Presentato, nell’ambito della Mostra del Cinema, il cortometraggio “La luce nella crepa”, regia di Anselma Dell’Olio. Associazioni pazienti e istituzioni si adoperano per riconoscere il ruolo di quanti si prodigano al fianco dei malati
Sono oltre sette milioni in Italia, eppure spesso non hanno una loro visibilità, né diritti pienamente riconosciuti. Sono i caregiver familiari, angeli custodi che si prendono cura di un parente malato o non autosufficiente, affrontando in silenzio burocrazia, solitudine, stanchezza e un senso di impotenza che raramente trova spazio nei discorsi ufficiali. A loro è dedicato “La luce nella crepa”, cortometraggio presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che accende i riflettori su una figura tanto essenziale quanto trascurata.
Liberamente ispirato alla storia vera di Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna ODV e coordinatrice del gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”, il corto narra il legame tra due sorelle, una delle quali affetta da tumore al seno. Attraverso il loro rapporto, il film esplora le difficoltà quotidiane del caregiver: le incombenze burocratiche, le tensioni sul lavoro, i momenti di forza e quelli di abbattimento. Una narrazione intensa e delicata che restituisce dignità a chi sceglie di vivere nell’ombra per sostenere chi ama. La regista Anselma Dell’Olio ne parla nella prima videointervista, a seguire.
“La luce nella crepa” è un film commovente, un corto ideato da Salute Donna ODV, portato avanti con Pro Format Comunicazione, il contributo non condizionante di Daiichi Sankyo e AstraZeneca, in collaborazione con le Terme di Sirmione. La regia, dicevamo, è di Anselma Dell’Olio, la sceneggiatura di Manuela Jael Procaccia. Nel cast, Chiara Caselli, Valeria Milillo, Francesco Foti, Lorenzo Morselli, Alex Di Giorgio e la partecipazione amichevole di Anna Villarini. Il titolo rende bene l’idea del ruolo dei caregiver: “C’è una crepa in ogni cosa, e da lì entra la luce”, recita il messaggio centrale del film.
Un esercito silenzioso in attesa di riconoscimento
Mentre il corto emoziona il pubblico del Lido, sul piano istituzionale qualcosa si muove. Sono già 13 le Regioni italiane che hanno avviato iniziative per il riconoscimento dei caregiver, e alla Camera sono stati presentati oltre dieci testi di legge per garantire maggiore protezione a questa categoria. Tuttavia, una norma nazionale organica ancora non esiste. Il primo riconoscimento formale risale alla legge 205/2017, cui è seguito nel 2020 un fondo dedicato al sostegno del ruolo di cura e assistenza, ma gli stanziamenti restano insufficienti rispetto ai bisogni reali.
“La luce nella crepa” nasce anche come strumento di advocacy. Salute Donna ODV si batte da anni per il riconoscimento giuridico, la tutela previdenziale e il supporto psicologico dei caregiver. “Chi si prende cura di un familiare malato svolge un lavoro insostituibile, spesso senza alcun sostegno né protezione”, sottolinea Annamaria Mancuso nel video a seguire. “Questo corto è il nostro modo per dare voce a chi ogni giorno affronta una battaglia silenziosa, fatta di amore, sacrificio e forza”.
Un messaggio che arriva al cuore
Il cortometraggio ha un valore sociale che va oltre la dimensione cinematografica, vuole essere al tempo stesso un messaggio di speranza e motivo di rivendicazione. “La luce nella crepa” invita a guardare con occhi nuovi chi vive accanto alla malattia, a riconoscerne il valore e a costruire una società più giusta e inclusiva. In attesa che il Parlamento approvi una legge che dia finalmente dignità e diritti ai caregiver, il cinema si fa portavoce di una realtà troppo a lungo ignorata. E Venezia, con la sua Mostra, diventa il palcoscenico di una battaglia civile che riguarda milioni di italiani. Perché prendersi cura è un atto d’amore, ma anche un diritto da tutelare.
«Perché la luce entra dove c’è una crepa – afferma Annamaria Mancuso – e la realizzazione di questo cortometraggio è stata resa possibile dall’incontro con Anselma Dell’Olio: un incontro che ha dato origine a un cammino speciale e ricco di significato. Il caregiver sopporta un carico di lavoro fisico ed emotivo ad alto tasso di stress, che in certi momenti può diventare insostenibile e fuori controllo. Chi si prende cura da solo di un familiare malato o non autosufficiente entra in un tunnel che può durare anni. Il tumore porta a una perdita di ruolo, sia per chi sta male sia per chi l’assiste, perché la malattia e, ancora di più, la prospettiva della perdita ridefiniscono tutti gli equilibri familiari, generando all’interno della coppia paziente-caregiver rabbia, senso di impotenza, frustrazione, rifiuto, paura per il futuro. Il caregiver, in alcune fasi della malattia dell’altro, può sentirsi inadeguato ad affrontare questa tempesta. È importante, allora, chiedere aiuto, non farsi annientare, dare spazio alle proprie necessità. In quella crepa che si è formata va fatto entrare uno spiraglio di luce, e bisogna capire cosa di bello e di buono si può ancora fare per sé e per la persona che si cura. Insomma, bisogna riuscire a trovare la bellezza, il piacere, l’amore nonostante tutto e la malattia. Desidero ringraziare l’On. Vanessa Cattoi e l’Intergruppo ‘Insieme per un impegno contro il cancro’ per il loro instancabile lavoro, certi che continueremo a collaborare per migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici e per ottenere il giusto riconoscimento giuridico per chi ogni giorno si prende cura di loro.
Un ringraziamento sincero va inoltre agli sponsor, che con il loro sostegno hanno reso possibile trasformare in realtà questo progetto profondamente sentito. Grazie anche a Pro Format, a MP Film, e a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione del corto».
«L’incontro con Annamaria Mancuso è stato uno di quei momenti di sincronicità che sicuramente resterà segnato nella mia storia personale e professionale – spiega Anselma Dell’Olio – Il legame profondo che ha unito lei a suo fratello mi ha coinvolta e immersa in un mondo di emozioni e di impellenti necessità, che solo se vissuti in prima persona si possono comprendere appieno. Ho tentato, grazie ai bravissimi interpreti e alla troupe tecnica che avevano sposato la causa, di dare voce, forza e dignità al caregiver, raccontando questo cruciale ruolo in tutta la sua umanità, trasformandolo, attraverso l’arte del cinema che racconta la vita, in una presenza concreta, non marginale, ma protagonista di una narrazione profonda e autentica, quella che nasce dal dolore della malattia e poi dalla perdita, e prova a rinascere più vigorosa di prima».
I caregiver familiari sono persone tra i 45 e i 64 anni che si prendono cura gratuitamente e in maniera continuativa di familiari bisognosi di cure e assistenza a causa di malattie o disabilità. Secondo l’ISTAT, in Italia si stimano oltre 7 milioni di caregiver non professionali e non remunerati. Il 55% assiste un genitore, seguito da un 16% che assiste il partner. Il 60-70% dei caregiver è rappresentato da donne. Spesso si tratta di un familiare: un coniuge, un genitore, un figlio o una figlia, ma può anche essere un’amica o una persona vicina che sceglie di accompagnare con continuità e dedizione chi affronta una condizione di fragilità. Essere caregiver significa occuparsi di molteplici attività: dalle terapie all’alimentazione, dalle questioni burocratiche ai controlli, diventando un punto di riferimento costante nel percorso di malattia per il paziente, ma anche per la famiglia e i medici curanti.





