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Diritto all’a𝐟𝐟𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐢𝐭à 𝐞 s𝐞𝐬𝐬𝐮𝐚𝐥𝐢𝐭à 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 p𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧 d𝐢𝐬𝐚𝐛𝐢𝐥𝐢𝐭à tra...

Gliobastoma di alto grado, tumore aggressivo ma si affacciano nuove opportunità di cura con i campi elettrici e gli antiangiogenetici

Marco, 40 anni (il nome è di fantasia per tutelarne la privacy) è in vacanze alle isole Eolie: si sera durante un aperitivo perde la parola. Gli amici si allarmano, pensano a un icrus e allertano i soccorsi. Viente trasportato il elicottero alla Casa sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Bastano poche ore in cui gli vengono praticati una tac e una risonanza magnetica per individuare una massa cerebrale indicata come processo espansivo iche poi all’ntrassiale temporale sinistro e una sospetta diagnosi di glioma. Il dubbi e se si tratti di una metastasi di un precedente fibrosarcoma inguinale apparentemente guarito negli anni o di un nuovo tumore primario. Viene sottoposto a intervento chirurgico e tolto il più possibile della massa che poi all’istologico caratterizzata come neoplasia gliale di alto grado con necrosi, proliferazione vascolare e mitosi. Successivamente si da luogo alla caratterizzazione immunofenotipica per la definizione dell’istotipo. L’immunofenotipo delle cellule neoplastiche risulta Gfap+, Olig2-, CD34- con un indice di proliferazione del 20%.La p53 non risulta iperespressa e le cellule risultano negative per la proteina IDH 1 mutata e mostrano persistenza dell’espressione di AtrX e della proteina H3K27 me3. In ragione della negatività di IDh3 e dell’età del paziente si procede ad analisi molecolare per valutare lo stato del gene IDH1/2 per differenziare un eventuale astrocitoma Idh mutato di grado 4 da un glioblastoma IDH wildtype.
Questa lunga premessa tecnica serve per addentrarci in un caso clinico tipo, di fronte al quale chiunque cercherebbe una via di uscita per sottoporre questo paziente nel pieno della vita alle migliori terapie possibili ed esistenti contro il glioblastoma. La radio e la chemioterapia sono la strada principale da seguire ma sappiamo che un tumore del genere, in quello stadio, con quelle armi, non offre molte chance di sopravvivenza a lungo termine. Il paziente e la sua famiglia non sono disposti a gettare la spugna.
I tumori primitivi del sistema nervoso centrale hanno in Europa un’incidenza di 5/100.000 e causano il 2% di tutte le morti per cancro, con un trend in progressivo aumento. Il glioblastoma (GBM) è una forma molto aggressiva di tumore che colpisce il sistema nervoso centrale originando da un gruppo di cellule (glia) che svolge una funzione di sostegno per le cellule nervose. Si manifesta principalmente nel cervello, ma può apparire nel tronco cerebrale, nel cervelletto e nel midollo spinale. Con una incidenza di 5-8/100.000 abitanti maggiore negli uomini rispetto alle donne (1.6 vs 1), rappresenta circa il rappresenta il 54% di tutti i gliomi pur potendo colpire a tutte le età, insorge più frequentemente nell’intervallo tra 45-75 anni (negli over 70 è la forma più diffusa tra le neoplasie gliali).
Una difficoltà clinico-diagnostica è rappresentata dal fatto che di solito non si accompagna a evidenze cliniche, radiologiche o istopatologiche di precedenti malattie o lesioni (gliomi di basso grado) e quasi sempre viene diagnosticato come neoplasia aggressiva di alto grado (primario piuttosto che secondario).
La cura di questo tumore è molto difficile ed attualmente l’obiettivo è raggiungere una remissione di lunga durata. I pazienti affetti da GBM vengono solitamente sottoposti a interventi chirurgici per la rimozione del tumore, a cui seguono radio e chemioterapia. Da anni la ricerca è impegnata nello sviluppo di una strategia efficace per colpire sia le cellule malate residue sia le cellule staminali del cancro, poiché questo tumore cerebrale presenta numerose recidive a causa delle resistenze ai trattamenti dovuti alle cellule tumorali quiescenti nel tessuto sano.

I sintomi variano a seconda della localizzazione: deficit neurologici focali, encefalopatia o convulsioni. La diagnosi si basa principalmente sulla RM, preferibilmente con enhancement del gadolinio, seguita da biopsia con profilatura molecolare. Il trattamento include l’escissione chirurgica, la radioterapia e, per alcuni tumori, la chemioterapia. L’asportazione chirurgica raramente è curativa.
I gliomisono una grande famiglia e comprendono gli

  • Astrocitomi
  • Oligodendrogliomi
  • Glioblastoma multiforme
  • Ependimomi
    Gli astrocitomi sono i gliomi più comuni in base alla presenza di specifici marcatori genetici, secondo la classificazione dell’OMS.
    In ordine ascendente di malignità, gli astrocitomi sono classificati come
    • Grado I: astrocitomi pilocitici e astrocitomi subependimali a cellule giganti (più comuni nella sclerosi tuberosa)
    • Grado II: astrocitomi di basso grado, tra cui lo xantoastrocitoma pleomorfo
    • Grado III: astrocitomi anaplastici
    • Grado IV: glioblastomi e gliomi diffusi della linea mediana
    Gli astrocitomi pilocitici, altri di basso grado, o quelli anaplastici tendono a svilupparsi in pazienti giovani. Gli astrocitomi anaplastici, in particolare, possono successivamente evolvere in glioblastomi (chiamati glioblastomi secondari). I glioblastomi possono anche svilupparsi de novo (chiamati glioblastomi primari), di solito in persone di mezza età o anziane. I glioblastomi contengono cellule eterogenee dal punto di vista cromosomico. Sia i glioblastomi primari che quelli secondari hanno caratteristiche genetiche distinte, che possono cambiare con l’evoluzione dei tumori. I glioblastomi secondari hanno tipicamente mutazioni nei geni IDH1 o IDH2.
    Raramente, gli astrocitomi contengono cellule di astrocitoma e oligodendroglioma.
    Gli oligodendrogliomi (grado II secondo l’OMS) sono tra i gliomi che crescono più lentamente. Colpiscono glioligodendrociti che colpiscono le cellule della mielina del sistema nervozo cnetrale. Essi si trovano più frequentemente nella corteccia cerebrale, soprattutto i lobi frontali. Gli oligodendrogliomi sono tipicamente caratterizzati da delezione del braccio p del cromosoma 1 e del braccio q del cromosoma 19 (1p/19q codelezione) e determinano una sopravvivenza più lunga e prevedono una migliore risposta alla radioterapia e alla chemioterapia. Come gli astrocitomi, gli oligodendrogliomi possono evolvere in forme più aggressive, come gli oligodendrogliomi anaplastici (grado III secondo l’OMS), che sono gestiti di conseguenza. Sia gli astrocitomi che gli oligodendrogliomi possono esprimere mutazioni dei geni IDH1 o IDH2, che provocano la produzione anomala di 2-idrossiglutarato; questo metabolita può modificare la metilazione del DNA delle normali cellule progenitrici neurali e gliali causandone la produzione di cellule di glioma neoplastico. I pazienti con la mutazione IDH1/2 tendono ad avere una prognosi migliore rispetto a quelli con tumori IDH1/2 wild-type, in parte perché i pazienti hanno una migliore risposta alla chemioterapia alchilante come la temozolomide. Gli oligodendrogliomi tendono ad avere la mutazione 1p/19q-codeletion e la mutazione IDH1/2. Gli astrocitomi hanno tipicamente la mutazione del IDH1/2 ma non la codelezione 1p/19q; invece, più tipicamente esprimono mutazioni o perdita del ATRX gene e mutazioni nella pTP53 (2). I gliomi diffusi della linea mediana sono tumori astrocitari di alto grado (grado da III a IV secondo l’OMS) che colpiscono principalmente i bambini. Questi tumori comprendono gliomi pontini diffusi intrinseci, che sono tumori aggressivi e tipicamente letali che infiltrano nel tronco cerebrale con estensione rostrale nell’ipotalamo e nel talamo e che infiltrano inferiormente nella medulla e nel midollo spinale. I gliomi diffusi della linea mediana esprimono tipicamente la mutazione H3K27M.
    I bambini con neurofibromatosi di tipo 1 sono ad aumentato rischio di sviluppare gliomi diffusi della linea mediana.
    Ci sono infine gli ependimomi che si verificano principalmente nei bambini e nei giovani adulti; sono rari dopo l’adolescenza (vedi anche Ependimomi nei bambini). Tutti gli ependimomi sorgono dalle cellule che rivestono la parete ventricolare e quindi possono insorgere nel cervello, nel tronco cerebrale o nel midollo spinale.
    • Tra le cure più innovative ci sono alcuni antiangiogenetici e l’uso dei campi elettromagnetici, questi ultimi da aggiungere alle terapie tradizionali.
    • Ma andiamo con ordine: l’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) ha inserito il regorafenib nell’elenco dei farmaci erogabili. Il regorafenib si assume oralmente. La dose raccomandata è di 160 mg al giorno per 3 settimane, seguite da 1 settimana di pausa per un totale di un ciclo di 4 settimane. È un trattamento per il glioblastoma che si presenta di nuovo dopo il trattamento iniziale. Studi clinici come il REGOMA e il suo sequel REGOMA-OSS hanno dimostrato l’efficacia del regorafenib in pazienti con recidiva. In quanto farmaco antiangiogenetico, agisce bloccando la formazione di nuovi vasi sanguigni che alimentano il tumore, ostacolandone la crescita e inibendo specifiche alterazioni molecolari presenti nelle cellule tumorali, rallentandone la proliferazione.
    • Alcuni ricercatori studiando l’effetto dei campi elettromagnetici su questo tumore hanno potuto dimostrare che l’applicazione di questi a scopo terapeutico interrompe la crescita del tumore interferendo con la fase di mitosi della divisione cellulare, provocando la morte delle cellule tumorali invece della proliferazione, preservando le cellule sane. In base a queste scoperte ed ai dati forniti sin dal 2011 FDA ha approvato per gli USA il dispositivo novo TTF (Optune) che sfrutta questa metodologia di cura. A seguito di questi dati prodotti nel primo studio (sopravvivenza a 2 anni 43% vs 29%) FDA aveva approvato un supplemento di esenzione consentendo a tutti i pazienti del gruppo di controllo di iniziare a ricevere gratuitamente il trattamento. Dati successivi dell’aprile 2017 riportavano un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 13% nel braccio che aveva introdotto il dispositivo contro il 5% del gruppo di controllo. A seguito di questi risultati il National Comprehensive Cancer Network (NCCN) dal 2016 ha assegnato al trattamento la categoria 2A nell’elenco dei trattamenti per il glioblastoma di nuova diagnosi rendendolo parte di un nuovo standard di cura in questa patologia. In Italia AIOM nelle Lilee guida 2021 ha però indicato la necessità di fornire nuove evidenze sul dispositivo perché possa essere preso in considerazione come opzione terapeutica di prima intenzione. Così ad oggi pur essendo utilizzato in oltre 950 centri oncologici a livello mondiale (USA, Giappone, Germania, svizzera, Etc) il dispositivo non è ancora entrato dalla porta principale nei protocolli di cura Italiani.
    • Dove è possibile effettuare questa terapia in Italia? A Napoli era disponibile all’interno di un protocollo di cura inaugurato un anno fa ma otto mesi fa dopo un servizio di Report che configurava un conflitto di interessi la Regione Campania ha messo un blocco e al momento non si può fare ma in altre aziende sanitarie nazionali probabilmente si ma con un accesso molto complesso che limiti la fruibilità di una terapia che in alcuni casi è l’unica possibilità di aumentare i livelli di sopravvivenza.
    Il dispositivo Optune può essere utilizzato in Italia attraverso un processo autorizzato dalla propria Azienda Sanitaria Locale (ASL) dopo la prescrizione di uno specialista e il contatto con l’azienda Novocure, che gestisce il noleggio e la fornitura del device. L’iter prevede la compilazione di una relazione clinica da parte del medico e l’invio di un modulo di indicazione alla Novocure, che poi valuterà la richiesta.
    Un medico specialista (oncologo, neuro-oncologo, neurochirurgo o radioterapista) deve compilare una relazione clinica che attesti l’indicazione al trattamento con Optune. Il paziente deve inviare la relazione clinica alla Novocure, tramite l’email [email protected], e il paziente dovrà anche firmare un modulo di indicazione per la privacy. Il paziente deve presentare la relazione clinica alla ASL di residenza per richiederne l’autorizzazione. La ASL deciderà caso per caso se approvare e coprire i costi del trattamento.
    Il dispositivo Optune ha il marchio CE, che ne consente l’utilizzo anche in Italia, ma è necessaria l’autorizzazione delle autorità competenti. Attualmente, l’Optune non è considerato un trattamento standard e deve essere approvato dalla ASL per la copertura dei costi.
    Diversi centri specialistici in Italia possono essere riferimento per questa terapia, inclusi l’IRCCS Crob di Rionero in vulture, il Policlinico Universitario Agostino Gemelli e l’Istituto Neurologico Carlo Besta. Permette ai pazienti di ricevere la terapia a domicilio, modificando il meno possibile le loro abitudini quotidiane.
    L’Irccs Crob di Rionero in Vulture è tra i pochi centri italiani certificati per la prescrizione dei campi elettrici Tumor Treating Fields. I campi elettrici applicati sul cuoio capelluto bloccano solo la divisione delle cellule tumorali provocandone la morte senza intaccare i tessuti normali. Si tratta di un sistema innovativo che migliora la prognosi del glioblastoma multiforme. Una novità assoluta che è stata già adottata recentemente al Crob in un caso clinico inoperabile che sta dando risultati clinici sorprendenti.
    Oltre alla chirurgia il trattamento standard prevede radioterapia e chemioterapia orale, ma studi recenti hanno dimostrato che integrando a questo trattamento il sistema innovativo rappresentato dai campi elettrici, la prognosi di questo tumore può migliorare tanto da aumentare la sopravvivenza mediana di 24,5 mesi rispetto a 19,8 mesi in chi non lo utilizza.
    La attuali linee guida internazionali ne prevedono l’applicazione, ma in Italia la sua fruibilità necessita come detto di una prescrizione certificata in modo da poter garantire una continuità terapeutica efficace ai suoi pazienti che sono stati trattati con radiochemioterapia concomitante.
    Attualmente l’apparecchio è rimborsato dal Servizio Sanitario a livello nazionale in Giappone, Stati Uniti, Germania, Austria, Svizzera, Svezia e Francia. In Italia è prescrivibile ma non rimborsato, tuttavia è possibile ottenere il rimborso attraverso una procedura decidendo caso per caso, sempre sulla base della prescrizione e di una relazione dettagliata da parte di un medico specialista certificato ed abilitato alla prescrizione.

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