Arriva da Pfizer la prima terapia orale per adulti e adolescenti
L’alopecia areata è una condizione autoimmune complessa che colpisce uomini e donne, giovani e meno giovani. Si manifesta con la caduta improvvisa dei capelli, spesso a ciocche; è un’affezione che può interessare il cuoio capelluto e anche altre aree del corpo. Per chi vive questa esperienza, il disagio è immediato: vedersi riflessi in uno specchio che restituisce un look diverso da quello abituale è frustrante, può causare ansia e perdita di autostima.
Molti pazienti riferiscono un percorso iniziale costellato di difficoltà, perché non sanno bene dove rivolgersi. Il primo banco di prova? Trovare un medico competente. In un panorama dove spesso regna la disinformazione, può capitare di imbattersi in imbonitori senza scrupoli che propongono rimedi miracolosi rivelatisi poi inutili e costosi. Il senso di impotenza cresce, così come l’isolamento sociale. Perché l’alopecia non è solo una questione estetica: è uno smacco emotivo, spesso vissuto in solitudine, che necessita di consapevolezza, empatia e supporto.
Una nuova offerta terapeutica: ritlecitinib
Ultimamente è stata annunciata una opzione di trattamento dell’alopecia areata severa. In Italia è ora disponibile la prima terapia approvata dall’AIFA: il ritlecitinib. Questo farmaco modulatore della risposta autoimmune promette di interrompere il circolo vizioso alla base dell’infiammazione dei follicoli piliferi, favorendo la ricrescita dei capelli. Studi clinici, come ad esempio il trial internazionale Allegro, hanno dimostrato risultati promettenti: oltre il 30% dei pazienti trattati con ritlecitinib ha raggiunto significativi miglioramenti in meno di un anno.
Il trattamento, prescrivibile per adulti e adolescenti sopra i 12 anni, offre una soluzione concreta per una patologia che finora aveva opzioni terapeutiche limitate. Bianca Maria Piraccini, ordinario di Dermatologia all’Università di Bologna, sottolinea come questa innovazione sia un “passo avanti”, soprattutto per i giovani, per i quali l’impatto psicologico è più profondo.
L’impatto sociale ed emotivo
L’alopecia areata porta con sé un peso che va oltre la perdita dei capelli, poiché ansia, depressione e isolamento sociale sono frequenti compagni di viaggio. Per molti, il vissuto non si limita alla dimensione estetica ma diventa una battaglia con la propria immagine, la percezione degli altri e le relazioni quotidiane. Episodi di discriminazione, bullismo e incomprensione rendono il percorso ancora più difficile.
La patologia è spesso sottovalutata nella sua complessità. Alfredo Rossi, associato di Dermatologia all’Università di Roma, La Sapienza, evidenzia l’importanza di un approccio multidisciplinare che consideri non solo l’aspetto clinico ma anche il supporto psicologico e sociale. “Non curiamo solo i capelli; curiamo la persona”, afferma il professore.
Abbattere lo stigma, ricevere cure adeguate
L’alopecia areata è una patologia che si affronta con gli strumenti della medicina, e della dermatologia in particolare, ma rappresenta anche una battaglia culturale. Claudia Cassia, presidente dell’Associazione Italiana Pazienti Alopecia and Friends (AIPAF Odv), richiama l’attenzione sull’importanza di fare leva sull’opinione pubblica. “Troppi giovani sono vittime di bullismo o esclusione a causa della loro condizione di sofferenza. Dobbiamo abbattere lo stigma, far capire che l’alopecia non è solo stress o un problema estetico: è una patologia autoimmune.”
Cassia spiega come un inquadramento diagnostico corretto faccia la differenza. “In molti casi, l’alopecia è confusa con altre condizioni dermatologiche, causando ritardi nella diagnosi. È essenziale investire nella formazione dei medici e nella consapevolezza pubblica.” E aggiunge: “Abbiamo diritto a cure adeguate e a vivere senza vergogna”.
«In dermatologia – ha scritto Barbara Capaccetti, Direttore Medico di Pfizer in Italia – siamo impegnati in una stretta collaborazione con la comunità scientifica proprio per sviluppare soluzioni efficaci ai bisogni ancora insoddisfatti dei pazienti. Non solo con terapie innovative come quella presentata per l’alopecia areata, ma anche con la definizione di percorsi di cura sempre personalizzati, accessibili e integrati, che valorizzino l’ascolto e l’esperienza di chi vive la malattia».

Alopecia, malattia autoimmune. Quali terapie sono indicate
L’alopecia areata è una malattia autoimmune a decorso cronico e imprevedibile, in cui il sistema immunitario, per un errore di riconoscimento, attacca i follicoli piliferi, interrompendo il loro ciclo di crescita e provocando la caduta dei capelli. Nei casi più gravi, la perdita può estendersi anche a sopracciglia, ciglia e altri peli corporei. Le difese immunitarie agiscono in modo errato su strutture sane: i follicoli vengono danneggiati, ma non distrutti, e questo rende possibile la ricrescita, se l’infiammazione viene adeguatamente controllata. Le manifestazioni cliniche sono variabili: si va da piccole chiazze localizzate a forme estese e debilitanti, con un impatto significativo sulla qualità della vita. Ecco l’inquadramento della patologia che ha tracciato Bianca Maria Piraccini, ordinario di dermatologia presso l’Università di Bologna.
Come per molte altre patologie autoimmuni croniche – tiroidite, diabete di tipo 1, psoriasi, dermatite atopica – anche per l’alopecia areata la ricerca ha portato allo sviluppo di trattamenti innovativi, capaci di rispondere in modo più mirato ed efficace ai bisogni dei pazienti. Per anni, le opzioni terapeutiche sono state limitate all’uso di corticosteroidi topici, sistemici o intralesionali, con risultati spesso temporanei e recidive frequenti. La comprensione del ruolo della via JAK/STAT nella disregolazione immunitaria ha segnato un importante passo avanti, aprendo la strada a nuove soluzioni farmacologiche.
Negli ultimi anni lo scenario terapeutico si è evoluto grazie all’introduzione di farmaci bersaglio-specifici. In Italia, questi trattamenti sono prescrivibili nei pazienti con interessamento del cuoio capelluto pari o superiore al 50%, secondo criteri clinici ben definiti. Dopo un’accurata valutazione specialistica, è possibile attivare un piano terapeutico con dispensazione ospedaliera del farmaco. Le forme meno estese continuano a essere gestite con i trattamenti tradizionali già consolidati nella pratica dermatologica. Tra le nuove opzioni, gli inibitori delle JAK chinasi rappresentano un’importante novità: si tratta di terapie orali mirate che modulano la risposta immunitaria anomala e favoriscono la riattivazione del ciclo follicolare. La ricrescita, tuttavia, non è immediata: il follicolo ha bisogno di tempo per riprendere la produzione del capello, ed è quindi necessario un trattamento protratto per diversi mesi per poter osservare una prima risposta clinica.
Uno dei trattamenti più promettenti è ritlecitinib, primo farmaco orale sviluppato appositamente per l’alopecia areata. È indicato per pazienti adulti e adolescenti a partire dai 12 anni e ha dimostrato efficacia anche nelle forme gravi, come l’alopecia totale e universale. Somministrato una volta al giorno, ha cambiato l’approccio alla patologia, che oggi viene finalmente riconosciuta e trattata come una condizione autoimmune complessa e non più banalizzata come problema puramente estetico. L’indicazione anche negli adolescenti è particolarmente rilevante: l’alopecia areata spesso esordisce in età scolare o nella giovane età adulta, talvolta con una singola chiazza, ma con un’evoluzione potenzialmente rapida. In questa fascia d’età, l’impatto psicologico è profondo: i cambiamenti dell’aspetto fisico possono compromettere la percezione di sé, la socialità e il benessere emotivo. I ragazzi si sentono “non più riconosciuti” e questo vissuto si riflette anche sul carico emotivo dei genitori.