Riconoscere il rigetto nei trapianti di cuore. Uno studio tutto torinese, realizzato presso la Città della Salute e della Scienza di Torino e appena pubblicato sulla più prestigiosa rivista scientifica internazionale di trapianto, il Journal of Heart and Lung Transplantation, ha aperto la strada ad un nuovo metodo, più semplice e veloce e ancor più sensibile, per riconoscere il rigetto nei trapianti di cuore.
È l’analisi del Dna del donatore che circola libero nel sangue del ricevente, è in sostanza un semplice prelievo di sangue, al posto della più complessa biopsia endomiocardica che riconosce velocemente e in maniera affidabile la presenza del rigetto nei trapianti di cuore nei pazienti e di avviare precocemente le terapie per combatterlo.
Questo studio è stato eseguito su circa 30 riceventi di trapianto di cuore. Questa scoperta è il frutto della collaborazione di tre strutture dell’ospedale Molinette di Torino – il Centro trapianti di cuore diretto dal professor Mauro Rinaldi, il Servizio di anatomia patologica diretto dal professor Mauro Papotti e il Servizio di immunogenetica diretto dal professor Antonio Amoroso.
La più pericolosa complicazione è il rigetto nei trapianti di cuore, la risposta immunitaria del ricevente che riconosce come estraneo l’organo trapiantato. Almeno un paziente su tre rischia di avere un episodio di rigetto acuto durante il primo anno. Per questo, ogni trapianto viene monitorato con attenzione per cogliere i primi segni di rigetto nei trapianti di cuore ed eventualmente iniziare una terapia mirata.
La biopsia endomiocardica consente, attraverso una sonda inserita nei vasi che arrivano al cuore, di raccogliere un frustolo del muscolo cardiaco, che viene esaminato al microscopio per evidenziare le alterazioni tipiche del rigetto.
Questa indagine, ripetuta a intervalli regolari dopo il trapianto, risulta invasiva, complessa e non esente da rischi.
Nella nostra ricerca abbiamo applicato le tecnologie di analisi del Dna libero circolante alla medicina dei trapianti, dimostrando che l’aumento del Dna derivato dall’organo trapiantato nel sangue del ricevente è un biomarcatore specifico di rigetto. Il suo aumento è infatti correlato al danno delle cellule del trapianto, causato dalla risposta immunitaria del rigetto.
Silvia Deaglio, genetista dell’Università di Torino e medico del Servizio di immunogenetica e biologia dei trapianti dell’ospedale Molinette
In Italia la Città della Salute e della Scienza di Torino non è solo il riferimento delle attività cliniche collegate alla medicina dei trapianti, ma anche delle attività di ricerca ed innovazione in questo settore – conclude il professor Amoroso -. Tutto questo anche per offrire sempre cure migliori e innovative ai nostri pazienti.
Antonio Amoroso