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Dvora Ancona: dalla Prima della Scala, un messaggio di solidarietà alle donne iraniane che lottano per la libertà

La nota Dottoressa, specializzata in medicina estetica per la cura e il benessere del corpo senza bisturi e Presidente dell’organizzazione D.V.O.R.A. in difesa delle donne vittime di violenza da ferite fisiche sul corpo, alla Prima de La Scala si schiera dalla parte di Mahsa Amini, morta perché non indossava correttamente il velo e di Mahak Hashemi, uccisa a 16 anni perché portava il cappello da baseball al posto del velo.

Direttore del Centro Medico Dvora, studio di medicina estetica per la cura e il benessere del corpo senza bisturi, volto noto della Tv, Presidente dell’organizzazione D.V.O.R.A. (Donne volontarie Operative Richiesta di Aiuto) in difesa delle donne vittime della violenza da ferite fisiche sul corpo: la Dottoressa Dvora Ancona è attivissima su più fronti. Un’operosità insita già nel nome, tanto è vero che in ebraico – la Dottoressa è nata in Israele – Dvora significa “ape”.

Dvora Ancona
Dvora Ancona, Presidente Organizzazione D.V.O.R.A.

Ebbene, noi di Mondosanità l’abbiamo incontrata e intervistata, in concomitanza di un giorno e di una serata speciale: Sant’Ambrogio, il patrono di Milano, che come da tradizione dà il via alla stagione teatrale de La Scala. Presente alla Prima anche quest’anno, con l’opera di Modest Petrovič Musorgskij “Boris Godunov”, la Dottoressa Dvora, con un abito esclusivo creato dallo stilista Antonio Riva. Un dress code dagli ampi volumi realizzato con petali tagliati e applicati a mano, ottenuti dai cascami di seta, che ne decorano la gonna e il corpetto su una base di tulle creando un tripudio di colori e odori.

A rendere ancora più particolare l’abito da grande soirée, ancora una volta, è il colore: un rosa shocking ottenuto dall’estratto naturale di un frutto tropicale raro e profumato.

Questo abito non è solo un capo esclusivo creato con la grande maestria di Antonio Riva”, precisa la Dottoressa Dvora Ancona,  “ma è un messaggio di denuncia per i soprusi perpetrati alle donne e, in particolar modo, per gli eventi recenti in Iran in ricordo di Mahsa Amini, morta perché non indossava correttamente il velo e di Mahak Hashemi, uccisa a 16 anni perché portava il cappello da baseball al posto del velo. Sono cose che nel 2022 non devono succedere ed è importante che ciascuno di noi faccia la sua parte per cercare di cambiarle. Il mio abito di Haute Couture, abbinato a un cappellino sportivo con scritte scure in segno di lutto, vuole testimoniare il grido di libertà di queste eroiche donne che non dobbiamo abbandonare al loro destino”.

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