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Malattia oculare tiroidea (TED): patologia ancora troppo poco conosciuta e alla ricerca di una gestione ottimale per i pazienti

Sulla base del tasso di prevalenza riportato in letteratura di 8,97 ogni 10.000 abitanti (fonte Perros et al 2017), circa 5.100 pazienti risultano affetti dalla malattia oculare tiroidea in Regione Lazio

La malattia oculare tiroidea (TED -Thyroid eye disease), è una patologia complessa, autoimmune, che colpisce in modo prevalente le donne e può manifestarsi in concomitanza o indipendentemente da disfunzioni tiroidee. Con l’obiettivo di fare il punto su ricerca, innovazione scientifica, organizzazione dei centri di cura territoriali, diagnosi precoce e presa in carico del paziente a livello regionale, Motore Sanità ha organizzato, con il contributo incondizionato di Amgen, global leader nelle biotecnologie farmaceutiche, una serie di appuntamenti dal titolo “Ricerca ed innovazione scientifica che spingono all’innovazione organizzativa: l’esempio della Thyroid Eye Disease”, che ha visto la partecipazione di importanti esponenti del comparto salute.

Nel Lazio, la quinta tappa di una serie di incontri in programma nei prossimi mesi in varie regioni italiane, con lo scopo di mettere in luce i bisogni dei pazienti e generare risposte efficaci ai nodi irrisolti che emergono dai vari territori.

Queste le parole di Salvatore Monti, Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio, Responsabile UOS Ambulatorio e DH Endocrinologico Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea e Prof a.c. Facoltà di Medicina e Farmacologia Sapienza Università di Roma: “La gestione della Malattia Oculare Tiroidea (TED) richiede competenze pluri-specialistiche che non sono comuni nella classe medica. Questo spiega, almeno in gran parte, il ritardo con cui viene frequentemente eseguita la diagnosi ed il conseguente ritardo con cui il paziente viene inviato al Centro di riferimento, impedendo una adeguata gestione della patologia, in fase precoce. Infatti, la maggior parte delle forme di orbitopatia sono di grado lieve e, se prontamente riconosciute, è possibile prevenire la loro evoluzione in forme più severe”.

Analogamente – ha proseguito lo specialista – le forme, che fin dall’inizio, esordiscono come moderate-severe, possono essere controllate con un intervento precoce nelle prime fasi della malattia, la così detta ‘fase attiva’, quando l’orbitopatia è dovuta ad interessamento infiammatorio dell’orbita. Uno degli aspetti più importanti della TED, anche delle forme lievi, è il suo marcato impatto sulla qualità di vita del paziente dovuto al cambiamento estetico, allo sviluppo di disturbi psichici (depressione e ansia) e alla presenza di disturbi visivi. In particolare, la diplopia (visione doppia), presente in circa il 15-20 % dei casi, è la causa principale di disabilità lavorativa con assenza lavorativa che può durare anni. Ne consegue che la TED determina elevati costi economici, sia diretti, correlati ai trattamenti specifici, che indiretti, correlati all’assenza dal lavoro”.

“È di particolare importanza pertanto – ha concluso il dottor Monti – diffondere la conoscenza di questa patologia così ‘debilitante’ fra i medici specialistici e di Medicina Generale, la popolazione e gli Organi istituzionali. In tal senso, il coinvolgimento delle Istituzioni dovrebbe favorire la indispensabile creazione, sul territorio nazionale, di Centri di riferimento per la gestione della TED e lo sviluppo di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA), che favoriscano una rapida presa in carico dei pazienti, standardizzando diagnosi, trattamenti e follow-up.

Patologia di difficile diagnosi, diventa quindi fondamentale l’approccio multiprofessionale, integrando competenze specialistiche diverse all’interno di reti assistenziali strutturate e coordinate.

“Il numero di nuovi casi di TED per anno in Italia è di circa 5.000. Purtroppo circa nella metà dei casi la diagnosi viene fatta con un ritardo di alcuni mesi, spesso perché la patologia non viene subito riconosciuta. Questo comporta la impossibilità di agire nella fase più delicata della malattia e di limitare la fase attiva infiammatoria iniziale” ha spiegato Gustavo Savino, Professore Associato Direttore UOC Oncologia Oculare Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS Roma.

È indispensabile quindi che questi pazienti vengano subito presi in carico da un oftalmologo esperto della materia che possa non solo fare subito la diagnosi, ma anche stadiare la fase e la gravità della malattia e dare le informazioni corrette all’endocrinologo. Soprattutto, le forme moderatamente severe e severe necessitano di un approccio multidisciplinare presso strutture specializzate. L’endocrinologo e l’oftalmologo sono le figure centrali e di coordinamento ma molti altri specialisti sono spesso coinvolti e indispensabili: radiologi, immunologi, psicologi, radioterapisti. La formazione di specialisti sul territorio e la accessibilità alle strutture specialistiche di riferimento saranno i fattori chiave nella corretta presa in carico di questi pazienti.

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