Dagli ultimi dati monitorati, in Piemonte in proiezione si stimano circa 2mila casi di infezioni del sito chirurgico. Pratiche facili ed efficaci (bundle care) come la corretta tricotomia, la doccia del paziente, la disinfezione del campo operatorio, il controllo dell’antimicrobico profilassi e l’applicazione del Protocollo ERAS, hanno dimostrato di ridurre in maniera significativa il loro impatto
L’antimicrobico-resistenza (AMR) è un fenomeno per cui microrganismi come batteri, virus, funghi e parassiti diventano resistenti agli antibiotici e antivirali, rendendo i trattamenti inefficaci. Attraverso programmi di prevenzione si stima sia possibile prevenire circa il 40-60% delle infezioni correlate all’assistenza. Tra queste, le infezioni del sito chirurgico (ISC) rappresentano una delle principali cause di morbilità post-operatoria, prolungando la degenza ospedaliera e aumentando significativamente i costi per il sistema sanitario nazionale. Per favorire un confronto tra istituzioni e chirurghi, epidemiologi, igienisti e farmacisti ospedalieri, condividere le evidenze scientifiche e definire una strategia regionale, Motore Sanità ha organizzato il convegno “Antimicrobico resistenza: l’importanza della prevenzione delle infezioni del sito chirurgico“, grazie al contributo non condizionato di Johnson & Johnson MedTech e LCM.

“La sorveglianza delle Infezioni del Sito Chirurgico fa parte delle sorveglianze epidemiologiche delle Infezioni Correlate all’Assistenza proposte dall’ European Center for Disease Prevention and Control (ECDC), dall’Istituto Superiore di Sanità e richieste dal Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico resistenza (PNCAR). In regione Piemonte questa sorveglianza è stata avviata nel 2008 in tutte le Aziende Sanitarie e coinvolge una trentina di reparti chirurgici; ogni anno sono sorvegliati in Piemonte circa 9000 interventi che rappresentano il 10% degli interventi effettuati nella Regione; alcuni interventi sono sorvegliati su indicazione della Regione (protesi di anca, colon, interventi in urologia…), altri su iniziativa dell’azienda e del presidio ospedaliero. L’incidenza di infezioni del sito chirurgico è in media del 2%, con un massimo del 10% per interventi a più alto rischio di infezione (tipo su colon e retto); si osserva comunque una tendenza alla diminuzione dell’incidenza e un miglioramento costante negli anni per la maggior parte degli interventi sorvegliati. È dimostrato che la sorveglianza condotta costantemente riduce l’incidenza delle infezioni e consente di analizzare modalità operative e di monitorare scelte di prevenzione e controllo”, spiega Carla Maria Zotti, Professore ordinario Dipartimento Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche Università di Torino

“Le infezioni del sito chirurgico rappresentano un fenomeno importante dalle conseguenze impattanti non solo sulla salute del paziente, ma anche sul sistema sanitario, sui costi diretti e indiretti (giornate di digenza in ospedale, giornate perse al lavoro), sul contesto famigliare e nel contenzioso medico-legale che è in crescita. Il fenomeno va affrontato a livello multidisciplinare e multiprofessionale, interessando chirurghi di diverse specialità, direttori sanitari, responsabili di farmacie ospedaliere, responsabili di Asl e infermieri, come è avvenuto nel corso della tavola rotonda del convegno. La chirurgia digestiva (soprattutto del colon retto), la chirurgia ortopedica protesica e la cardiochirurgia sono le specialità più interessate al fenomeno; la chirurgia mininvasiva in tutti questi settori ha già ridotto il numero dei casi. In Piemonte, una delle regioni più virtuose sia nella rilevazione dei dati, sia nelle pratiche messe in atto (“bundle care”: dalla corretta tricotomia, alla doccia del paziente, alla disinfezione del campo operatorio, al controllo dell’antimicrobico profilassi, fino all’applicazione del Protocollo ERAS), sono stimati circa 2mila eventi di infezioni del sito chirurgico nell’ultimo anno monitorato (2023). Per poter continuare a migliorare la strategia regionale, chiediamo un’attenzione ancora maggiore, soprattutto nel coinvolgimento dei professionisti a livello formativo e nella restituzione dei dati analizzati coinvolgendoli nel monitoraggio continuo della situazione” dichiara Felice Borghi, Direttore Chirurgia Oncologica Istituto di Candiolo IRCCS, Torino





