Bronchite, polmonite, tracheite, sinusite e laringofaringite: affezioni che pregiudicano la sostenibilità del sistema sanitario. Gli esperti chiedono più fiducia nella scienza e campagne di prevenzione mirate
Le infezioni respiratorie non sono più un semplice fastidio stagionale. In Italia e in Europa, queste patologie rappresentano oggi una delle principali sfide di salute pubblica, con un impatto che travalica il piano clinico per investire quello economico e sociale. Non si tratta soltanto di raffreddori e bronchiti, faringiti e sinusiti, ma di malattie a volte ancora più insidiose come la polmonite, il virus respiratorio sinciziale (RSV) e il COVID-19, che colpiscono con particolare severità gli anziani e le persone fragili, spesso con esiti gravi o fatali, ma che possono imperversare in tutte le fasce di età.
Il quadro attuale e le prospettive per la prossima stagione invernale, che si preannuncia particolarmente impegnativa in termini di incidenza e gravità dei casi, sono stati al centro dell’incontro tematico “Infezioni respiratorie: impatto sull’healthy ageing e costi del SSN”, promosso da The European House – Ambrosetti (TEHA) con il contributo non condizionante di Pfizer. L’appuntamento ha riunito esperti, clinici e rappresentanti istituzionali per fare il punto su una problematica che, anno dopo anno, si fa sempre più pressante.
I dati sono disarmanti: ogni anno in Italia si registrano circa 188.300 casi di infezioni respiratorie ogni 100.000 abitanti, un dato superiore alla media europea. In pratica, molti si ammalano anche due volte nell’arco dei dodici mesi. L’incidenza è particolarmente elevata nei bambini, con 323.000 casi ogni 100.000, e significativa negli over-50, che registrano 140.000 casi ogni 100.000. Nell’ultimo anno, le sindromi simil-influenzali – causate da una pluralità di virus respiratori, non solo quelli influenzali tradizionali – hanno interessato il 27,7% della popolazione, in aumento rispetto alla stagione precedente.
Anche i ricoveri ospedalieri confermano la gravità del fenomeno: nel biennio 2020-2021 si sono registrati oltre 179.000 ricoveri all’anno, e ancora oggi il livello rimane superiore dell’82% rispetto al 2019. Un carico che pesa non solo sulle strutture sanitarie, ma sull’intero sistema di welfare, con ripercussioni sulla spesa pubblica, sulla produttività e sulla qualità della vita.
In questo scenario, la prevenzione – e in particolare la vaccinazione – si conferma lo strumento più efficace per contenere l’impatto delle infezioni respiratorie. Tuttavia, come emerso in precedenti incontri, la copertura vaccinale resta insufficiente, soprattutto tra gli anziani. La sfida per la prossima stagione sarà dunque duplice: da un lato, rafforzare le strategie di immunizzazione; dall’altro, ricostruire la fiducia dei cittadini nella scienza e nella medicina preventiva.
Il peso delle infezioni respiratorie cresce con l’età. L’immunosenescenza – l’invecchiamento del sistema immunitario – espone gli anziani a rischi più elevati. L’88% dei decessi influenzali in Europa riguarda questa fascia di popolazione, così come oltre il 96% dei decessi per COVID-19 in Italia. Il virus respiratorio sinciziale (RSV), spesso sottovalutato, causa ogni anno oltre 26.000 ricoveri e 1.800 decessi, soprattutto tra gli anziani.
«Ogni anno, durante la stagione di circolazione delle sindromi influenzali – che includono influenza, COVID-19, virus respiratorio sinciziale, parainfluenzali e rinovirus – in Italia si registrano tra i 5.000 e i 15.000 decessi in eccesso, con gli anziani e i soggetti fragili che sono tra i più colpiti – ha sottolineato Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della SIMIT e Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università Tor Vergata di Roma – Si tratta di numeri che da soli basterebbero a confermare come le infezioni respiratorie rappresentino una vera priorità di sanità pubblica, non limitata al solo periodo invernale, come dimostrano anche i dati sul COVID di queste settimane. In questo contesto, i vaccini si confermano uno strumento decisivo: non solo riducono il rischio di contrarre e trasmettere l’infezione, ma consentono di prevenire migliaia di ricoveri e decessi, alleggerendo al tempo stesso la pressione sul sistema sanitario».
All’incontro sono intervenuti, tra gli altri: Elena Bonetti, Componente Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione, Camera dei Deputati e Presidente Commissione Parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto; Beatrice Lorenzin, Componente Commissione Programmazione economica e Bilancio, Senato della Repubblica; Gian Antonio Girelli, Componente Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati; Francesca Russo, Coordinatore Comitato Interregionale Prevenzione e Direttore della Prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria, Regione Veneto; Carlo Signorelli, Professore ordinario di Igiene e sanità pubblica Università Vita-Salute San Raffaele di Milano (da remoto).
«Oltre che da un punto di vista di Sanità pubblica, le infezioni respiratorie si caratterizzano anche per un elevato burden economico – ha affermato Rossana Bubbico, Senior Consultant di The European House – Ambrosetti – Sulla base di una analisi della letteratura medico-scientifica abbiamo stimato un costo annuale delle infezioni respiratorie diretto e indiretto per l’economia nazionale pari a circa 7.5 miliardi di euro. Questi costi sono comprensivi dell’utilizzo di risorse sanitarie (ricoveri ospedalieri, accessi ambulatoriali, farmaci e diagnostica), della perdita di produttività (degli individui e dei caregiver) e del valore economico degli anni di vita persi per la mortalità causata da queste patologie». Le indicazioni emerse dall’incontro promosso da TEHA a Roma sono lampanti: per affrontare le sfide dell’invecchiamento e delle infezioni respiratorie, serve un sistema vaccinale maggiormente integrato, digitale e personalizzato. La fiducia della gente, la sinergia tra professionisti sanitari e l’efficienza organizzativa sono le leve su cui costruire un sistema più inclusivo.
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