Dopo il primo decesso nel Lazio gli specialisti Simit e le istituzioni si mobilitano. “I casi noti sono solo la punta dell’iceberg”, avverte la professoressa Lichtner. In arrivo una cabina di regia
Non è un virus nuovo, ma ogni estate torna con maggiore forza e la malattia si espande. Il West Nile, trasmesso dalla zanzara Culex pipiens, ha già causato un decesso nel Lazio e cinque casi confermati in Italia quest’anno, quattro dei quali nella forma neuroinvasiva. La Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) lancia l’allarme: serve una risposta rapida, coordinata e capillare. Perché ciò che vediamo, dicono gli esperti, è solo la punta di un fenomeno molto più ampio.
Il primo decesso da virus West Nile nel Lazio, una donna anziana della provincia di Latina, ha riacceso i riflettori su una minaccia troppo spesso sottovalutata. I casi accertati nella regione sono tutti autoctoni e concentrati nella provincia di Latina, confermati grazie al lavoro congiunto dei reparti locali e del laboratorio dell’IRCCS Spallanzani.
Secondo l’ultimo bollettino dell’Istituto Superiore di Sanità, aggiornato al 17 luglio, sono cinque i casi confermati in Italia nel 2025, quattro dei quali nella forma neuroinvasiva. Il virus, trasmesso dalla puntura della zanzara Culex pipiens infettata, non si trasmette da persona a persona. Nell’uomo, infatti, l’infezione è considerata “abortiva” o “dead-end host”, cioè non in grado di propagarsi ulteriormente.
Ma la diffusione è reale e crescente. «I casi individuati rappresentano solo la punta dell’iceberg», avverte la professoressa Miriam Lichtner, foto sotto, infettivologa SIMIT e Professore Ordinario all’Università Sapienza. «La maggior parte delle infezioni decorre in modo asintomatico. Occorre fare diagnosi precoci e mappare il territorio. Questi sono i principali strumenti per contenere l’infezione».

Miriam Lichtner sottolinea l’importanza di intercettare i casi sospetti in pronto soccorso e presso i medici di medicina generale, poiché i sintomi iniziali possono essere facilmente confusi con quelli di una semplice influenza: febbre, mal di testa, rash cutaneo. Nei casi più gravi, però, si manifestano tremori, sonnolenza, stato confusionale, fino a sintomi neurologici severi.
La risposta della rete infettivologica regionale non si è fatta attendere. Rafforzata dopo la pandemia da Covid-19, è già operativa. Il prof. Emanuele Nicastri, Segretario SIMIT e Direttore della Divisione di Malattie Infettive ad Alta Intensità di Cura dello Spallanzani, coordinerà un vertice con tutti i reparti di malattie infettive e Pronto Soccorso del Lazio. In programma: attività di formazione per i sanitari, mappatura dei casi, e rafforzamento della sorveglianza ambientale.
«Il virus del West Nile non ha una cura specifica codificata», spiega ancora la specialista. «Il trattamento è sintomatico: idratazione, controllo della febbre, monitoraggio delle funzioni vitali. Nei casi più gravi si possono utilizzare immunoglobuline e antivirali come il remdesivir, ma la diagnosi precoce e la prevenzione restano le armi principali».
La prevenzione, infatti, non è solo clinica ma anche ambientale. «Il vettore va controllato con disinfestazioni basate su larvicidi e adulticidi, a partire dalle aree umide e dai centri abitati», aggiunge la professoressa Lichtner. «Anche i cittadini possono fare la loro parte: evitare ristagni d’acqua, svuotare sottovasi, usare repellenti e zanzariere. Con le temperature elevate, bisogna estendere l’attenzione a tutta la famiglia delle arbovirosi: dengue, usutu, chikungunya, zika. Alcune di queste infezioni si sono già verificate anche alle nostre latitudini».
A confermare la gravità della situazione è anche il prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT. «Non è una buona notizia che si siano registrati i primi casi anche nel Lazio», dichiara. «Questo indica una diffusione crescente del virus, che in diverse regioni italiane è già endemico. La zanzara Culex è ben presente nel nostro Paese. Da un lato il cambiamento climatico, con temperature più elevate e maggiore umidità, sta favorendo la proliferazione delle zanzare; dall’altro diventa fondamentale che i medici riconoscano precocemente questa infezione. Solo così possiamo evitare complicanze serie, soprattutto nei pazienti più fragili».
Il messaggio è chiaro: il West Nile non è un’emergenza improvvisa, ma una realtà che si consolida. E come tale, richiede una strategia integrata, che unisca sorveglianza, formazione, prevenzione ambientale e coinvolgimento attivo della popolazione. Perché la lotta contro le arbovirosi non si vince solo in laboratorio, ma anche nei giardini, nei quartieri, nelle scelte quotidiane.
