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Inf-Act, la lezione del Covid. Gli enti di ricerca si mettono in rete in una ottica One Health

Con la partecipazione di più di 60 enti di ricerca, la conferenza INF-ACT, seconda edizione, ha offerto una piattaforma per discutere di dati, scenari e modelli di gestione delle emergenze sanitarie. Il ministro Orazio Schillaci ha sottolineato l’importanza di questo appuntamento nel suo messaggio in apertura, evidenziando come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) abbia dato un impulso straordinario a progetti che integrano progresso tecnologico, sostenibilità ambientale e tutela della salute umana.

Il messaggio
Il ministro Schillaci ha affermato che l’approccio One Health, che riconosce l’indissolubilità tra salute umana, animale e ambientale, è la risposta da dare alle crisi attuali, un investimento nella prevenzione e nella costruzione di sistemi in grado di affrontare le sfide future, come le pandemie e le malattie diffuse da vettori che si affacciano alle nostre latitudini a causa dei mutamenti climatici. Questa visione si inserisce perfettamente nel contesto della conferenza da poco conclusa, che aveva come obiettivo principale quello di promuovere una maggiore attenzione verso le malattie infettive emergenti e le misure necessarie per contrastare le epidemie in un prossimo futuro.

Nel suo intervento, Schillaci ha sottolineato la necessità di trasformare i dati in azioni concrete, unendo modelli teorici a interventi sul campo. “La capacità di trasformare dati in azioni ci permetterà di affrontare con efficacia fenomeni complessi, dalle malattie infettive emergenti alla resistenza antimicrobica”, ha affermato. Questo approccio integrato si riflette nelle collaborazioni promosse dalla Fondazione Inf-Act, che si prefigge di fare da catalizzatore per l’integrazione di competenze avanzate nel sistema sanitario in Italia.

Scambio di conoscenze
Federico Forneris, presidente della Fondazione Inf-Act, ha ribadito l’importanza di fare sistema mettendo in contatto tra loro realtà di eccellenza. “In questi due anni abbiamo imparato a trovare linguaggi comuni per far cooperare una vasta rete composta da università pubbliche e private, aziende ospedaliere, società scientifiche, enti privati di ricerca, aziende e start-up”, ha dichiarato Forneris, che è professore di biologia molecolare all’Università di Pavia. Questo nuovo paradigma di collaborazione è stato evidente alla luce degli interventi dei relatori, che hanno affrontato temi cruciali come l’antimicrobico resistenza, l’efficacia dei vaccini, e le nuove tecnologie per la diagnostica rapida.

La presenza di scienziati con specializzazioni professionali diverse ha creato un ambiente fertile per l’innovazione. “Quello che più entusiasma è stato vedere riuniti 600 scienziati, ideare nuove collaborazioni, scambiarsi consigli, approfondire temi trasversali in un clima positivamente rivolto al futuro”, ha commentato Forneris. Questo è un segnale chiaro che la ricerca italiana è pronta a rispondere alle sfide globali, ma la domanda rimane: cosa accadrà al termine della disponibilità di fondi del PNRR?

Verso un futuro sostenibile
La conferenza Inf-Act ha mostrato che l’Italia ha imparato la lezione del Covid e saprebbe muoversi molto meglio nell’eventualità di una nuova epidemia, anche se ci sono ancora delle rigidità burocratiche da superare. Le esperienze passate ci hanno insegnato l’importanza di una preparazione adeguata. Ma, dicevamo prima, come sarà possibile garantire che i progressi fatti non vengano vanificati al termine dei fondi del PNRR? È essenziale che le istituzioni continuino a investire nella ricerca e nella collaborazione tra enti pubblici e privati.

L’approccio One Health, che integra la salute umana, animale e ambientale, rappresenta una strategia vincente per il futuro. Investire in questo modello significa non solo rispondere alle emergenze sanitarie ma anche prevenire le crisi attraverso un’azione coordinata e multidisciplinare.

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