Vaccini tra libertà e responsabilità: Triassi «Le scelte si fanno sui dati, non sugli slogan»
A colloquio con Maria Triassi vivepresidente Società italiana di Igiene sezione Campania
D. Professoressa, perché il dibattito su“obbligo” o “raccomandazione” dei vaccibi torna così spesso?
R. Perché incrocia libertà personale e tutela degli altri. Un vaccino non è solo “per me”: riduce i contagi e protegge i più fragili, come uno scudo di gruppo. In sanità pubblica questo effetto comunitario può giustificare, quando serve, regole più forti della semplice raccomandazione. La bussola resta il calendario vaccinale nazionale: è basato su evidenze, rischi reali e costi/benefici.
D. “Ho dubbi, i politici litigano: a chi credere?”
R. I dubbi sono normali e vanno ascoltati. Ma le decisioni si prendono con i numeri, non con gli slogan. Se si annunciano cambi di rotta senza spiegare l’impatto sulle coperture, si crea confusione e il virus ne approfitta. La domanda giusta è: con le coperture di oggi e il rischio di oggi, qual è la mossa più sicura per bambini, nonni e scuola?
D. Cosa vi preoccupa di più ora?
R. Il ritorno del morbillo. È molto contagioso: per spegnere i focolai serve una copertura vicina al 95% con due dosi. Se scendiamo sotto, gli incendi si riaccendono e finiscono in ospedale anche gli adulti non immuni. Ecco perché le parole contano: possono rafforzare o indebolire l’adesione.
D. Quindi l’obbligo è sempre la soluzione?
R. No. È un attrezzo in una cassetta, non l’unico. Quando la situazione è stabile, bastano raccomandazioni forti, servizi comodi, promemoria digitali e un’anagrafe che funzioni. Se però le coperture calano o un virus corre — morbillo o pertosse — servono misure mirate: richiami legati all’accesso scolastico, requisito per operatori sanitari, campagne straordinarie.
D. Sicurezza: perché dite che il rapporto benefici-rischi è favorevole?
R. Per tre ragioni: test clinici prima dell’autorizzazione, vigilanza continua dopo, confronto tra Paesi. Gli eventi avversi seri sono rari e sempre indagati; i benefici — malattie, complicanze e decessi evitati — sono ampi e misurabili. La chiave è la trasparenza: dati pubblici spiegati in lingua semplice.
D. Come si affronta l’esitazione senza spaccare il Paese?
R. Con le “5C” (in inglese: Confidence, Complacency, Convenience, Calculation, Collective responsibility) tradotte in pratica:
• Fiducia / Confidence: professionisti credibili, messaggi coerenti.
• Consapevolezza del rischio / Complacency: ricordare cosa fanno le malattie, non solo i vaccini.
• Comodità / Convenience: sedute serali e nel weekend, vicino a casa.
• Calcolo informato / Calculation: aiutare a valutare le fonti in modo critico.
• Responsabilità collettiva / Collective responsibility: proteggo me e chi non può vaccinarsi.
Sportelli ASL, pediatri e MMG formati alla comunicazione, SMS promemoria e campagne che raccontino storie vere aiutano più di mille slogan.
D. Tre errori di comunicazione da evitare?
R. Messaggi istituzionali discordanti; promettere “zero rischio”; ridicolizzare chi ha paura. Meglio una risposta rispettosa e verificabile, più un servizio facile subito dopo.
D. Tre mosse da fare domattina?
R. (1) Anagrafe vaccinale nazionale interoperabile con reminder automatici. (2) Piani “catch-up” per recuperare seconde dosi MPR e richiami adolescenziali. (3) Requisito mirato per sanitari e personale scolastico quando le coperture scendono, unito a formazione e percorsi rapidi.
D. Il suo messaggio finale a genitori e adulti incerti?
R. I vaccini non sono un atto di fede: sono una tecnologia di prevenzione che salva vite. Fate domande, pretendete chiarezza: è un vostro diritto. Poi decidete sapendo che ogni dose è un passo verso scuole aperte, ospedali meno pieni e comunità più sicure. La salute pubblica funziona quando la facciamo insieme.





