Uno studio suggerisce che la scelta di non vaccinarsi dipende in gran parte da una mancata fiducia nelle autorità sanitarie. Non a caso a Hong Kong, dove l’82% degli anziani non era vaccinato durante l’ondata di Omicron, solo il 35% dei medici aveva aderito alla prima campagna vaccinale.
39,3 morti per un milione di abitanti. Ad oggi questo è il tasso di mortalità giornaliero per Covid più alto del mondo. È stato registrato a Hong Kong a marzo del 2022 quando il Paese asiatico è stato travolto dall’ondata della variante Omicron. Regno Unito e Stati Uniti, tanto per fare un esempio, sono rimasti ben lontani da quel picco di decessi, arrivando a una mortalità giornaliera massima rispettivamente di 22,1 morti per milione di abitanti e di 13 morti per milione di abitanti. Fino a poco prima la risposta di Hong Kong alla pandemia era stata esemplare: le politiche di contenimento dei contagi avevano funzionato molto bene riducendo al minimo la circolazione del virus. Cosa è successo? Gli autori di un nuovo studio appena pubblicato su JAMA Network Open non hanno dubbi: quando è arrivata Omicron l’82,4 per cento degli adulti over 80 non era vaccinato oppure aveva ricevuto solo una dose. Sempre per avere un termine di paragone: nello stesso periodo la percentuale dei non vaccinati in Inghilterra era del 6,7 per cento e a Singapore del 9 per cento.
Ad Hong Kong chi non si era vaccinato durante la prima ondata non lo ha fatto neanche dopo e chi aveva scelto di vaccinarsi all’inizio della pandemia si è rifiutato di ricevere le dosi successive.
Perché? I ricercatori hanno passato in rassegna i risultati di 28mila questionari inviati ai cittadini di Hong Kong e Singapore, una delle città asiatiche con il più elevato numero di persone che si vaccinate con la prima dose e le successive, tra febbraio 2020 e gennaio 2022. Ai partecipanti era stato chiesto quanti vaccini avessero fatto, se avevano intenzione di vaccinarsi e in caso di rifiuto quali fossero le ragioni della scelta. Nel 2020, circa due terzi (65,3%) degli adulti di Hong Kong avevano dichiarato che sarebbero stati disposti a vaccinarsi non appena fosse stato disponibile il primo vaccino. Ma in molti hanno cambiato idea quando la possibilità di vaccinarsi è diventata reale. A quel punto la percentuale di chi si dichiarava disposto a vaccinarsi è scesa al 55 per cento. Una volta iniziata la campagna di vaccinazione, quando sono cominciati a circolare sospetti sugli eventi avversi, i convinti sostenitori della necessità di vaccinarsi scendevano al 43,6%. «Ci è voluto più di un anno perché la fiducia nei vaccini si riprendesse. Una bassa fiducia nei confronti del vaccino è stata associata al rifiuto del vaccino», hanno affermato gli autori.
I ricercatori hanno individuato quattro fattori determinanti per la scelta di non vaccinarsi: la mancata fiducia nelle autorità sanitarie, la scarsa fiducia nei vaccini, le idee sbagliate sui vaccini e le opinioni politiche.
Più della metà della popolazione adulta di Hong Kong (58,6%) aveva almeno una informazione errata sul vaccino in confronto al 16,6 per cento di Singapore. «Combattere i malintesi può essere difficile, poiché anche una breve esposizione alla disinformazione potrebbe radicarsi nella memoria a lungo termine di un individuo e nella coscienza collettiva. In effetti, a causa della diffusa disinformazione, 1 adulto su 4 a Hong Kong credeva che i vaccini contro il Covid-19 fossero più dannosi dell’infezione stessa. Questo malinteso è rimasto per un anno, anche quando Hong Kong ha registrato la più alta mortalità giornaliera per COVID-19 al mondo», scrivono gli autori dello studio. Tra l’altro a Hong Kong si è vaccinato solamente il 35 per cento del personale sanitario durante la prima campagna di vaccinazione (quando in Inghilterra o in Cina si è vaccinato il 90% dei medici).