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Ennesima aggressione ai sanitari. Dal Veneto: ora serve una legge

L’ennesima aggressione, ancora un episodio di violenza contro gli operatori sanitari e socio sanitari negli ospedali del Veneto

Le ultime due in pochi giorni ad Agordo e Mestre. Secondo il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia “gli strumenti di prevenzione e repressione non servono più. Serve una legge specifica a tutela di medici e infermieri. Il Parlamento intervenga iniziando un percorso legislativo che riconosca la gravità e la peculiarità delle aggressioni al personale che lavora nei nostri ospedali”. 

Già nel 2023 è stato messo in campo un piano straordinario per la sicurezza del personale sanitario, che ha visto il potenziamento delle misure di controllo e la formazione specifica degli operatori per la gestione delle situazioni a rischio. “Abbiamo inoltre rafforzato la collaborazione con le forze dell’ordine e implementato la presenza di vigilanza attiva nei pronto soccorso e nelle aree considerate più esposte. Tuttavia, quanto fatto finora non basta” ha sottolineato Zaia. 

Un fenomeno che cresce quello delle aggressioni subite dagli operatori sanitari e socio-sanitari negli ospedali del Veneto. I dati raccolti dal Centro Regionale per la Sicurezza delle Cure rivelano che nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 30 settembre 2024 si sono già registrate 1.864 aggressioni segnalate. Se il trend attuale sarà confermato, potremmo superare le 2.500 segnalazioni entro la fine dell’anno. 

Secondo i dati del Centro del Veneto, le aggressioni riguardano una vasta gamma di atti di violenza fisica e verbale che avvengono sia nei pronto soccorso, dove il rischio è più elevato, sia nei reparti ordinari e nelle strutture socio-sanitarie. Gli episodi di aggressione verbale, che spesso precedono quelli fisici, sono purtroppo frequenti e sfuggono talvolta alla denuncia formale, ma rappresentano una ferita profonda nel rapporto di fiducia tra cittadini e sistema sanitario. 

Tra le persone aggredite, il 67% è costituito da donne. Tra le vittime, nel 2024, si contano già 1.244 donne e 620 uomini, una situazione estremamente critica in cui la sicurezza sul lavoro è costantemente minacciata. E ancora: dal punto di vista dell’età, le aggressioni si concentrano principalmente nella fascia tra i 30 e i 59 anni, il gruppo più esposto, sia per numero di episodi sia per la gravità degli atti subiti. 

Tra gli aggressori, un’alta percentuale è costituita da pazienti con disturbi psichiatrici o affetti da dipendenze, da persone sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o alcolici. Tuttavia, non mancano episodi in cui le aggressioni sono perpetrate da persone comuni, in situazioni personali di disagio e ansia e che sfogano la loro rabbia sui medici, infermieri e personale di supporto. In particolare, tra gennaio e settembre 2024, le persone aggredite nella fascia di età 30-39 anni sono state 545, mentre nella fascia 40-49 anni si sono registrati 552 casi. Anche questo dato conferma il peso dell’onere lavorativo sostenuto da operatori che si trovano nel pieno della loro carriera professionale. 

Nel 2020 si erano registrate 220 aggressioni, già salite a 663 nel 2021 e a 883 nel 2022. Ma è nel 2023 che si è registrato il picco con 2.229 aggressioni. Un dato che indica che la pandemia ha contribuito a esacerbare tensioni che ora stanno esplodendo con crescente violenza. 

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