Che relazione esiste tra il Covid e malattie tiroidee? E con la gravidanza? Quali sono le novità terapeutiche che riguardano i carcinomi tiroidei?
La relazione tra Covid e malattie tiroidee, le nuove prospettive terapeutiche per i tumori maligni e l’importanza di un buon equilibrio tiroideo in gravidanza, sono alcuni tra i temi principali del 14° congresso dell’Associazione italiana della tiroide (AIT) che si svolge a Pisa dal 2 al 4 dicembre.
La tiroide regola i processi metabolici producendo, immagazzinando e rilasciando nel sangue ormoni essenziali per il corretto funzionamento di tutti gli organi.
Si stima a più di 300 milioni il numero di persone che nel mondo soffrono di disturbi della tiroide e, tra queste, più della metà non ne è consapevole. In Italia ben 6 milioni di persone ne soffrono, di questi 2 milioni e mezzo sono affette da ipotiroidismo, 40.000 si sottopongono ogni anno a interventi chirurgici alla tiroide e lo 0,5-1% della popolazione ha disturbi legati all‘ipertiroidismo.
Contro i carcinomi tiroidei oggi sono a disposizione farmaci “a bersaglio molecolare” capaci di bloccare l’attività anomala di alcuni recettori tirosino chinasici (alla base della trasformazione tumorale), con terapie “mirate” a colpire le sole cellule tumorali portatrici delle anomalie recettoriali.
“Questi tumori sono noti per la natura poco aggressiva e per l’alta percentuale di casi guariti (85-90%) – spiega Rossella Elisei, responsabile scientifico del congresso e professoressa associata di Endocrinologia al Dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa ed Endocrinologa nell’Unità operativa di endocrinologia 1 dell’Aoup -, Per quelle forme in cui però la terapia radiometabolica non può essere utilizzata efficacemente, oggi, a differenza di alcuni anni fa, abbiamo a disposizione farmaci “a bersaglio molecolare”.
Al momento abbiamo già a disposizione 4 farmaci, che presentano però alcuni effetti collaterali importanti; sono però in fase di approvazione altri farmaci, sempre a bersaglio molecolare ancora più precisi in quanto diretti contro uno specifico recettore alterato, che sono meglio tollerati. La speranza è che possano essere presto utilizzati in pratica clinica”.
Gli studi prodotti in questi mesi suggeriscono che un esito avverso tra i pazienti Covid è strettamente associato alla produzione eccessiva di citochine pro-infiammatorie, note come tempesta di citochine. Sul rapporto tra Covid e malattie tiroidee interviene il professor Leonidas Duntas, membro Steering Committee della European Thyroid Association.
“L’interazione tra Covid e malattie tiroidee è complessa e bidirezionale. È importante sottolineare che tali citochine come l’interleuchina-6 e la proteina C-reattiva (CRP) sono coinvolte nello sviluppo delle malattie della tiroide. Altri studi segnalano che l’infezione da Covid è associata a casi di tiroidite, sia nelle forme tipiche (dolorose) subacute di tiroidite/de Quervain (SAT), con un’incidenza del 2,5% dei casi, che atipiche (non dolorose), così come a ipertiroidismo, come la malattia di Graves (GD), nell’1%, o ipotiroidismo”.
L’importanza nella donna incinta con ipertiroidismo di uno stretto rapporto tra endocrinologo,
ginecologo e neonatologo è spiegata dal professor Luca Chiovato, Presidente AIT e direttore del
Dipartimento di medicina interna di ICS Maugeri, IRCCS (Pavia) e ordinario di Endocrinologia dell’Università di Pavia. “Sia l’ipotiroidismo, sia l’ipertiroidismo possono avere ripercussioni negative sull’andamento della gravidanza e sulla salute fetale-neonatale; devono quindi essere curati. Nel 2-3 % delle gravidanze si può verificare un ipotiroidismo (perlopiù lieve o subclinico) quasi sempre di origine autoimmune (tiroidite di Hashimoto) che deve essere corretto somministrando una dose sostitutiva di L-tiroxina”.
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE: Tiroide e ansia, scoperta possibile correlazione