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Pandemia diabete in Sardegna. Ancora troppe criticità per la presa in carico del malato

In Sardegna la pandemia diabete è tale che si sta ricorrendo ai ripari, o quanto meno ci sono tutte le intenzioni per farlo.

L’emergenza sanitaria ha stimolato in molte regioni una revisione organizzativa della rete assistenziale perché la pandemia diabete rappresenta un esempio di patologia cronica la cui condizione polipatologica richiede una gestione multidisciplinare complessa.

La grande innovazione introdotta, rappresentata dai farmaci e dai devices, negli ultimi 15 anni ha cambiato la storia della malattia, garantendo a questi malati una aspettativa di vita molto aumentata, una qualità della vita pressoché normale, rallentando l’insorgere delle molte complicanze.
Tutto ciò a condizione che vi siano una rapida diagnosi, una presa in carico organizzata ed efficace, un accesso appropriato all’innovazione disponibile.

Ecco i dati della pandemia diabete: oltre 12.000 sono le persone che convivono con questa patologia di tipo 1, più di 1.500 under 18 e circa 120 nuovi casi diagnosticati nella fascia di età 0-14 anni (1 bimbo ogni 150).

Considerando la fascia d’età 0-30 l’incidenza del diabete di tipo 1 è di oltre 50/100.000 abitanti, laddove nel resto d’Italia i nuovi casi annuali registrati si aggirano intorno a 6 7/100.000.

Ogni anno quindi si manifestano 700 nuovi casi di diabete di tipo 1, che richiedono almeno quattro somministrazioni giornaliere di insulina per la sopravvivenza. Con questi numeri la Sardegna raggiunge un triste primato collocandosi ai vertici della classifica mondiale, seconda soli alla Finlandia.

L’Assessorato alla Sanità sardo, in stretta sinergia con il Consiglio regionale, ha aumentato i fondi per garantire a 124mila diabetici in terapia insulinica multiniettiva i freestyle, ha ricostituito la Consulta del diabete e ora l’obiettivo è andare a definire le nuove linee guida per le nuove gare anche dei sensori. Ma sono ancora tanti i passi da fare per mettere al centro il paziente e per fronteggiare la pandemia diabete in corso.

Come la mancanza di dati per costruire un quadro epidemiologico puntuale della malattia: nel 2016 erano114mila i pazienti affetti da diabete, un numero che probabilmente è cresciuto ma ad oggi non esiste un Registro sardo della malattia diabetica per avere maggiori elementi che possa testimoniarlo.

Quasi il 40% della popolazione sarda, circa 600mila persone, è sovrappeso e obeso: l’appello della Società italiana di diabetologia è organizzare una campagna di prevenzione che parta dalle scuole e dalle famiglie.

Altro dato: nell’ultimo biennio 2019-2020 si sono registrati 237 nuovi casi di diabete in età pediatrica e con complicanza di chetoacidosi nel 28%, con una incidenza di 64 nuovi casi ogni 100mila bambini in un anno rispetto ai 59 registrati nel biennio precedente.

E poi manca una rete diabetologica regionale pediatrica: ci sono 10 ambulatori di diabetologia di cui solo uno è una struttura dedicata esclusivamente al diabete.

Mentre sul piano delle tecnologie, i medici diabetologi non possono prescrivere né i microinfusori più moderni né quelli che agiscono senza il catetere a meno che non si ricorra a prescrizioni fuori gara.

Spiega Mariangela Ghiani, Presidente della Società italiana di diabetolgia di Regione Sardegna.

Purtroppo da un punto di vista epidemiologico della malattia abbiamo solo dati indiretti, da anni stiamo chiedendo che venga istituito un Registro sardo della malattia diabetica per avere maggiori elementi, per capire perché siamo secondi solo alla Finlandia per numero di nuovi casi di diabete di tipo 1 e per capire i fattori ambientali che impattano sulla genetica dell’autoimmunità; la stessa carenza di dati vale per il diabete di tipo 2. L’aggiornamento dei dati avviene grazie alla buona volontà dei medici

Inoltre una rete diabetologica non esiste in Sardegna. “Sono stati istituiti Pdta locali, regionali, per singole Assl, ma ciò di cui abbiamo bisogno sono Pdta applicati su tutto il territorio regionale in modo che il paziente abbia un equo accesso alle cure. Tutto questo si può fare solo se vengono ricostituiti i tavoli tecnici, se si mette il paziente al centro e se torniamo a parlare di diabete insieme, cercando soluzioni condivise” rimarca Ghiani.

Spiega Gianfranco Madau, Presidente dell’Associazione medici diabetologi di Regione Sardegna.

“Ci hanno detto che a breve avremo la possibilità diprescrivere nuove tecnologia ma oggi la situazione èche se arriva un paziente in ambulatorio come medico diabetologo non posso prescrivere il sensore sottocutaneo e questo è un grande limite. La stessa cosa vale per i farmaci, fino ad un anno fa non tutto era prescrivibile, attualmente alcuni farmaci sono prescrivibili però sono somministrati in maniera diretta, che vuol dire che il paziente si deve recare presso la farmacia ospedaliera con tutti i problemi di viabilità e di trasporto che ci sono in questa regione, e vuol dire anche aumentare i costi indiretti della terapia. Mi auguro che finalmente riusciamo ad avere un dialogo di collaborazione con le istituzioni per affrontare i nodi di questa patologia, dalla prescrivibilità di device e farmaci alle intensità di cura. Mettere al centro le persone significa prendere in carico non solo i bisogni di salute ma anche i bisogni socio-assistenziali”.

Un altro problema riguarda i bimbi sotto i 4 anni che non possono utilizzare il freestyle spiega Carlo Ripoli, direttore della diabetologia pediatrica AO “G. Brotzu” di Cagliari.

O si pungono le dita tante volte al giorno oppure è concesso loro di avere solo 12 sensori l’anno. Esiste ancora molta disinformazione su questa malattia nelle scuole, così molte mamme per seguire i loro bambini rinunciano a lavorare, o devono ricorrere a modalità parti time di lavoro oppure stanno ricorrendo alla richiesta di indennità di accompagnamento che invece sono tutele che dovrebbero essere riservate a pazienti con grandi disabilità; il piano per l’inserimento del bambino diabetico in ambito scolastico potrebbe essere risolutivo di questo problema.

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