abbiamo ottenuto un abbattimento significativo della mortalità a 30 giorni, dimostrando che l’approccio Lean non è solo organizzazione, ma impatta direttamente sulla sopravvivenza dei pazienti. Anche sul fronte materno-infantile, con lo studio sull’episiotomia, l’applicazione della metodologia Lean ha permesso di monitorare e razionalizzare una pratica clinica delicata, garantendo maggiore appropriatezza. Infine, sul versante delle malattie croniche come la BPCO e l’insufficienza renale, i progetti hanno promosso percorsi più fluidi e continuità assistenziale. Tutto ciò si traduce in maggiore sicurezza per il paziente, riduzione di sprechi e sostenibilità per l’ospedale.
Guardando al futuro, quale sarà la direzione dell’Ospedale Evangelico Betania in termini di ricerca, innovazione e partnership con l’università?
Il nostro obiettivo è consolidare il ruolo dell’Ospedale Evangelico Betania come ospedale “lean-oriented” e sempre più aperto alla ricerca e all’innovazione. La collaborazione con l’Università Federico II non è episodica, ma parte integrante di una strategia di lungo periodo. Intendiamo rafforzare i progetti di ricerca clinico-organizzativa, estendendo l’applicazione del Lean Six Sigma ad altre aree critiche dell’ospedale, come l’oncologia e le terapie intensive. Inoltre, lavoreremo per valorizzare i nostri professionisti, rendendoli protagonisti di processi di miglioramento continuo, con il supporto di competenze accademiche e di management sanitario. Credo fortemente che il futuro della sanità passi da questa integrazione: ospedali capaci di innovare i propri processi, università in grado di validare e diffondere i risultati, istituzioni che sostengano un sistema sanitario pubblico moderno ed equo. La nostra esperienza dimostra che quando queste realtà dialogano, i benefici si riversano direttamente sui pazienti e sull’intera comunità.





