Lo studio Pipeline Trial, coordinato dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara e pubblicato sul New England Journal of Medicine, dimostra l’efficacia di un programma regionale su pazienti over 65
La gestione post-infarto nei pazienti fragili ultrasessantacinquenni rappresenta una delle sfide più complesse per i sistemi sanitari. L’età avanzata, la comorbilità e la vulnerabilità clinica rendono questa fascia di popolazione particolarmente esposta al rischio di nuovi ricoveri, con impatti significativi sulla qualità della vita e sui costi sanitari. In questo contesto, la Regione Emilia-Romagna ha messo a punto un programma di riabilitazione cardiologica che, secondo i dati appena pubblicati, ha prodotto risultati sorprendenti: una riduzione del 43% dei nuovi ricoveri dopo infarto miocardico tra gli over 65 fragili.
Il dato arriva dallo studio “Pipeline Trial”, coordinato dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara e pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine. La ricerca ha coinvolto per tre anni 512 pazienti in sette centri pubblici regionali, dimostrando l’efficacia di un modello innovativo basato su dimissioni ospedaliere precoci seguite da un follow-up ambulatoriale strutturato. Il percorso prevedeva esercizio fisico controllato, consigli nutrizionali e monitoraggi periodici a 30, 60, 90 giorni, e poi a sei, nove e dodici mesi.
I test di sforzo personalizzati, come passeggiate di un chilometro durante le quali i pazienti dovevano anche valutare la propria percezione della fatica, hanno rappresentato uno degli strumenti chiave per calibrare l’intervento. Il programma ha puntato su un approccio multidisciplinare e personalizzato, capace di adattarsi alle condizioni cliniche e psicofisiche dei singoli pazienti.
“È un risultato importante che dimostra come in Emilia-Romagna studio e cura sono interconnessi”, ha commentato il governatore Michele de Pascale, sottolineando il valore dell’integrazione tra ricerca scientifica e assistenza clinica. L’assessore Massimo Fabi ha aggiunto che il progetto “conferma la qualità del lavoro dei professionisti della sanità pubblica” e dimostra l’efficacia di “modelli di intervento personalizzato che riducono i costi legati ai ricoveri ripetuti”.
Un altro dato significativo riguarda la composizione del campione: il 36% dei partecipanti erano donne, una percentuale rilevante considerando che le pazienti cardiopatiche presentano un rischio maggiore di fragilità. La Regione ha evidenziato come questo elemento rafforzi ulteriormente la validità del modello proposto, capace di rispondere alle esigenze di una popolazione eterogenea e complessa.
Lo studio è stato finanziato dal Ministero della Salute con 348mila euro, a conferma dell’interesse istituzionale verso soluzioni che coniughino sostenibilità economica e impatto clinico. Il successo del Pipeline Trial apre ora la strada a una possibile estensione del modello su scala nazionale, con l’obiettivo di migliorare la gestione post-infarto e ridurre la pressione sui reparti ospedalieri.
In un’epoca in cui la medicina si confronta con l’invecchiamento della popolazione e la necessità di contenere i costi, l’esperienza dell’Emilia-Romagna rappresenta un esempio virtuoso di innovazione clinica e organizzativa. Un segnale forte che dimostra come la personalizzazione delle cure, il monitoraggio costante e l’integrazione tra ospedale e territorio possano fare la differenza, anche nei contesti più fragili.





