Dall’inizio della pandemia sono molte le fake news che circolano. Se agli inizi della pandemia si discuteva sulla pericolosità e gravità della infezione, l’argomento di oggi su cui possono uscire delle fake news è diverso: Il virus si è indebolito?
Dalla fine di febbraio 2020, l’Italia è diventato rapidamente il paese di riferimento per il virus, con oltre 233.000 casi e oltre 33.000 morti ad oggi.
La cosa certa è che il virus, dando per scontato che i dati provenienti dalla Cina siano corretti (molti sono i dubbi in merito) sia stato molto più letale in Italia che in Cina.
Oggi che i tassi di infezione si stanno quasi azzerando ed il paese inizia a riaprire, si apre un altro scontro tra ricercatori: alcuni affermano convinti che il virus mortale sta perdendo forza ed altri affermano che sarebbe l’immunità di gregge o la minor carica virale circolante ad aver ridotto la virulenza.
“A marzo e aprile, i pazienti che affollavano il pronto soccorso erano in buona parte malati gravi, tanto da richiedere la terapia intensiva o sub-intensiva. Avevano infatti spesso condizioni di insufficienza multiorgano e sindromi respiratorie impegnative tanto da necessitare di ossigeno immediato, ventilazione e purtroppo nonostante le cure molti di loro non potevano farcela.
Tra i clinici in prima linea, il Prof. Bassetti, direttore delle Malattie Infettive all’Ospedale San Martino di Genova ed il Prof Zangrillo direttore della terapia intensiva San Raffaele di Milano, affermano che nonostante la tipologia di pazienti di oggi abbia una età e delle condizioni cliniche simili a quelli dei pazienti di appena 1-2 mesi fa, la malattia su di essi compare in forma decisamente più lieve.
In netto contrasto con queste dichiarazioni i funzionari della sanità pubblica italiana e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) avvertono che al momento non ci sono prove a sostegno di tali affermazioni, esortando gli operatori sanitari e i cittadini a non sottovalutare la situazione.
Il prof. Bassetti afferma che le prove stanno arrivando da studi in corso nelle città più colpite della Lombardia. Attribuisce queste differenze a una combinazione di cose: la mutazione del virus, il successo del lock down, del distanziamento sociale, dell’uso delle maschere e del lavaggio delle mani. In risposta alla confutazione delle sue affermazioni da parte dell’OMS, Bassetti afferma: “L’OMS non si prende cura dei pazienti. Sono seduti a un tavolo a Ginevra. Queste sono le impressioni della maggior parte dei medici sul campo. Abbiamo ammesso più di 500 pazienti [COVID-19] all’ospedale di San Martino dall’inizio dell’epidemia, e ho visto una drastica riduzione della gravità della malattia “.
Commentando dagli USA la situazione dialettica italiana ed internazionale il Prof. Cameron della Case Western Reserve University di Cleveland in Ohio, dice che è più che nota la capacità di mutare dei virus che circolano nella comunità. Il principio per il virus è un principio di sopravvivenza, infatti un virus così letale da uccidere tutti i suoi ospiti non avrebbe più possibilità di sopravvivere non trovando più persone da infettare. Così generalmente, muta in una forma più debole che rende le persone meno malate o addirittura asintomatiche/portatori sani, in modo da poter continuare a viaggiare da persona a persona.
Insomma come l’uomo ed ogni altra forma vivente il virus è interessato alla propria sopravvivenza così come pare stia facendo SARS-CoV-2.
Ma certezze per ora non ne abbiamo e come per altri virus potrebbero essere necessarie generazioni affinché si verifichino cambiamenti genetici sufficienti a indebolire un coronavirus. Tra i virus infatti questi che diventano “umani” sono noti per essere estremamente stabili nella loro composizione genetica, cambiando poco e lentamente.
Insomma vi è ancora molta incertezza sull’argomento e la discussione tra esperti è giusta. Sempre in USA alcuni ricercatori dell’Arizona State University eseguendo i tamponi, hanno trovato un singolo campione tra i diversi effettuati che presentava un’importante differenza genetica, senza però poter dedurre che in realtà questo cambiasse qualcosa dal punto di vista clinico.
E il Prof. Cameron ammonisce che anche il virus mutato non impedirà ad altri ceppi di continuare a diffondersi e causare malattie o di ritrasformarsi, come ad esempio ogni anno accade con le influenze stagionali.
Esiste in tutto ciò un grande paradosso. Infatti se la o le mutazioni sono tali da non fare differenze sostanziali nella gravità di una malattia, questo è un effetto positivo per chi sta lavorando al vaccino, perché il virus sarà più sensibile a questo, senza che accada come per l’influenza dove il virus cambia così rapidamente che gli sviluppatori di vaccini devono trovare e testare un nuovo vaccino ogni anno.
Per questo occorreranno molte più ricerche e su grandi numeri analizzati. Speriamo che arrivino a breve le prove, da alcuni anticipate, e che non circolino fake news.