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Professioni sanitarie centrali per la sostenibilità del Ssn


Ora adeguare l’offerta formativa e gli asset di cure di prossimità

Di Franco Ascolese*

I laureati delle professioni sanitarie sono sempre più richiesti dal mercato del lavoro e dai cittadini: i dati del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea di Bologna sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati (presentato il 10 giugno 2025 all’Università di Brescia e riportati su queste colonne da Angelo Mastrillo docente in Organizzazione delle Professioni Sanitarie presso l’Università di Bologna) parlano chiaro: l’occupazione è in aumento dal 77% al 85% gli iscritti laureati di primo livello delle nostre 18 professioni Tsrm Pstrp, primi nella classifica nel 2023 dei nuovi occupati. E’ evidente che questo dato si correla a una richiesta di prestazioni erogate da queste figure professionali da parte di una platea consistente e crescente di popolazione assistita soprattutto delle fasce di cronicità e fragilità.

Il fatto che l’aumento registrato degli occupati evidenzi il tendenziale avvicinamento ai valori rilevati 17 anni fa (nel 2007 era l’87,0% a cui oggi corrisponde un 84,8%, con una differenza di appena -2,2 punti percentuali), la dice tutta sul trend in atto da accompagnare e valorizzare con riforme tese a garantire questa rinascita risonante con la nuova domanda di cure nonostante la misura 6 del Pnrr e il Dm 77 attribuisca alle nostre 18 professioni un ruolo ancora limitato in Case e ospedali di Comunità che stride con quanto le Asl, sui singoli territori, mostrano in termini di fabbisogni e di carenze dei nostri 18 profili.
Del resto anche analizzando in dettaglio le 22 professioni sanitarie sugli ultimi dati dei laureati del 2023 si rileva che l’alto tasso occupazionale ai primi 5 posti e sopra la media del 84,8% riguarda proprio alcuni nostri profili come i Terapisti della Neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (dal 81,1% dello scorso anno al 89,6%) i logopedisti (dal 76,9% al 88,1%), i tecnici di Radiologia (dal 78,6% al 87,8%), i Podologi (dal 66,7% al 87,5%) e poi i Fisioterapisti (che pure erano fino a un anno fa nel novero dei nostri profili) seguiti a ruota dai Tecnici di Neurofisiopatologia )dal 81,0% al 86,4%) e solo dopo gli Infermieri pediatrici (dal 73,5% al 86,7%), gli Igienista dentale (dal 80,7% al 86,4%) e Infermieri (dal 77,8% al 85,5%). A seguire ci sono gli Educatori professionali, i Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica 84%, i Terapisti occupazionali, i Tecnici di Laboratorio e gli Assistente sanitari 83% i Tecnici della Prevenzione 81%, gli Ostetrici, Ortottisti, Tecnici Audioprotesisti e Tecnici Ortopedici 79%, senza dimenticare i Dietisti 71%, i Tecnici di Fisiopatologia Cardiocircolatoria 68% e i Tecnici Audiometristi con 63%.

Il segno di questa indagine non lascia spazio a dubbi o incertezze: è inequivocabile infatti il fabbisogno di assistenza assicurato dalle professioni sanitarie che l’Ordine Tsrm Pstrp rappresenta in misura preponderante con ben 18 profili delle 22 finite sotto la lente. Una fetta di sanità pubblica e accreditata risulta dunque sempre più richiesta e necessaria dai nuovi asset di cure territoriali disegnati da norme e leggi che mirano, dopo l’esperienza pandemica, a rendere sempre più prossimi al domicilio del paziente i livelli di cure in un virtuoso rapporto tra costi, i vestimenti, benefici anche in funzione filtro verso l’accesso improprio all’ospedale per acuti.
Il confronto, con altri profili professionali di altre aree, premia nettamente il nostro comparto. Un’opportunità di lavoro certo dopo la laurea per i tanti giovani che si iscrivono alle scuole universitarie dopo le superiori. Il nodo a questo punto è duplice: da un lato l’offerta formativa insufficiente rispetto al reale fabbisogno e che richiede un adeguamento delle scuole universitarie sia nella distribuzione dei corsi di laurea nei vari Atenei (non sempre in grado di offrire una copertura completa del ventaglio delle possibilità) sia in termini quantitativi visto che nei fatti la domanda di nuovi occupati ormai supera regolarmente l’offerta di laureati che escono dalle Scuole. Una riflessione a questo punto è doverosa anche sotto il profilo politico e attiene alle scelte in fieri che vorrebbero un riassetto delle professioni. Una spinta ingiustificata e inappropriata ad accorpamenti di profili che riporterebbero indietro le lancette verso un modello regressivo e superato di assistenza che invece oggi assorbe con appropriatezza la domanda di cure specialistiche ormai garantite anche nella loro piena autonomia dai significativi pronunciamenti della giurisprudenza che ha progressivamente scardinato gli arroccamenti corporativi e anacronistiche rendite di posizione che nulla giovano alla centralità dei bisogni dei pazienti nella sanità pubblica italiana. Quest’ultima anche per la diversificazione dei profili resta un prezioso modello di salute nei Paesi Ocse per universalismo, inclusione ed equità da difendere.
Per quanto riguarda infine i tassi occupazionali suddivisi per le Università attive nelle 17 Regioni si rilevano le storiche differenze dei fabbisogni assolti tra le Università delle varie Regioni con un gradiente Nord Sud che andrebbe definitivamente superato in ragione della densità di popolazione servita sui vari territori che auspichiamo abbia la necessaria attenzione delle istituzioni preposte al governo della Salute.

  • Franco Ascolese
    presidente Ordine Tsrm Pstrp
    di Napoli, Avellino, Benevento e Caserta

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