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Trapianti di cuore al Bambino Gesù: due storie. Il valore raro della donazione degli organi

Due bambini di 6 e 8 anni hanno ricevuto un cuore nuovo nei giorni di Natale. Gli interventi grazie alla generosità di due famiglie e al lavoro delle équipe di cardiochirurgia dell’ospedale pediatrico della Santa Sede



Nell’universo dei trapianti in età pediatrica ogni donazione è un evento prezioso. La disponibilità di organi compatibili è estremamente limitata, soprattutto quando si parla di bambini molto piccoli, e le liste d’attesa possono diventare lunghissime. Per questo le storie di Marco e Andrea, due piccoli pazienti del Bambino Gesù di Roma, assume un valore che va oltre la cronaca clinica: racconta la complessità della medicina trapiantologica, la forza dei bambini che affrontano malattie gravissime e la generosità delle famiglie che, nel momento più difficile, scelgono di donare vita.

Marco ha 6 anni ed era in lista d’attesa da ottobre per una cardiomiopatia restrittiva. Andrea, 8 anni, convive da tempo con una cardiopatia congenita complessa già operata e attendeva un trapianto da un anno e mezzo. Per lui la situazione era ancora più delicata: oltre al cuore, è in attesa di un trapianto di rene e, a causa dei precedenti interventi, aveva sviluppato una sensibilizzazione immunitaria tale da rendere impossibile l’impianto di un organo compatibile. Per superare questo ostacolo, i medici hanno utilizzato per la prima volta un nuovo farmaco capace di agire sulle cellule della memoria immunitaria, riducendo temporaneamente il numero di anticorpi, in vista dell’operazione.

Gli interventi sono stati eseguiti il 18 e il 20 dicembre da due équipe cardiochirurgiche distinte guidate rispettivamente da Lorenzo Galletti e Adriano Carotti. Dopo alcuni giorni in coma farmacologico, i bambini sono stati risvegliati completamente la Vigilia di Natale, potendo trascorrere la festa in terapia intensiva insieme alle loro famiglie. Una circostanza eccezionale, che ha assunto per tutti un significato profondo.

“Ma qui da me Babbo Natale non ci viene?”, ha chiesto Marco appena sveglio, ancora stordito ma già capace di cogliere la magia del momento. Andrea, che ha vissuto un anno e mezzo in terapia intensiva con un cuore artificiale esterno, ha accolto la notizia con incredulità e gratitudine. “Quando gli abbiamo detto che era arrivato un cuore per lui non poteva crederci” ha raccontato all’Ansa la responsabile del Programma trapianto di cuore del Bambino Gesù, Rachele Adorisio. “Mi ha detto solo ‘grazie’, commosso e sollevato, e subito ha iniziato a inviare messaggi a tutti dal cellulare per comunicare la notizia”.



La particolarità di questa storia sta anche nella rarità dei donatori: due bambini coetanei. “La donazione di organi a questa età è molto rara, quindi è stato un vero regalo per i nostri piccoli pazienti” ha spiegato la Adorisio. “Il trapianto di un cuore adulto è possibile, ma la differenza di età è determinante per la prognosi. Il fatto che i donatori fossero coetanei rappresenta un grande vantaggio in termini di buon esito a lungo termine”.

Il percorso emotivo dei piccoli pazienti è parte integrante della cura. Marco, che ama suonare la pianola anche in ospedale, ha avuto un momento di tristezza quando ha compreso il significato della donazione: “Questo vuol dire però che c’è qualcun altro che muore e che c’è una mamma che soffre”. Parole che rivelano la profondità con cui i bambini vivono la malattia e il trapianto. “È un percorso difficile anche psicologicamente – sottolinea Adorisio – e le nostre équipe sono di grande supporto”.

I due bambini resteranno ricoverati ancora per circa un mese, seguiti dall’unità di Anestesia e Rianimazione Cardiochirurgica guidata da Luca Di Chiara. Intanto, altri dodici bambini e adolescenti sono in lista d’attesa per un trapianto di cuore al Bambino Gesù. Una cifra che ricorda quanto sia urgente promuovere la cultura della donazione pediatrica, ancora poco diffusa.

“Sono piccoli pazienti, ma ‘piccoli’ solo anagraficamente” ha raccontato ancora la dottoressa Adorisio, che da vent’anni si dedica ai casi pediatrici più complessi. “Questi bambini, segnati dalla sofferenza, sono in realtà dei grandi saggi che ci insegnano molto: hanno e trasmettono una grande passione per la vita, nonostante tutto. Ed è questo il motore che dà anche a noi medici la spinta per andare avanti ogni giorno”.

La storia di Marco e Andrea è un racconto di scienza, coraggio e umanità. Un promemoria potente di quanto la donazione di organi possa trasformare il dolore in speranza e di quanto la medicina pediatrica continui a spingersi oltre i limiti, per restituire futuro a chi ha appena iniziato a viverlo.

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