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Miastenia Grave: al Cardarelli di Napoli un centro di riferimento per tutta la Campania

Le opportunità della diagnosi precoce e delle nuove cure

La miastenia è una malattia neuromuscolare cronica, invalidante, potenzialmente letale, ma oggi curabile in modo efficace, sebbene con un elevato livello di complessità assistenziale.

Miastenia gravis: una malattia rara, cronica, a patogenesi autoimmune, che colpisce la giunzione neuromuscolare provocando una debolezza muscolare ad andamento fluttuante. Una patologia fortemente invalidante sottovalutata e sottodiagnosticata: talvolta il primo approccio clinico è in pronto soccorso come accade al Cardarelli e si stima che colpisca circa 18.000 persone in Italia, 1500 in Campania. La malattia nei casi più gravi compromette la funzione dei muscoli respiratori fino a sfociare in un quadro clinico acuto definito “crisi miastenica”, potenzialmente fatale.

Al Cardarelli, nella Unità Operativa Complessa di Neurofisiopatologia diretta da Francesco Habetswallner, è attivo un Centro per la Miastenia Gravis che assiste circa 1000 pazienti, una delle più ampie casistiche sul territorio nazionale. Il Centro Miastenia del Cardarelli offre, in collaborazione con le altre Unità Operative dell’ospedale, un percorso diagnostico e terapeutico completo, che copre tutte le fasi di malattia: diagnosi, gestione delle fasi acute, chirurgia del timo, terapie convenzionali e innovative.

“La patologia – spiega Habetswallner – può insorgere in tutte le epoche della vita, con due periodi di maggior incidenza: un picco giovanile (miastenia “early onset”, con esordio prima dei 50 anni, più frequente nelle donne) e un picco tardivo (miastenia “late onset”, con esordio dopo i 50 anni, più frequente negli uomini). Il tratto distintivo della malattia è la “faticabilità” dei muscoli, ossia la perdita di forza man mano che si utilizzano, un fenomeno che conferisce ai sintomi un andamento tipicamente fluttuante, variabile nel tempo. I campanelli di allarme più comuni sono l’abbassamento delle palpebre (ptosi palpebrale), la visione sdoppiata (diplopia) per disfunzione dei muscoli oculomotori, la fatica cronica nelle attività quotidiane, la difficoltà nel parlare e nel deglutire”.

“L’origine della malattia – aggiunge lo specialista napoletano – è una anomalia del sistema immunitario che produce anticorpi contro la giunzione neuromuscolare (collegamento fra fibre nervose e fibre muscolari), con conseguente faticabilità e progressiva predita di forza durante l’attivazione muscolare”. Nella forma conclamata la malattia è fortemente invalidante ma nelle fasi iniziali, proprio per il carattere fluttuante e variabile della sintomatologia, può essere poco evidente e difficile da diagnosticare, soprattutto se i pazienti giungono all’attenzione di reparti e strutture non specialistiche”. Il ritardo diagnostico è piuttosto frequente e rappresenta un problema rilevante perché priva il paziente delle terapie necessarie e lo espone al rischio di assumere terapie nocive.

La terapia della miastenia si basa sull’utilizzo di farmaci sintomatici che potenziano la trasmissione del segnale nervoso dal nervo periferico al muscolo e di farmaci che inibiscono la risposta autoimmunitaria, come i cortisonici e gli immunosoppressori non steroidei. Queste terapie sono efficaci ma comportano nell’uso cronico importanti effetti collaterali. Nelle fasi acute si utilizzano terapie immunomodulanti rapide, la plasmaferesi e le immunoglobuline endovenose, e talora il paziente deve essere ricoverato in terapia intensiva per supportare la funzione respiratoria. In casi selezionati la terapia della miastenia si avvale di un intervento chirurgico, la timectomia, che consiste nella asportazione del timo, organo linfatico essenziale nella maturazione delle cellule del sistema immunitario. Il timo risulta coinvolto nella patogenesi di due sottotipi di miastenia: la forma associata a timoma (tumore nel timo) e la forma giovanile (“early onset”) con presenza di anticorpi contro i recettori dell’acetilcolina. In questi pazienti l’intervento è fortemente raccomandato perché migliora l’evoluzione della malattia e in alcuni casi può determinarne la guarigione. Il centro miastenia del Cardarelli si avvale della collaborazione con la Unità di Chirurgia Toracica, altamente specializzata nella timectomia robotica, metodica poco invasiva, sicura e ben tollerata.

Da pochissimi anni a queste terapie che oggi definiamo “convenzionali” si sono aggiunte, per i pazienti più complessi, delle terapie “innovative” basate sull’utilizzo di farmaci biologici che bloccano in modo altamente selettivo i meccanismi di induzione del danno neuromuscolare, risultando molto efficaci e ben tollerate. Nello specifico queste terapie agiscono attraverso 2 meccanismi d’azione: il primo inibisce il sistema del complemento a livello della porzione c5, il secondo blocca il recettore Fc neonatale.

L’ultima terapia ad oggi disponibile è Ravulizumab che sfrutta il primo meccanismo con una lunga durata d’azione, ma in tempi relativamente brevi ci si aspetta l’arrivo e la disponibilità di altre nuove molecole. Queste terapie, in aggiunta a quelle convenzionali, stanno rivoluzionando gli schemi di trattamento della miastenia gravis con beneficio particolarmente evidente nei pazienti più complessi, poiché consentono di migliorare il controllo dei sintomi miastenici, spesso fino alla remissione completa con normalizzazione delle attività quotidiane, di ridurre la frequenza delle riacutizzazioni e dei ricoveri ospedalieri, di ridurre le dosi di cortisone, in alcuni casi fino alla sospensione, con enormi vantaggi sulla qualità di vita del paziente.

L’esigenza dei pazienti di ricevere cure adeguate in prossimità dei luoghi di residenza è difficilmente conciliabile con l’esiguo numero di centri di alta specializzazione. Questa difficoltà può essere superata adottando un modello assistenziale “HUB-SPOKE”, basato su una rete che mette in collegamento, anche avvalendosi dei moderni strumenti della telemedicina, i centri con elevato livello di specializzazione, in grado di assistere il paziente in tutte le fasi di malattia, con le strutture periferiche, alle quali il paziente può rivolgersi nei momenti meno complessi della malattia.

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